Morta per asfissia acuta da soffocazione. Sarebbe questo – secondo quanto riferiscono fonti investigative – l’esito dell’autopsia effettuata sul corpo di Lorena Quaranta, la giovane laureanda in Medicina uccisa lo scorso 31 marzo dal fidanzato, lo studente calabrese Antonio De Pace con il quale conviveva a Furci Siculo, nel Messinese. L’esame – svolto dal medico legale Daniele Sapienza, a cui è stata affidata anche l’autopsia dei resti del piccolo Gioele Mondello – ha escluso la presenza di lesioni da arma da taglio, come invece aveva detto da De Pace nella sua confessione parlando di una coltellata inferta alla compagna. Proseguono comunque le indagini della Procura. Il pm Roberto Conte, titolare delle indagini, ha chiesto nuovi accertamenti su alcuni reperti biologici e sui cellulari di Lorena Quaranta e di Antonio De Pace. Obiettivo è quello di ricostruire, attraverso il contenuto dei dispositivi, i rapporti tra la coppia di conviventi e rintracciare eventuali tensioni o problemi che possano aver innescato la lite del 31 marzo. Nel corso della sua confessione, De Pace aveva detto di aver perso il controllo perché Lorena aveva contagiato lui e la sua famiglia con il Covid19, circostanza smentita dai successivi esami medici. Ancora oggi, l’indagato non riesce a spiegare cosa l’abbia mosso quella notte e non è escluso che la stessa Procura possa chiedere una perizia psichiatrica. De Pace, originario di Dasà, nel Vibonese, è al momento assistito da una psicologa: è rinchiuso nel carcere di Gazzi, dove ha chiesto di proseguire gli studi. I fatti sono avvenuti nella notte del 31 marzo nell’appartamento condiviso dalla coppia a Furci Siculo (Messina). Ad allertare i soccorsi, al mattino è stato lo stesso De Pace, che ha confessato ai carabinieri di aver ucciso la fidanzata e si è consegnato.
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