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Stato-Regioni, Boccia: «L’autonomia può rafforzare l’unità nazionale. Ma vanno definiti i Lep»

Anche il ministro presente al forum organizzato dal gruppo consiliare Pd sui primi anni del regionalismo. Bevacqua: «Bisogna lavorare insieme, oltre le appartenenze politiche». Santelli: «Se non si…

Pubblicato il: 01/09/2020 – 18:30
Stato-Regioni, Boccia: «L’autonomia può rafforzare l’unità nazionale. Ma vanno definiti i Lep»

REGGIO CALABRIA Cinquant’anni di un regionalismo mai totalmente compiuto e di punti interrogativi ancora da risolvere.
Questo è il tema dell’incontro online organizzato dal Gruppo consiliare del Partito Democratico calabrese dal titolo “1970-2020 Mezzo secolo tra luci e ombre. C’è un Futuro per il Regionalismo?”.
Un momento di confronto ricco di interventi, che ha visto la partecipazione anche dei due “attori protagonisti” nel rapporto Governo-Regioni: il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia e la governatrice calabrese Jole Santelli. A condire i loro interventi, offrendo uno sguardo più ampio ed accademico sul tema, la presenza dei docenti Unical Walter Nocito e Guerino D’Ignazio e del capogruppo Pd in Sicilia, Giuseppe Lupo.
A curare l’organizzazione il capogruppo Pd al Consiglio calabrese, Domenico Bevacqua in collaborazione con gli altri consiglieri Guccione, Irto, Notarangelo e Tassone.
IL LIMBO DEI RAPPORTI STATO-REGIONI Proprio Bevacqua ha introdotto i temi dell’incontro attraverso una serie di interrogativi e dubbi sul rapporto tra  il Governo Centrale e le Autonomie locali resi ancor più acuti dal periodo di emergenza appena trascorso.
Un rapporto travagliato che ha prodotto un vero e proprio “limbo” reso ancor più insopportabile dalla riforma del Titolo V della Costituzione, dal quale Bevacqua ha chiesto come poter uscire: «Un Regionalismo cooperativo – dice Bevacqua – si ha quando si tende verso la stessa direzione e non quando aumenta il divario socio-economico di alcune parti del paese rispetto ad altre. La proposta di legge di Boccia segna molti passi in avanti, ma ci sono molti nodi da sciogliere. Quando non c’è un dibattito vero che coinvolge il territorio, le proposte nascondono sempre limiti».
Il riferimento è al disegno di legge-quadro che il Ministro sta portando avanti già da tempo anche per avere una più netta definizione della ripartizione delle materie (e delle competenze) tra Stato e Regioni. «Si parla di materie da devolvere 23 alle Regioni – continua Bevacqua nella sua introduzione – ma bisognerà vedere in che modo e con quale libertà le Regioni saranno poi in grado di gestirle».
Il capogruppo consiliare Pd lancia poi una appello alla cooperazione, per il bene dei territori, anche oltre i colori politici: «Insieme possiamo farcela, se invece continuiamo a percorrere le strade vecchie dell’appartenenza politica non ne verremo a capo. Dobbiamo fare un lavoro sinergico importante. Vorrei che questo gruppo dirigente abbia la capacità che non abbiamo avuto nel passato di non scontrarci nelle scelte. Ecco perché credo che questa sfida possiamo vincerla insieme aggregando cultura, università, istituzioni e forze sociali». In ultimo Bevacqua chiede alla presidente Santelli di prendere posizione in maniera netta e formale sul Mes, ritenendolo una «misura essenziale».
50 ANNI DI RIFORME INCOMPIUTE Al coro di spunti e domande si aggiungono i docenti Unical d’Ignazio e Nocito, esperti del tema. Il primo apre con una serie di interrogativi partendo dalle perplessità già sollevate da Giorgio Pastori: «Si chiedeva negli anni 80 se si potesse continuare a parlare di Regioni senza regionalismo. Il regionalismo inteso come spirito e cultura che contrastava con la visione di Regioni che non rispecchiavano la carica innovativa dell’articolo 5 della Costituzione».
Secondo D’Ignazio «dopo la riforma del 2001 è mancato quel rapporto di leale collaborazione tra lo Stato e quelle Regioni che dovevano svolgere un ruolo fondamentale sul tema della tutela dei diritti costituzionali». Una funzione disattesa già per via del ritardo nell’attuazione pratica di quel disegno costituzionale: «Ci sono voluti 22 anni per attuare le Regioni e questo ritardo ha avuto provocato una debolezza strutturale delle Enti che avrebbero dovuto essere il motore della Repubblica». Importante potrebbe essere l’impatto del regionalismo differenziato, sul quale ha gravato molto l’arrivo del Covid che ha messo in stand-by il discorso sul tema.
Di simile tenore l’intervento di Walter Nocito, che parte dalle riforme Bassanini: «L’enfasi riformista di quelle leggi che non hanno inciso solo sulle Regioni, ma anche sulla pubblica amministrazione e sui Comuni che ancora soffrono e godono degli effetti di quella legge». Nocito sottolinea come a suo avviso il vero problema sia «il terzo regionalismo, quello che va dal 1998 al 2001. Si è tentato di riformare l’amministrazione, ma si è prodotta una riforma che non ha funzionato bene sul piano. Il famoso articolo 114, ad esempio, che comprenderebbe anche le Città Metropolitane nello scacchiere degli Enti statali, è stato frutto di una retorica politica che ha ceduto il passo alla realtà».
