Ecco il discorso tenuto dall’arcivescovo Morosini in occasione della Consegna del Quadro della Madonna della Consolazione da parte dei Cappuccini avvenuta sabato 12 settembre in Duomo alle 10.30 a motivo dell’epidemia di Covid19:
Carissimi fratelli e sorelle,
abbiamo accolto quest’anno la Venerata Effige della nostra Patrona, certamente con modalità inconsuete, senza la processione e il commovente tripudio degli altri anni, con il fasto e la solennità generate dalla devozione popolare sia in Piazza della consegna che lungo tutto il tragitto sino alla Cattedrale. Il tripudio commovente e festoso era dato soprattutto dalla presenza del popolo che acclamava e pregava la Madonna.
L’assenza della processione è una mancanza pesante alla quale ci ha costretto la pandemia crudele del coronavirus, assetata ancora di morte in tutto il mondo. Essa, però, e questo è il rovescio della medaglia, ha anche creato in noi una disposizione d’animo più consapevole e matura, perché in questo momento, mentre riceviamo il venerato Quadro della Vergine, sentiamo il bisogno di essere accolti, benedetti e consolati dalla nostra Patrona, ancor più che negli altri anni.
Sì, o Madre, nel passato, ogni volta che ti abbiamo accolto, abbiamo messo nelle tue mani e depositato nel tuo cuore le gioie, le speranze, i problemi che avevamo come singoli e come collettività. Mai, però, siamo stati messi nella condizione, come quest’anno, di dover motivare il mancato consueto appuntamento con Te – che, pure, rimane scolpito, con nostalgia, nel cuore di tutti – con una pandemia, che ha modificato le nostre abitudini di vita e che rischia di gettare un’ombra sinistra sul nostro futuro.
Abbiamo paura Vergine santissima! Anche se cerchiamo di non pensarci, in realtà abbiamo paura! Questo è il nostro grido, al primo saluto che ti rivolgiamo o Maria: aiutaci Tu, perché abbiamo paura! Questo è il comune sentimento che unisce tutti noi in questo momento. Questa paura si incarna sul volto di ciascuno di noi e prende forme e sembianze diverse, che si traducono, tutte, in problemi che il nostro cuore scongiura, ma che sappiamo potrebbero sorgere; e sarebbero problemi seri e gravi, se guardiamo al recentissimo passato, con tutti mali che abbiamo già subito. Quanto abbiamo vissuto nei mesi scorsi ha rivelato già i volti diversi di questa paura:
Una generazione di anziani pesantemente decimata, che grava nella memoria non solo di tutti noi di età matura, ma anche dei giovani e dei bambini, che nei nonni assaporavano le loro radici.
Gli ospedali che scoppiavano di pazienti, per i quali non si trovava posto, e che ci fanno riflettere sulla limitatezza della nostra politica sanitaria, che si scontra con le eccellenze dei nostri medici e della loro indubbia perizia. Che cosa mai succederà nei nostri ospedali se il virus dovesse attaccarci nuovamente con virulenza?
I volti distrutti dalla fatica di quanti si adoperavano per stare accanto ai malati. Essi sono stati il vero miracolo dei mesi passati; ma, oggi, abbiamo il dovere di chiederci: Potrebbero ripetere, questi angeli di misericordia, ancora lo stesso miracolo, dinanzi ai ritardi e carenze oggettivi della politica sanitaria?
Le fughe da una regione all’altra, gli aeroporti chiusi, i mezzi di trasporto rallentati, il lockdown e le zone rosse, che ci richiamano una solitudine che non vorremmo riassaporare: la solitudine dei ghetti e dei lazzaretti!
La lunga quarantena, che ci ha posto drammaticamente davanti al problema che una libertà senza limiti non è più possibile e non è più realizzabile. Che succederà se la paura di una recrudescenza della pandemia dovesse concretizzarsi? Che sarà di noi se dovremo essere nuovamente sottoposti ad una chiusura forzata ed indesiderata nelle case?
Le angosce della lenta ripresa sociale ed economica, a conclusione della quarantena. Per alcuni si è rivelata addirittura drammatica, perché non hanno potuto ricominciare, a causa anche di un virus ancor più micidiale del covid19, che è l’estrema ed impossibile burocrazia, che stritola nei suoi tentacoli ogni barlume di speranza ed ogni prova di coraggio di chi vuole ricominciare e ripartire! Per altri, questa ripresa è faticosa e ancora non pienamente decollata.
L’educazione e la formazione dei ragazzi e dei giovani, ad ogni livello, che per lunghi mesi è stata limitata e, per alcuni versi, è ancora oggettivamente compromessa. Stiamo assistendo al dibattito in questi giorni sulla scuola e percepiamo con chiarezza che la difficilissima decisione di come far ripartire i cammini formativi, ad ogni livello, pesa inesorabilmente soprattutto su genitori ed educatori, anche all’interno delle nostre Comunità ecclesiali.
