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La messaggistica della ‘ndrangheta: le “caramelline” del boss e «le foto negli slip» dell’avvocato

Il ruolo del legale Francesco Stilo nelle comunicazioni tra gli associati dei clan di Vibo. La “premonizione” del 2016 dopo il passaggio di un carabiniere al Ros: «Questo mi arresta». Quando Accori…

Pubblicato il: 18/08/2020 – 7:45
La messaggistica della ‘ndrangheta: le “caramelline” del boss e «le foto negli slip» dell’avvocato

di Pablo Petrasso
VIBO VALENTIA «Porta bigliettini in carcere, lo stesso sistema delle “caramelline”, le compresse medicinali, porta messaggi all’esterno. Questo me lo diceva Leone Soriano, il quale mi confidò che al carcere di Cosenza gli aveva dato un telefonino che aveva nascosto nel piede della branda. (…) Le stesse cose di cui ho parlato finora so che l’avvocato Stilo le faceva per Paolino Lo Bianco, Danilo e Claudio Fiumara, Saverio Razionale, oltre ai Mancuso».
La posizione dell’avvocato Francesco Stilo è tra le più delicate nella maxi inchiesta Rinascita Scott. La Dda di Catanzaro lo descrive come un professionista che, per citare un’espressione del procuratore capo Nicola Gratteri, non avrebbe lasciato abbastanza spazio sulla scrivania tra sé e i proprio clienti. Stilo è accusato di aver rivelato notizia «coperte da segreto istruttorio» al boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale e ad altri presunti ‘ndranghetisti. Avrebbe intessuto «relazioni con impiegati ministeriali per ottenere informazioni da sfruttare per le sue condotte» e aiutato i capi a garantire la comunicazione con l’esterno, «creando un vero e proprio “ponte”» tra la locale del carcere di Vibo Valentia – capeggiata da Giuseppe Antonio Accornti, boss di Zungri – «e gli associati in libertà».
Secondo i suoi clienti, Stilo avrebbe la dote di riuscire a recuperare «carte» altrimenti introvabili. E con uno di loro discute, con largo anticipo sulle effettive rivelazioni, delle accuse rivolte da Mantella a un altro legale.

«Questo mi arresta»

Si muove su un crinale sottile, Stilo. Se ne accorge anche lui quando trova una microspia nella propria auto. Capisce di essere nel mirino. E lo dice a una collaboratrice senza usare mezze parole: «Hanno trasferito ai Ros… questo mi arresta… lo sputo quando lo vedo». Per i magistrati di Catanzaro, l’avvocato si riferisce al capitano Francesco Manzone, «che quel giorno prendeva possesso del nuovo incarico quale ufficiale addetto al Ros – sezione di Catanzaro, provenendo dal Comando della Compagnia di Tropea». Il fatto è che «quel giorno» è il 20 dicembre 2016, tre anni prima del blitz Rinascita Scott. Per la Dda di Catanzaro, «Stilo evidentemente sapeva che vi erano indagini nei suoi confronti, tanto da ipotizzare un suo futuro arresto da parte del Ros. Ma non è detto che conoscesse il contenuto delle indagini nei suoi riguardi e le modalità attuative».

Le “caramelle” rosse di Accorinti

Gli investigatori cercano riscontri per le parole di Mantella. Vogliono capire se il rapporto tra il legale e i proprio clienti sia davvero troppo stretto, se vada al di là delle normali relazioni professionali. Le indagini sulla locale del carcere di Vibo e quelle sui presunti “servizi” di Stilo alle cosche si incrociano nel 2017, quando le videocamere installate nell’istituto penitenziario svelano le modalità con le quali Peppone Accorinti riesce a far filtrare le notizie di suo interesse all’interno delle mure e di là da esse. Il 26 giugno 2017, il boss di Zungri entra nella sala colloqui con una scatola di “Grisbì”. I biscotti al cioccolato sono il veicolo dei messaggi. Non appena gli agenti della Polizia penitenziaria si allontanano, Accorinti apre la scatola e ne riversa «il contenuto sul tavolo: biscotti, altre merendine e almeno tre caramelle con incartamento di colore rosso», appuntano gli investigatori. Il boss prende in mano le caramelle e le consegna alla figlia per portarle verso il tavolo di un altro detenuto che non è intercettato. «Poco – continua il racconto – la bimba fa ritorno» al tavolo del padre, «consegnandogli qualcosa che aveva in mano e che il detenuto» ripone in tasca. Poi, nello stesso colloquio, il capoclan di Zungri spiega alla convivente «che “il sistema del pacco” era stato ideato da “Cola”», cioè il suo luogotenente Nicola Fusca.

«Foto e bigliettini negli slip»

Proprio durante una conversazione in cella con Fusca, Accorinti parla del ruolo di Stilo. Per gli inquirenti, da quei colloqui intercettati emergerebbe «come in passato l’avvocato avesse ricevuto e/o consegnato foto e bigliettini, occultandoli anche negli indumenti intimi». In particolare, il 17 maggio 2017, il boss racconta a Fusca «di alcune fotografie consegnategli durante i colloqui dall’avvocato Francesco Stilo, che le aveva occultate all’interno degli slip». Poi precisa che «una era stata portata a lui in cella e un’altra seconda copia era stata consegnata a Pantaleone “Scarpuni” Mancuso». È da questi racconti che sorge «la necessità di verificare se il comportamento dell’avvocato fosse effettivamente quello raccontato dai soggetti monitorati». Un comportamento che «conforterebbe le dichiarazioni rese da Andrea Mantella il 7 novembre 2016». (1. continua)

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