Nulla è cambiato.
Sono passati cinque anni dal ritrovamento del corpo del piccolo Alan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum faccia in giù nella sabbia. Il suo viaggio della speranza era finito così. La sua morte ci ha indignati ma la memoria delle coscienze è troppo labile. Siamo tornati alla nostra vita di sempre a disquisire di porti chiusi e porti aperti, a lavarci la coscienza con i ricollocamenti e i rimpatri.
Pensavamo, sull’onda dell’emozione, che quella foto avrebbe cambiato la storia, che ci avrebbe smossi a rivedere le politiche sull’immigrazione ma svanita l’indignazione è svanito anche l’impegno dei Governi a tutelare i piccoli (e non solo) migranti.
Nulla è cambiato.
Due bambini hanno perso la vita la scorsa settimana durante il tentativo di attraversare il mare dal Libano a Cipro dopo che il gommone su cui viaggiavano è rimasto bloccato nel mar Mediterraneo per diversi giorni. I bambini, di cui uno aveva appena due anni, sono morti di stenti per il caldo, la fame e la sete.
Si continua a morire. Come a Lampedusa in quel tragico naufragio del 3 ottobre 2013. Come il quattordicenne del Mali annegato con la pagella cucita in tasca.
Nel Mediterraneo sta morendo l’Europa. Se non ci affrettiamo moriranno anche le nostre coscienze. Non possiamo permettere che questa nostra epoca sia ricordata come quella delle stragi in mare di fronte alle quali ci siamo voltati dall’altra parte.
Non bastano le foto ad orologeria per cambiare le cose. Dall’altro lato del mare si fugge da guerre e persecuzioni. Il coronavirus ha acuito la tragedia in molti paesi: secondo un’analisi dell’Unicef e di Save the Children, il numero di bambini che vivono in condizioni di povertà è salito a circa 1,2 miliardi a causa della pandemia di Covid-19.
In questi giorni l’Unione Europea torna a discutere di rivedere il Trattato di Dublino. Sommessamente, mi auguro che chi scriverà le regole a Bruxelles abbia queste immagini bene impresse in mente come una vergogna per l’intera umanità.
*Presidente Provincia Cosenza
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