di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME «Abbiamo la lista con i nomi ma non riusciamo ad aprire il file, la Regione ce li manda in un formato che i nostri sistemi non supportano». Una risposta tanto surreale quanto paradossale quella fornita dagli uffici dell’Asp di Catanzaro ad un giovane rientrato in Calabria ormai da diversi giorni, e ancora in attesa di effettuare il tampone. Quello di un 26enne, atterrato all’aeroporto di Lamezia da Trieste, è un viaggio come tanti altri, la scelta di arrivare in Calabria in aereo come quella di migliaia di viaggiatori per tornare a casa in estate, dalla propria famiglia, o più semplicemente in vacanza, ma che in pochi giorni si è trasformato in un incubo. Già perché in tempi di pandemia da coronavirus è forse l’apprensione il bagaglio più pesante che rischia di diventare un peso enorme se ci si sente insicuri o poco controllati.
I CONTROLLI Dopo l’avvio della “Fase 3” i controlli si sono evidentemente allentati in Calabria come nel resto del Paese, ma il crescente aumento dei contagi a ridosso del ferragosto hanno fatto scattare più di qualche campanello d’allarme.
Il presidente della Regione, Jole Santelli, ha così dato il via prima ad una vera e propria “stretta” sui controlli anche sugli arrivi da Paesi come Spagna, Croazia, Grecia e Malta, poi alla chiusura totale delle discoteche dopo il “caso” del giovane di Girifalco.
Certo, per chi arriva da altre regioni non c’è alcun obbligo ad effettuare il tampone, non ci sono postazioni in stazione e all’aeroporto internazionale di Lamezia non sono stati potenziati i controlli, ma per chi si registra sul portale dedicato della Regione, è comunque una possibilità, quasi un obbligo morale.
«TORNA FRA UN’ORA» C’è chi non risponde al telefono, chi si mette in quarantena volontariamente e chi, invece, attende invano una chiamata che non arriva mai. Tra inghippi burocratici e comunicazioni a singhiozzo, qualcosa nella “macchina” organizzativa regionale pare ancora non funzionare proprio a dovere dando vita a situazioni e storie paradossali. Ma per il 26enne non è tutto. Una volta tornato a Lamezia per effettuare il tampone in piazza Borelli (presso la sede del Distretto socio sanitario allestita nei giorni scorsi), il giovane si è visto chiudere la porta in faccia dopo essere stato invitato a presentarsi «tra un’ora» perché in quel momento i medici dell’ambulatorio erano fuori per un’emergenza.
UNA MACCHINA LENTISSIMA Quella raccontata dal 26enne è una disavventura spiacevole e che fotografa una situazione prima preoccupante, poi paradossale ma che affonda le radici in una lunga storia fatta di tagli, sprechi e burocrazia oltre che commissariamenti. E il risultato è una “macchina” che arranca in salita e che rischia di rimanere schiacciata dall’emergenza Covid-19. (redazione@corrierecal.it)
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