di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Una comunità “ostaggio” di un tampone, dell’esito che non si conosce ancora e di un nome di cui, pare, non ci sia traccia nei sistemi. Il “caso” Soverato, esploso dopo l’annuncio sui sociali di un giovane positivo al coronavirus, continua ad avere strascichi e ripercussioni – come in questo caso – non solo su un soggetto o un intero nucleo familiare, ma anche per un paese intero.
Siamo a Carlopoli, piccolo centro montano della provincia di Catanzaro, dove da quasi dieci giorni è stato chiuso l’ufficio postale. Niente prelievi, niente raccomandate e niente code agli sportelli e un disservizio evidente per una piccola comunità di poco meno di 2mila anime, turisti inclusi.
LA STORIA L’assurda e paradossale vicenda ha avuto inizio lo scorso 13 agosto, quando la figlia di un’impiegata dell’ufficio postale di Carlopoli ha effettuato il tampone a Lamezia Terme per aver frequentato insieme ad altre centinaia di persone, i due locali interessati nel weekend precedente dal caso Covid.
IL NOME SPARITO «Entro 24 o 48 ore sapremo l’esito – le dicono – ma nel caso sarà negativo non l’avviseremo». Insomma, la solita procedura già adottata da mesi per tutti, ma a fare la differenza, questa volta, è l’ordinanza del sindaco di Carlopoli, Mario Talarico, che ha disposto la chiusura dell’ufficio postale per evidenti motivi precauzionali.
E mentre sale l’ansia e l’apprensione per la giovane e la famiglia intera, tutti rinchiusi in casa ormai da giorni, da Lamezia all’Asp di Catanzaro non si riesce a comprendere quale sia l’esito del tampone e, soprattutto, che fine abbia fatto il nome della giovane. Già perché sia negli uffici lametini che in quelli dell’azienda sanitaria provinciale del capoluogo non risulta nessun collegamento con il tampone effettuato dalla ragazza lo scorso 13 agosto, nonostante le numerose sollecitazioni anche del primo cittadino di Carlopoli.
Ma intanto, senza l’ufficialità dell’esito negativo del tampone, l’ufficio postale resta chiuso e non si sa per quanto tempo ancora. Un disagio non di poco conto per una piccola comunità e per i turisti presenti in questo particolare periodo dell’anno. Oltre il danno la beffa, invece, per un’intera famiglia che sui social sta subendo da giorni un vero e proprio processo. (redazione@corrierecal.it)
x
x