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«Il dissesto è strumento di tutela collettiva»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 26/08/2020 – 12:26
«Il dissesto è strumento di tutela collettiva»

Due sorprese nel decreto «agosto» (D.L. 104/2020) nella parte che riguarda gli enti territoriali. Una delle quali francamente inaspettata, l’altra attesa.
Nell’art. 53 è stato introdotto uno «stratagemma» che appare favorire l’attuazione della sentenza della Consulta 115/2020, al fine di favorire il risanamento dei comuni in profonda crisi, mentre ne dribbla gli effetti. Con l’art. 55 sarà ancora possibile godere della anticipazione di liquidità per pagare i debiti commerciali pregressi degli enti locali certi, liquidi ed esigibili, perfezionati e iscritti in bilancio al 31/12/2019.
Si persevera con le leggi ad personam
Quanto alla prima novità, è da «apprezzare» la creatività del legislatore nell’esplicitare la ratio della norma intesa a «favorire il risanamento finanziario dei comuni il cui deficit strutturale è imputabile alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio e non a patologie organizzative». Come dire è corretto (dicunt) che lo Stato intervenga, in favore di Comuni che abbiano un bilancio colabrodo soprattutto a causa di una capacità fiscale misurabile con valori omeopatici, con proprie risorse aggiuntive: a) costituendo un fondo ad hoc, in favore dei Comuni, non tenuti al riguardo ad alcun obbligo di rendicontazione; b) rifinanziando il fondo di rotazione, già reso disponibile ai comuni in predissesto, così nuovamente facoltizzati ad accedervi per ivi arraffare quattrini, senza vincolo di destinazione, per pagare spese correnti purché già impegnate. E’ quanto potrà essere goduto dalla Città metropolitana di Reggio Calabria, oramai oltre le porte del dissesto, risolto grazie al precetto esaminato, che stravolge il valore di importanti giudicati della Consulta e della Corte dei conti, cui è oramai consentito rimediare attraverso un Governo sempre disponibile ad approvare leggi ad personam.
Il dissesto è strumento di tutela collettiva
Prescindendo dalle critiche tecniche nei confronti della legislazione riguardante la disciplina del dissesto e della procedura di riequilibrio (predissesto) che sono certamente da rivedere, con il D.L. di agosto la politica ha deciso, sul tema, di invertire il proprio ruolo. Passando da garante delle leggi al ruolo del piacione. Ha deciso di distorcere i principi dell’ordinamento volti a garantire la pratica della buona amministrazione locale. Dalla tutela dell’interesse collettivo dei cittadini a quello di tutela degli amministratori locali a prescindere il passo è stato breve. La siffatta distorsione è rappresentata dalla concezione errata del dissesto, che non è da evitare con mezzi e mezzucci bensì da dichiarare obbligatoriamente, in quanto strumento posto a garanzia dell’interesse cittadino. Ciò perché consente all’ente locale interessato di ripartire e bene – prescindendo dai saldi registrati nel passato, che rimangono affidati ad un organo straordinario di liquidazione – a cura degli organi municipali eletti. Dunque, un atto dovuto sanzionato in caso di omissione.
Il dissesto, quindi, è strumento per liberare gli enti locali stretti dalla morsa dei debiti e per far sì che gli stessi possano ricominciare da capo, garantendo stabilmente le condizioni di sostenibilità dei loro bilanci e l’erogazione dei servizi essenziali.
Una sorpresa più che attesa
La seconda chance era immaginabile, ovverosia la seconda opportunità offerta agli enti locali (alle aziende del Ssn non più!) di potere usufruire delle anticipazioni di liquidità per saldare i loro debiti. Occorre fare al riguardo una doverosa considerazione. Lo si potrà fare dal 20 settembre a tutto il 9 ottobre con le stesse modalità utilizzate nella prima manche scaduta lo scorso 7 luglio, a mente del D.L. 34/2020, che ha registrato un flop inimmaginabile L’occasione rifiutata dalla gran parte dei Comuni di pagare i loro debiti al 31/12/2019 in continuità di come fatto a suo tempo con il D.L.35/2013 che ha goduto di un successo indiscutibile, tanto da essere reiterato con i decreti legge 66/2014 e 78/2015.
Il problema del fallimento della prima iniziativa, che avrebbe dato un buona boccata d’ossigeno agli eterni creditori della PA, non ha riguardato la mancanza di tempo disponibile bensì i divieti di uso distorto delle risorse e le garanzie da offrire per godere della anticipazione di liquidità.
Quanto ai primi avranno certamente inciso le sentenze della Corte costituzionale (su tutte 18/2019 e 115/2020, quella che si dribbla con l’anzidetto art. 53) e le deliberazioni delle Sezioni di controllo della Campania e della Calabria che hanno sanzionato le distorsioni di impiego riscontrate.
Relativamente alle seconde sarà stato, di certo, ritenuto eccessivo il peso delle garanzie imposte (l’incremento della fiscalità locale e, soprattutto, il blocco del turnover) agli enti richiedenti a tutela della liquidità occorrente a fare fronte puntualmente al pagamento dei ratei di ammortamento trentennale. In attesa di pubblicazione su NT Plus Enti Locali & Edilizia de IlSole24Ore.
*docente Unical

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