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La figlia del boss Tommaso Anello assunta nel laboratorio di Mangialavori

Per i magistrati della Dda «è stata dipendente della Salus dal 2018». Il padre cercava lavoro per lei nel maggio 2017. Gli incroci tra gli uomini del clan e la campagna elettorale del senatore di F…

Pubblicato il: 21/08/2020 – 8:12
La figlia del boss Tommaso Anello assunta nel laboratorio di Mangialavori

di Pablo Petrasso
VIBO VALENTIA Tommaso e Rocco Anello sono, per i magistrati della Dda di Catanzaro, i «capi indiscussi» della locale di Filadelfia. Tommaso, in particolare, avrebbe sostituito il fratello durante i periodi di detenzione e lo avrebbe aiutato «nella direzione del sodalizio». Un (presunto) vice boss nell’area tra le province di Catanzaro e Vibo Valentia. Con tutto ciò che ne consegue: dalla necessità di stringere alleanze con le cosche “confinanti” fino alla gestione degli affari più fruttuosi per il clan.
La dimensione criminale e quella familiare si incrociano sempre nella storia dei presunti capiclan. Anello non fa eccezione: quando, intercettato dagli investigatori, si rivolge ad Antonio Facciolo, considerato un imprenditore vicino alla cosca, ha il problema di sistemare sua figlia. È il 10 maggio 2017: il «capo indiscusso» della locale chiarisce che vorrebbe trovare per lei un impiego nella sanità privata. E fa riferimento a “Villa dei gerani”, struttura del Vibonese nella quale lavora il compagno della ragazza. All’amico, Anello chiede «perché non fate in modo che faccia il contratto a mia figlia… che ha pure il master». Davanti alla risposta dell’amico («è pieno… pieno zeppo»), risponde: «Se vuole glielo fa…penso che a lui (il genero, ndr) tramite Bruni l’hanno messo». E comunque spiega che «lei è in gamba però… non è che… pare che mi fa il favore a me?… il favore a lui se lo fa».
LA FIGLIA ASSUNTA NELLA CLINICA DI MANGIALAVORI L’inchiesta “Imponimento”, firmata dai magistrati dell’antimafia catanzarese indaga sul rapporto tra ‘ndrangheta e politica in questa porzione del territorio. E punta i fari, tra gli altri appuntamenti elettorali, sulle Politiche 2018. E sul rapporto tra Giuseppe Mangialavori e un consigliere comunale di Vibo Valentia che la Dda considera vicino alla cosca Anello, l’architetto Francescantonio Tedesco. «Da alcune emergenze – scrivono gli inquirenti nel decreto di fermo – si ipotizzava che il candidato al Senato della Repubblica Giuseppe Mangialavori, per le elezioni del 4 marzo 2018, attraverso l’architetto Francescantonio Tedesco, avesse ottenuto l’appoggio di Rocco Anello». Il senatore di Forza Italia non è indagato: in questo segmento dell’inchiesta, gli investigatori registrano i movimenti borderline degli uomini vicini al clan. E, in una nota a piè di pagina evidenziano che la ricerca di lavoro della figlia di Tommaso Anello pare essersi conclusa in maniera proficua, perché «dal 2018 è stata dipendente della Salus Mangialavori srl (laboratorio di analisi cliniche) con sede a Vibo Valentia». Il Centro, accreditato dal Servizio sanitario nazionale, è uno dei più importanti della provincia e appartiene alla famiglia del politico.
Dagli atti dell’inchiesta non emerge la data dell’assunzione della giovane – che non è indagata nel procedimento e, ovviamente, non ha alcuna colpa per il proprio cognome “ingombrante” –: l’unica evidenza è che l’inizio dell’attività lavorativa è successiva al maggio 2017 (quando il padre cercava un impiego per lei) ed è risalente al 2018, senza un’indicazione precisa sul mese.
IL FACTOTUM DEL BOSS NEL CENTRO DIAGNOSTICO Ai movimenti, questa volta politici, avviati tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 si riferiscono anche altri passaggi dell’inchiesta. I magistrati raccontano i contatti di Giovanni Anello, già consigliere comunale di Polia, «oggi vicesindaco», con il senatore forzista. Gli investigatori considerano Anello «perfettamente inserito nella consorteria ‘ndranghetistica», nella quale «svolgeva la mansione di factotum del capo cosca Rocco Anello, risultando funzionale alla catena di comunicazione utilizzata dal boss per relazionarsi con accoliti e non». Il «factotum» prova a contattare il futuro senatore il 9 gennaio 2018. Il motivo di questo tentativo è svelato, secondo i magistrati, pochi minuti dopo, quando lo stesso Anello telefona a Maurizio De Nisi, sindaco di Filadelfia. E gli dice «di essere appena uscito dalla “Salus”, ovvero dal Centro Diagnostico Mangialavori con sede in Vibo Valentia, dove aveva incontrato “lui” (Giuseppe Mangialavori)». Questo il racconto: «Lui mi ha chiamato che gli avevo lasciato il numero con quello di Monterosso e sono andato là… Ehm, abbiamo parlato dieci minuti, mi ha chiesto informazioni su alcuni, su Pino Malta a questi qua di Polia. Poi gli ho detto: “Veramente Francesco sta organizzando una riunione con quelli che realmente hanno i voti a Polia. Eh… non so se lo facciamo giovedì o domenica non mi ricordo quando dobbiamo farla”». Anello spiega al proprio interlocutore «di aver inoltre evidenziato a Mangialavori che era in programma una prossima riunione elettorale con dei portatori di voti (“In questi giorni noi ci riuniamo con le persone che hanno i voti a Polia, che hanno i voti a Filadelfia…”)».
I VOTI «LÀ SOPRA» Uno dei nodi politici della campagna elettorale è il rapporto tra Tedesco e Mangialavori. Un legame che si ricostruisce proprio all’approssimarsi della scadenza elettorale. L’architetto, però, intrattiene rapporti sia con l’aspirante parlamentare che con il presunto boss Rocco Anello, assieme al quale immagina di organizzare un incontro con il politico che punta al Senato. Il professionista si spende politicamente per l’amico “ritrovato” e pronostica per lui un grande risultato «là sopra». Per gli inquirenti l’indicazione è chiara: «La località che Tedesco indicava come “là sopra” era da individuarsi in Filadelfia e nei comuni vicini», area che i magistrati ritengono «il territorio di riferimento della cosca capeggiata da Rocco Anello». Non è l’unica considerazione dell’accusa. Per i pm, infatti, «il tono di segretezza usato da Tedesco sulle ulteriori motivazioni del risultato elettorale di Filadelfia» potrebbe lasciare intendere che il successo elettorale in paese sia da ricondurre non ad accordi alla luce del sole ma «ad un altro fattore innominabile, esterno alla politica. Tale fattore a cui fa riferimento Tedesco è da individuarsi nell’appoggio di Rocco Anello e, conseguentemente, del relativo clan». (p.petrasso@corrierecal.it)

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