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«L’apatia del pubblico alimenta l’abusivismo»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 17/08/2020 – 10:11
«L’apatia del pubblico alimenta l’abusivismo»

Circa trent’anni fa l’amministrazione comunale di Montepaone veniva invitata ad intervenire per rendere “vivibile” quella parte di Via Marina che delimita il confine con il territorio di Montauro; più esattamente quello spiazzo, tra i pochi tutt’ora in terra battuta, che immette nel tratto di arenile sul quale l’ ”Hotel Rada Siri” ha attrezzato un lido per la sua clientela. Ciò ha fatto in modo che, suo malgrado, quello spiazzo abbia assunto un ruolo determinante per Montepaone essendo, per così dire, divenuto una sorta di biglietto di presentazione della comunità montaurese agli occhi dei turisti ospiti dell’accogliente Hotel Rada Siri per trascorrere una vacanza al mare. È sufficiente, però, anche una leggera brezza che spiri indifferentemente dal mare o da “ponente” perché si alzino quantità di polvere che investono, senza distinzione, turisti e cittadini i quali, sempre più numerosi, scelgono quel tratto di spiaggia per stendersi al sole e rinfrescarsi nelle acque dello Jonio. E, poiché la polvere non può essere incanalata, a rimetterci sono le abitazioni della zona oltre che il popolo dei bagnanti sotto gli ombrelloni.
In questi casi si parla di “inconvenienti”, ma quando i “mulinelli” di polvere si protraggono nel tempo e persistono ad ogni soffiar del tempo da anni, allora si chiama inciviltà che dovrebbe far squillare l’allarme ad una amministrazione che, peraltro, gode dei favori dell’elettorato.
In tutto questo sistema, che evoca distrazione se non disinteresse, c’è sempre il solito “furbetto” che ci sguazza e ne approfitta. Così, anno dopo anno, stagione dopo stagione, una parte di quel terreno, previo messa a dimora di alberi, prende la strada della “privatizzazione” e viene inglobata in una sorta di giardino privato recintato, con tanto di cancello d’ingresso per consentire il transito al proprietario dell’appartamento adiacente.
Forse coloro i quali sono preposti al controllo dei beni comunali o demaniali, non si rendono conto che il bene pubblico, anche se non è possibile usucapire, non può essere sottratto alla comunità men che mai per uso personale. Il sindaco di Montepaone deve sapere, e lo sa bene, che è sua la responsabilità della difesa del patrimonio pubblico e che non intervenire equivale a rendersi conniventi dell’arroganza degli altri. E dire che sarebbe sufficiente una semplice planimetria catastale, che sicuramente esiste negli archivi dell’Ufficio Tecnico del Comune, per scoprire “l’arcano mistero” e ripristinare la legalità addebitandone le spese all’incauto pretendente.
Tale apparente “distrazione”, oltretutto, rischia di essere letta come apatia e non fa altro che alimentare l’uso personale di un bene pubblico (cioè di tutti!) per essere destinato, come il restante ampio spiazzo, a deposito invernale di imbarcazioni e di manufatti in cemento per tenere all’abbisogna le barche alla fonda.
Per il resto, l’Amministrazione comunale avrà recepito gli echi di quanto avviene in quello spiazzo nei mesi estivi: automobili parcheggiate senza ordine dove capita con conseguenti litigi. Ma è ,soprattutto, mortificante, il continuo rinvio del completamento del lungomare che darebbe lustro a quella zona oggi letteralmente abbandonata così da essere scelta, col calare delle tenebre e non essendo sufficientemente illuminata, dalle coppiette per appartarsi. Insomma una vera e propria casbah che determina disagio tra gli abitanti.
La domanda che si rivolge al sindaco e all’Amministrazione di Montepaone è quanto bisogni ancora aspettare per raccogliere i frutti delle promesse fatte o se si debbano attendere ulteriori 30 anni per restituire ai cittadini, residenti e non, gli stessi diritti concessi a coloro che abitano in altre zone di Via Marina, a proposito della quale, si vuole segnalare l’insufficienza di istituire il senso unico nei mesi estivi, se poi tutto viene vanificato dalla mancanza di controlli.
*giornalista

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