Loro, i sinistri ufficiali, quelli che ancora si autodefiniscono “democratici” o “laburisti” o con altre paroline vacue e boriose, non se ne sono accorti: qualcuno, da tempo, li ha scavalcati a sinistra. Un paio di giorni fa l’ennesima conferma: al TG1 si è visto Papa Francesco esprimere l’ulteriore critica al sistema capitalistico, che ha fallito nella sempre sbandierata capacità di redistribuire ricchezza e di attenuare le disuguaglianze.
I numeri offerti da Oxfam, l’organizzazione che tiene sotto controllo i dati sulle disuguaglianze e promuove azioni per combattere la povertà, sono inequivocabili. Pochi ricconi sparsi dappertutto per il mondo detengono una quota di ricchezza di gran lunga superiore a quella della maggior parte della popolazione mondiale. Cresce in modo esponenziale il numero delle persone che vivono sotto la soglia della povertà. E perfino le classi medie vedono erosa la loro capacità di produrre ricchezza per effetto delle sempre più grandi concentrazioni finanziarie. Solo una parte infinitesimale della ricchezza mondiale finisce per essere spesa in azioni di solidarietà, aiuto, sviluppo sostenibile, mentre la più gran parte viene usata per produrre beni di consumo spesso inutili o deleteri (come le armi) oppure per far soldi con i soldi, la pratica ormai più avanzata di quello che Luciano Gallino chiamava “finanz-capitalismo”. Ma Papa Francesco queste cose le aveva già scritte – nel più generale disinteresse – nell’enciclica del 2015 Laudato si’. Nello stesso TG che riportava l’ennesima bordata del Papa al sistema capitalistico, per una curiosa coincidenza, c’era anche un servizio dalla Costa Smeralda, nel quale alcuni commercianti, lamentandosi per le restrizioni dovute alla pandemia, ci informano di come dalle ville e dagli yatch dei ricconi di turno, si continuassero ad ordinare, a distanza, bottiglie di champagne ed altre derrate “essenziali” al costo di centinaia se non migliaia di euro al pezzo. Segno questo, che le conseguenze delle crisi economiche che ormai si susseguono a ritmo vertiginoso sono negative solo per la povera gente e per le classi medie, mentre i ricconi trovano sempre il modo di lucrare, anche su crisi, catastrofi, epidemie e quant’altro. Ma di tutto questo i sinistri ufficiali sembrano non accorgersi. Mai che uscisse dalle loro boccucce una critica anche lontanamente simile a quella di Papa Francesco.
Eppure l’aveva dimostrato Marco Revelli in un libro del 2014: l’aurea regoluccia dei liberisti condensata nella parolina “trickle-down” (ossia il presunto naturale “gocciolamento” dall’alto verso il basso della ricchezza prodotta dai vincenti sociali, dagli uomini d’affari, dai grandi investitori) è una bufala. Nell’ultimo ventennio del ‘900, infatti, pur essendo raddoppiato il PIL mondiale, i poveri sono diventati sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi (dati del Rapporto sullo Sviluppo Umano 2002 dell’ONU). Aveva detto bene Tony Judt verso la fine della sua esistenza terrena: “La scelta con cui si confronterà la prossima generazione non sarà tra il capitalismo e il comunismo, o tra la fine della storia e il ritorno della storia, ma tra la politica della coesione sociale basata sugli scopi collettivi e l’erosione della società per mezzo della politica della paura”. Ed è proprio la politica della paura (quella di cui ci hanno parlato, fra gli altri, Zygmunt Bauman e Ulrich Beck) che tiene sotto scacco qualunque idea di reale cambiamento delle società in cui viviamo.
Per fortuna che c’è ancora Papa Francesco a “dire qualcosa di sinistra” ed a presidiare l’enorme spazio politico lasciato vuoto dalla nostra fumosa sinistra ufficiale.
*avvocato e scrittore
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