CATANZARO Mezzo milione di calabresi al voto, due capoluoghi di provincia – Reggio Calabria e Crotone – su cinque e quattro Comuni oltre i 15mila abitanti alle urne. Le elezioni amministrative del 20 e 21 settembre in Calabria sono un appuntamento tutt’altro che irrilevante, sul piano numerico ma anche politico, perché è evidente che avranno ripercussioni sugli assetti degli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra, e non solo.
I NUMERI Sono 75 in Calabria i Comuni che saranno chiamati al voto nella tornata elettorale amministrativa. Per la precisione, gli elettori calabresi chiamati al voto interessati sono 511.639, distribuiti in 681 sezioni sparse per la regione. Oltre a Reggio Calabria e Crotone, alle urne torneranno anche Castrovillari, San Giovanni in Fiore, Cirò Marina e Taurianova, centri con popolazione superiore alle 15mila abitanti e per i quali potrebbe rendersi necessario il ballottaggio, in programma eventualmente il 4 e 5 ottobre. Il maggior numero di enti che dovranno rinnovare le loro amministrazioni cittadine si trovano in provincia di Reggio Calabria (22), seguita dalla provincia di Cosenza con 19, Catanzaro con 17, Vibo con 12 e Crotone con 5. Tornano al voto con l’obiettivo di rieleggere organi democratici 7 Comuni sciolti e commissariati per infiltrazioni mafiose: Cirò Marina e Strongoli, in provincia di Crotone, Platì e Scilla, in provincia di Reggio Calabria, e Briatico, San Gregorio d’Ippona e Limbadi in provincia di Vibo Valentia.
IL “TAGLIANDO” PER LA GIUNTA SANTELLI La quantità ma anche la qualità dei Comuni nei quali si voterà il 20 e il 21 settembre danno all’appuntamento elettorale un significato anche politico, configurandosi come una sorta di primo test dopo le Regionali di fine gennaio. Sicuramente come un primo “tagliando” per la governatrice Jole Santelli e per la maggioranza di centrodestra che governa la Regione e che in questi mesi ha vissuto qualche passaggio tribolato e parecchia tensione, rimasta ancora essenzialmente sotto traccia ma solo “sospesa” in attesa dell’esito delle Comunali, le cui trattative peraltro non sono filate lisce. A Reggio Calabria il centrodestra sembra adesso essersi “saldato” sul nome del candidato sindaco Antonio Minicuci, l’”uomo del Ponte” (di Genova e – forse – dello Stretto) uscito dal cilindro del leader della Lega Matteo Salvini, ma il “braccio di ferro” con il forzista Francesco Cannizzaro, uno dei principali sostenitori della Santelli, è stato piuttosto lungo e duro: a parole tutti dicono che ormai è rientrato, ma lo si potrà capire solo a scrutinio concluso. In ogni caso, alla vigilia della ripresa dell’attività politica resta del tutto irrisolta la dicotomia tra Forza Italia a guida Santelli da una parte e dall’altra Lega e Fratelli d’Italia, che hanno manifestato e ancora manifestano malumori per la “parte da leone” che finora gli azzurri hanno recitato al governo della Regione e per l’assenza di condivisione delle prime scelte strategiche da parte della governatrice. E tra le critiche velate all’atteggiamento della Santelli da parte degli alleati c’eè anche il fatto di non aver di avviato alcuna riflessione sulle stesse Amministrative, che sono a tutti gli effetti un primo, probante, test della bontà o meno dell’azione imbastita alla Cittadella. E non manca chi si spinge a ritenere che dopo le Comunali, comunque vadano, ci sarà un “redde rationem” delle tante partite aperte in casa centrodestra e una ristrutturazione degli equilibri della coalizione.
I RISCHI PER PD E CENTROSINISTRA Ma anche il centrosinistra e il Pd rischiano parecchio in questa tornata elettorale. Rischiano in primo luogo la sconfitta in alcuni Comuni importanti nei quali sono uscente forza di governo, come Reggio Calabria con il ricandidato Giuseppe Falcomatà o anche Castrovillari e San Giovanni in Fiore, teatro di primarie piuttosto tormentate, con la divaricazione tra oliveriani e non oliveriani (che alla fine hanno prevalso, provocando il “disimpegno” dell’ex governatore). Inoltre, al solito i democrat sono arrivati sfilacciati all’appuntamento elettorale, come ha dimostrato la vicenda di Crotone, con la “spaccatura” verticale del partito tra i pro e i contro l’alleanza con gli Sculco e l’assenza del simbolo del Pd dalle schede elettorali. Fonti interne del Pd ritengono che le Amministrative non cambieranno il percorso tracciato a livello regionale, quello che dovrebbe portare i dem al congresso e alla fine della fase commissariale, ma la “balcanizzazione” del partito è forse ancora più spinta di prima: a contendersi il campo le aree Zingaretti, Orlando, Franceschini e Lotti-Guerini, che “trattano” in vista del congresso ma per il momento sembrano accomunati solo dal tentativo di isolare definitivamente l’area dell’ex governatore Mario Oliverio, data in avvicinamento alle posizioni di Orfini. Inoltre i democrat devono ancora metabolizzare l’addio dal Consiglio regionale di Pippo Callipo, su cui la segreteria zingariettiana aveva fortemente scommesso. L’autunno non è vicino ma nemmeno così lontano, per il Pd, e un (probabile) rovescio alle elezioni potrebbe “impantanare” ancora di più il campo e complicare il percorso congressuale.
IL MOVIMENTO 5 STELLE BALLA DA SOLO Ma le Amministrative del 20 e 21 settembre serviranno anche per dire, una volta per tutte, qual è il presente e soprattutto quale sarà il futuro del Movimento 5 Stelle, al solito indecifrabile. In anticipo sulle dinamiche nazionali, i pentastellati calabresi non hanno nemmeno lontanamente considerato l’ipotesi di un’alleanza con il Pd, e anche stavolta correranno da soli, con nessuna speranza di successo soprattutto nei centri più importanti come Reggio e Crotone, nei quali il M5S schiera candidati sindaco che danno l’impressione di essere stati abbandonati al loro destino (e a Crotone i grillini si sono anche “divisi”). Alle Regionali il Movimento 5 Stelle si è presentato sgranato, da una parte un’ala riconducibile al presidente dell’Antimafia Nicola Morra dall’altra quasi tutto il resto del mondo pentastellato, e il risultato è stato un 7% piuttosto misero. Chi li conosce sostiene che le cose, a distanza di sette mesi, non sarebbero granché cambiate, comunque non sarebbero migliorate. I 5 Stelle sperano almeno che le elezioni di fine settembre non le peggiorino… (ant. cant.)
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