Siamo ormai prossimi al “the day” ed è pertanto legittimo domandarsi come sarà la riapertura della Scuola in Calabria.
A pochi giorni dall’evento continuano ad intrecciarsi pareri diversi, molti persino opposti tra loro: da una parte coloro che propongono fiducia, dall’altra gli scettici che ritengono che non ci saranno le condizioni per essere sereni. Tra questi ultimi la maggior parte degli studenti i quali ritengono che sia stato fatto “troppo poco” per ritenere che i plessi scolastici siano sicuri. Da ciò il giudizio pessimista secondo il quale sarà inevitabile “ripartire in condizioni disastrose”. A dare fiato allo scetticismo sono anche le notizie sui casi di infezione da “Covid 19” in netto aumento dopo una estate “permissivista”.
Intanto i giorni passano e si avvicina inesorabilmente quello in cui si riapriranno le porte dei plessi scolastici anche nelle cinque provincie della Calabria. Migliaia di ragazzi, tra scolari e studenti, varcheranno pertanto le soglie di quegli edifici portandosi dentro il sospetto che qualsiasi compagno possa essere “portatore sano”. È da immaginare, pertanto, un inizio d’anno scolastico senza abbracci e senza pacche sulle spalle, l’anno scolastico dell’era “Covid 19”. E lo sarà per tutti, anche per maestri e professori; ma soprattutto per le famiglie, specie dopo che gli esperti hanno comunicato “urbi et orbi” che il “rischio zero” non esiste. Sicché, anche se non si dà a vedere, sono giornate d’attesa che fanno tremare i polsi alle famiglie ma anche ai capi d’istituto più di chiunque altro consapevoli delle difficoltà che si incontreranno per rispettare le norme sulle misure di sicurezza diffuse nelle settimane scorse dal Governo riguardo agli spazi previsti dalla normativa ministeriale, che in molti edifici sarà oggettivamente difficile da osservare.
I nodi vengono al pettine probabilmente perché ci si è mossi tardi soprattutto per ottemperare agli obblighi relativi alla messa in sicurezza degli edifici scolastici secondo quanto indicato dal Governo. La scuola aveva solo il compito di assicurare gli spazi dentro le aule per la didattica e di stabilire, in caso di contagio di più docenti, di avviare la didattica a distanza.
Al di là di ogni considerazione è bene dire che vanno comunque bene le regole fissate, ma è altrettanto importante che la Scuola si apra anche alle famiglie avviando un processo di reciproca solidarietà che non può che fare bene al sistema e soprattutto ai ragazzi costretti a conoscere e condividere una Scuola per molti aspetti diversa da quella tradizionale.
E, come se non fossero sufficienti i problemi connessi con la Scuola, a rendere ancora più turbolento il momento storico e aumentare i rischi per la salute dei cittadini si è fatto avanti anche lo sport. Il Calcio professionistico, specie quello di serie A, ha chiesto al Governo di consentire l’apertura degli stadi al pubblico. « Se bisogna convivere con la pandemia – è stato detto – bisogna essere anche solidali con le attività più importanti come il calcio di vertice».
La speranza è che il Capo del Governo e il Presidente del Consiglio Superiore della Sanità rimangano fermi sul “nieth” (peraltro già espresso) per evitare che gli errori fatti durante l’estate, consentendo alle discoteche di aprire le piste da ballo, si ripetano portando le tifoserie dentro gli stadi. A detta dei tecnici sarebbe un disastro per il Paese. Oltretutto, c’è da dire che probabilmente gli stessi tifosi sarebbero lontani da tale ipotesi che giudicano “leggera” se non strumentale. Per fortuna, comunque, il traguardo comune alla stragrande maggioranza degli italiani è di mettere in sicurezza la popolazione. Chi ci riesce, e attraverso quali sistemi, ha poca importanza. Le diversità ideologiche, per fortuna, hanno tempi, luoghi e strutture diverse!
Naturalmente non sta al giornalista suggerire cosa e come fare. Però è giusto richiamare l’attenzione sul fatto che qualcosa va fatta!
*giornalista
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