SANTELLI: «IL MES PUO’ ESSERE UTILIZZATO» L’intervento della presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, parte dalla recentissima esperienza legata al Covid e quanto ha messo in evidenza: «Ho trovato che in questi mesi il dialogo tra le Regioni sia stato importante perché basato su interessi territoriali, ma è stato anche confronto vero sui temi. Che tu sia al Governo o all’opposizione, il tuo orientamento ondeggia rispetto agli interessi del momento. Bisogna mantenere una certa coerenza. Mi sono sempre posta una domanda – aggiunge – ovvero come siano cambiate le competenze dello Stato che in questi ultimi anni è stato un po’ stritolato tra un’Europa che voleva ottenere maggiori competenze». Santelli si definisce “statocentrica” nel sottolinrare come «il ruolo dello Stato centrale è quello di garantire i diritti dei propri cittadini, quindi bisogna vedere cosa può cedere in termini di sovranità».
La Governatrice raccoglie poi la suggestione di Bevacqua sul Mes: «Gli strumenti non hanno un connotato ideologico e per le cose in cui sono utili ed essenziali possono essere utilizzati». Poi aggiunge: «Ritengo sempre necessario un confronto anche con gli altri presidenti di Regione perché nessun territorio rimanga indietro. In questo periodo abbiamo visto un Governo che penso avesse una visione unitaria, ma anche molta necessità di confrontarsi coi territori». Anche per questo, dice Santelli, «i Comuni sono gli ultimi presidi della democrazia e vanno rafforzati. Bisogna capire come fare». L’ultima battuta è riservata al federalismo differenziato: «Io personalmente ritengo se ne possa parlare, ed anche di riforme. Ma prima di tutto ciò bisogna abbandonare il discorso della spesa storica perché altrimenti è una presa in giro».
BOCCIA: «VANNO DEFINITI SUBITO I LEP» Le battute finali spettano così al Ministro Francesco Boccia, che esordisce definendo la conferenza Stato-regioni «un luogo di confronto», che ha giocato un importante ruolo durante questa fase emergenziale: «Il paese ha vissuto quel momento come una ennesima fase di partenza». Boccia si sofferma sulla storia di un regionalismo mai davvero compiuto ed ancora tutto in divenire, dalle suggestioni riformiste della fase degli anni 70-90 fino alle estremizzazioni degli autonomisti padani. «L’estremizzazione del dibattito è una cosa mai presa in considerazione, ma ha portato un pezzo della maggioranza di allora a sottovalutare le radici profonde della nostra Costituzione». Poi anche lui torna sulla fase più attuale: «Veneto, Emilia Romagna e Lombardia volevano partire con costi standard per poi valutare dopo un anno i risultati e dopo tre anni tirare fuori i livelli essenziali delle prestazioni (Lep)». Poi offre alcuni spunti rispetto all’intervento di Jole Santelli: «Dice la verità quando sostiene che nel rapporto con le altre regioni spesso saltano i colori politici perché coincidono gli interessi territoriali. Quando lo Stato ha chiesto alle Regioni di attuare le linee guida e stare sullo stesso indirizzo abbiamo dovuto mostrare i muscoli per consentite agli enti locali di crescere in maniera armonica in un contesto molto difficile. Oggi dietro le Regioni c’è un patrimonio di esperienza e di progetti realizzabili».
COME PROGETTARE I PROSSIMI 50 ANNI? «Il 20ennio 2001-2020 ha portato molte novità. Penso che noi tutti abbiamo un debito immenso con le nuove generazioni. Il nuovo accordo con Tim sulla rete unica serve anche a questo, per permettere ai ragazzi di esprimersi allo stesso modo ovunque, attraverso i nuovi mezzi». E aggiunge: «Tra le radici profonde della nostra Costituzione hanno trovato residenza le radici del regionalismo. La fase che nasce ora dev’essere quella che ci fa dire: l’autonomia rafforza l’unità nazionale».
«Il disegno di legge-quadro – continua Boccia – serve a definire il perimetro entro il quale le regioni sanno di potersi muovere. Quel tipo di scelta incide sulla visione del gruppo dirigente. I Nuovi 50 anni partono con l’anno straordinario del Covid che nessuno aveva previsto. Abbiamo messo al centro la responsabilità e i diritti universali che vengono prima di un vincolo di bilancio. I tagli ai quali alcune Regioni sono state sottoposte in passato non sono sostenibili. Se il disegno di legge-quadro approderà in Parlamento in autunno, le regioni potranno rafforzare l’unità nazionale. Il Recovery Fund – conclude – non può non essere condizionato dalla riduzione delle disuguaglianze». (f.d.)

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