Ecco il significato del grido con il quale, o Maria, oggi abbiamo accolto la tua venerata Effige in questa Basilica-cattedrale: aiutaci, Madre dolcissima, perché abbiamo paura.
Carissimi fratelli e sorelle, certamente questa paura la percepiamo, ma non può paralizzarci, né può tradursi solamente in una preghiera di affidamento alla nostra Patrona, la quale, immancabilmente non smetterà di proteggerci e consolarci. È necessario che essa si traduca anche in operosità – sia personale che collettiva – che deve coinvolgerci tutti: credenti e non, singoli ed istituzioni, semplici cittadini e quanti devono prendersi cura del bene dei singoli e del retto funzionamento delle istituzioni stesse. Sono sempre valide le parole di S. Agostino: chi ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te.
Durante i giorni della clausura forzata quanti propositi sono stati formulati ad ogni livello: dopo questa epidemia la vita non potrà essere più la stessa: deve cambiare! Ma deve cambiare in meglio! Siamo qui per chiedere l’aiuto celeste per volerlo e saperlo fare, ma anche per promettere alla Madonna che ciascuno farà la sua parte Dobbiamo ripartire dai valori che l’epidemia ci ha fatto scoprire: la solidarietà, il bene comune, la relatività delle cose, un concetto di libertà non più assoluto, ma relazionato alla verità e al bene.
Nel mentre si facevano queste discussioni, soprattutto noi cristiani ci rendevamo conto che riaffioravano quei grandi valori, che da sempre abbiamo predicato in nome del Vangelo che Gesù ci ha lasciato: Non c’è amore più grande di colui che dona la vita. Ora si tratta di passare dai sentimenti all’operosità, dalla speranza alla lotta per la costruzione dei nostri progetti e delle nostre speranze.
L’accoglienza del Quadro della nostra Patrona, che segna l’inizio dei festeggiamenti in suo onore, trova la nostra città impegnata in un momento delicato della sua vita democratica: l’elezione del sindaco e il rinnovo del consiglio comunale. Lasciate miei cari fratelli, che traduca in preghiera alla Vergine quelle che possiamo definire le speranze della nostra città in questo momento.
O Maria, Madre della Consolazione, in prossimità di questo importante appuntamento della nostra vita democratica ti chiediamo:
di intercedere, anzitutto, per noi presso Dio affinché liberi il mondo da questa pandemia. Dona agli scienziati la luce opportuna perché si produca l’atteso vaccino; ai governanti che studino provvedimenti adeguati; ai cittadini che siano prudenti e docili alle leggi che chiedono attenzione e precauzione; che maturi fra noi la responsabilità civile di essere tutti costruttori della città, non nella prospettiva del raggiungimento dell’interesse individuale e personale, ma in quella della costruzione del bene comune; che maturi, perciò, fra noi la consapevolezza di dover essere noi protagonisti del nostro futuro ed artefici delle nostre speranze, senza aspettare inerti che l’aiuto piova dall’alto, anche se comprendiamo bene che non possiamo non invocare una sinergia di intenti e di mezzi con chi sta sopra di noi, perché con le sole nostre forze non ce la faremo ad uscire dalla crisi; che maturi la consapevolezza che una Politica degna di questo nome, non deve consumare il suo tempo ad inseguire le emergenze, ma deve programmare un futuro certo, anche se questo comportasse sfidare l’impopolarità di ignorare esigenze momentanee e di parte; che la città cresca come un insieme di persone che si riconoscano cittadini, affratellati dal comune interesse del bene comune, consapevoli che da esso, poi, scaturisce il bene individuale di ciascuno, soprattutto dei figli; che la valutazione del bene comune parta dalle cose più semplici del vivere associato, fino a raggiungere le strutture più complesse della vita cittadina; che i cittadini si riconoscano fratelli aperti alla solidarietà e all’accoglienza; spariscano, perciò, o Vergine Consolatrice, i ghetti fisici e morali della nostra città, attraverso un’opera di riappropriazione del territorio, che limiti sempre più il libero movimento di quanti operano nell’illegalità; che il voto che fra giorni andremo ad esprimere sia espressione della nostra maturità umana, politica e cristiana; esso sia veramente libero, non asservito a logiche clientelari e mafiose; che esso sia responsabile, sapendo di contribuire alla scelta di persone, che domani decideranno se farci camminare verso il futuro e il progresso, o costringerci a perpetuare un destino di arretratezza culturale, politica ed economia che uccide la speranza nei giovani e non solo
Si, Vergine dolcissima, ti affidiamo, soprattutto i giovani, certezza del nostro presente e speranza del nostro futuro: siano essi da te illuminati, incoraggiati, guidati e sostenuti dalla tua tenerezza di Madre. Benedici tutti noi, la nostra comunità ecclesiale in ogni sua componente, i nostri sacerdoti, questa amata città, le nostre famiglie, i nostri malati, i nostri anziani, tutti coloro che in questi giorni si rivolgeranno a te chiedendo aiuto e misericordia. Benedici, e trasforma la paura in aurora di speranza!
Amen.
*Arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova
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