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Lotta ai clan, Gratteri: «Non è in cima all’agenda politica italiana»

Il procuratore capo di Catanzaro ha bacchettato dirigenti e amministratori pubblici sulla gestione del contrasto alle mafie: «Non vedo un grande interesse». E sull’omertà dei calabresi: «Non è vero…

Pubblicato il: 22/08/2020 – 9:54
Lotta ai clan, Gratteri: «Non è in cima all’agenda politica italiana»

SANTA MARIA MAGGIORE «Non vedo interesse nel contrasto alle mafie. La lotta non è al primo posto nell’agenda politica: il malaffare non è mai stato una priorità». Lo ha detto Nicola Gratteri, procuratore capo a Catanzaro, nel corso di un intervento a “Sentieri e Pensieri”, rassegna letteraria in corso a Santa Maria Maggiore, in provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Davanti a una platea di 500, Gratteri ha presentato “La rete degli invisibili”, libro che ha scritto con Antonio Nicaso.
Secondo il procuratore «il 416 bis è uno strumento ancora attuale e va mantenuto» e uno dei problemi maggiori è che in Italia «non ci si scandalizza più di nulla e si dimentica tutto il giorno dopo. Oggi non si arrossisce neppure se ti arriva un avviso di garanzia». «È il politico che va cercare il mafioso – ha anche osservato – mentre una volta era il mafioso che andava dal politico col cappello in mano. E la politica è distante dal quotidiano e si scoccia a parlare col popolo».
«I calabresi sono omertosi? Non è vero – ha poi sostenuto Gratteri. È che non sanno con chi parlare. Ma se hanno l’interlocutore giusto, parlano. E lo fanno con chi trasmette loro sicurezza. Non a caso i calabresi, secondo l’Istat, sono quelli che più hanno fiducia nella giustizia».
Gratteri ha anche osservato che la procura di Catanzaro è cambiata, e che ci sono magistrati e forze dell’ordine che oggi chiedono di andare a lavorare nella città calabrese.
A proposito del sistema di elezioni dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, Gratteri ha sostenuto: «Io eleggerei i membri del Csm col sorteggio. Via chi ha avuto procedimenti o ha ritardato sentenze e scadenze dei termini, poi il sorteggio per la parte restante dei magistrati. Un sistema per far perdere forza ai centri di potere».
«Mi auguro – ha aggiunto – che tutti i miei colleghi abbiano scelto di fare questo lavoro perché lo amano, perché vogliono fare qualcosa per la nazione, per la collettività». Secondo il magistrato il numero di giudici e pubblici ministeri è sufficiente: «solo andrebbero distribuiti meglio».

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