VERONA «Il silenzio della Svizzera è assordante: chiediamo di dare delle risposte e farsi carico dei bisogni di tre figli che hanno perso la propria madre. E’ un appello che rivolgiamo anche al governo italiano: attivi i propri canali diplomatici per indurre la Svizzera ad assumersi le proprie responsabilità». Lo dice all’AdnKronos Francesco Verri, l’avvocato della famiglia di Teresa Scavelli, la baby sitter italiana uccisa in Svizzera nel tentativo di difendere tre bambini, due dei quali le erano stati affidati dalla famiglia per la quale lavorava, dall’aggressione di un giovane che, secondo la ricostruzione dei quotidiani svizzeri, era affetto da problemi psichici.
Teresa è morta il 2 settembre a San Gallo, a 46 anni, lasciando tre figli e il marito: era originaria di Crotonei, in provincia di Crotone, ma da tempo viveva a Verona e faceva la spola con la Svizzera per lavoro. E’ intervenuta per proteggere i bambini dall’aggressore, che si era introdotto nella casa di nascosto. «Sia i giornali italiani che quelli svizzeri hanno scavato nella vita dell’aggressore – continua l’avvocato Verri – un giovane di 22 anni. Viene descritto, sulla base di fonti ufficiali, come uno sbandato più volte ricoverato per gravi problemi psichici. Eppure era libero. Ed è stato libero di uccidere. Chiediamo al governo svizzero e del cantone di San Gallo cosa abbiano intenzione di fare. Chiediamo che si prendano cura della famiglia di Teresa, dei suoi figli, fra i quali c’è una studentessa universitaria, e del marito. Chiediamo che si occupino dei loro bisogni».
«La famiglia – prosegue Verri – non ha ricevuto alcun messaggio da parte delle autorità svizzere, neppure di cordoglio: i figli hanno saputo della morte della madre dai giornali. Solo gli inquirenti hanno interloquito con la figlia. La famiglia ha persino dovuto pagare le spese di trasporto della salma in Italia. E questo è francamente inaccettabile anche perché la Svizzera aveva il dovere di proteggere la vita di Teresa, aveva il dovere di curare adeguatamente l’aggressore, di non lasciarlo libero di compiere il suo gesto folle. La Svizzera possedeva le informazioni necessarie per prevenire il dramma che si è consumato a San Gallo. E aveva l’obbligo di farlo in base all’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che tutela il diritto alla vita delle persone».
La famiglia di Teresa rivolge un appello anche alle autorità italiane: «Chiediamo al governo italiano di intervenire. Chiediamo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di essere ricevuti. Teresa merita la medaglia d’oro al valor civile ma anche che l’Italia si interessi al suo caso e attivi i propri canali diplomatici per indurre la Svizzera ad assumersi le proprie responsabilità e a farsi carico delle esigenze dei prossimi congiunti di Teresa. Quel che è accaduto non si esaurisce in un ambito privato, non riguarda solo la famiglia di Teresa ma l’Italia e la Svizzera. Tre bambini svizzeri sono vivi perché una donna italiana si è sacrificata per loro. Teresa è morta perché un folle ha agito indisturbato nonostante le turbe di cui soffriva e la sua storia ne avessero rivelato l’estrema pericolosità sociale», continua Verri.
«Continueremo a lavorare, a indagare sulle responsabilità e ad agire nell’interesse della famiglia di Teresa con l’aiuto dell’interprete messo a disposizione dal Comune di Cotronei e degli avvocati svizzeri che abbiamo coinvolto. Ci auguriamo di trovare attenzione e sensibilità e di non dover ricorrere alla Corte di Strasburgo contro la Svizzera per la violazione del diritto alla vita di Teresa», conclude il legale.
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