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Recovery Plan e Calabria. Ecco dove scommettere

Il governo ha elaborato il piano finanziario delle risorse del Next generation Ue. Una fetta importante è destinata alla green economy che aiuterebbe settori strategici calabresi come l’edilizia e …

Pubblicato il: 02/10/2020 – 7:20
Recovery Plan e Calabria. Ecco dove scommettere

di Roberto De Santo
CATANZARO C’è una maledetta necessità per la Calabria di interfacciarsi al meglio con il Governo sull’uso delle risorse del Recovery Fund. Le direttrici imposte dall’Europa per spendere i quattrini che dovrebbero arrivare in Italia si inseriscono perfettamente – come tasselli di un puzzle – con le diverse falle che da decenni caratterizzano la debolezza strutturale della Calabria. Ora che l’esecutivo Conte sta tracciando la ripartizione finanziaria del Recovery Plan italiano – il quadro dei progetti che il nostro Paese ha in cantiere per spendere le risorse del Next generation Ue – emerge con chiarezza quanto il Governo intende puntare sulle singole voci: dalla digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, agli investimenti nella green economy, alle infrastrutture per la mobilità, all’istruzione, formazione, ricerca, all’equità sociale di genere e territoriale per finire alla salute.

E sono tutte voci fondamentali, appunto, per permettere alla Calabria di risalire la china e recuperare la distanza siderale che la separa dal resto del Paese e dall’Europa. Anche il premier Giuseppe Conte sembra aver colto l’essenza dei ritardi strutturali del Sud Italia. Nei vari passaggi che sta compiendo per confrontarsi con le forze produttive italiane, il presidente del Consiglio continua a ripetere che la strategia che caratterizzerà l’utilizzo di quelle risorse terrà presente soprattutto l’obiettivo di colmare il divario tra le due aree del Paese. «L’Italia – ha detto in un’intervista rilasciata oggi al Corriere del Mezzogiorno il premier – riparte se riparte il Sud, basta con le divisioni tra regioni». Lo ribadirà sicuramente oggi a Bari dove è previsto il suo intervento nel giorno dell’inaugurazione della Fiera del Levante. Anche nell’incontro per i Cento anni di Confagricoltura a Palazzo Colonna a Roma il presidente del Consiglio in questo senso è stato lapidario: «Puntiamo a rilanciare il Mezzogiorno», ha detto. Per questo occorre far sì che la pressione da parte delle forze produttive, di rappresentanza e soprattutto della politica calabrese cresca e faccia sentire il proprio peso su Roma.

GREEN ECONOMY Dalle stime del governo, da Bruxelles per il piano di rilancio europeo – travolto dall’emergenza Covid-19 – dovrebbero arrivare all’Italia 209 miliardi (127 miliardi sotto forma di prestiti e 82 a fondo perduto) in più trance. La prima a partire dal prossimo anno.
Secondo la ripartizioni di risorse elaborato dallo stesso premier e dai suoi stretti collaboratori ed inviato ai singoli dicasteri per la stesura definitiva del piano finanziario il capitolo più importante riguarderà i progetti green. Su questo capitolo il governo scommette ben il 37% dell’intera torta. Di queste risorse la gran parte – si parla di 75 miliardi di euro – dovrebbero servire a finanziare come misura strutturale il superbonus del 110% sull’edilizia. Un capitolo che inciderebbe in modo consistente in Calabria – se ben utilizzato da cittadini e imprese – sia in termini di riqualificazione del patrimonio edilizio civile sia nel rilancio di un segmento produttivo – la filiera dell’edilizia – che nella regione – con la miriade di imprese dedicate e dell’indotto – rappresenta una sorta di nervatura dell’intero sistema produttivo calabrese. Basti considerare che nell’ultimo censimento di Unioncamere risultano attive in Calabria nel settore ben 18.879 che contribuisce in buona misura al Prodotto interno lordo della regione.
Ma nel settore del green – in cui Bruxelles e di conseguenza Roma puntano molto – un ruolo importante dovrebbe svolgerlo il settore agricolo. Sempre lo stesso Conte lo ha confermato nei giorni scorsi in occasione dell’evento di Confagricoltura che ha parlato sia del Sud: «Il nostro piano di resilienza è motore di sviluppo, soprattutto nel mezzogiorno, per ridurre il divario tecnologico e per dare contributi ad aree interne che più di altre stanno pagando i contraccolpi di questa fase». Ma anche appunto dell’utilizzo delle risorse Recovery per l’agricoltura. «Pensiamo anche a aiuti a filiere agricole – ha detto a questo proposito perché divengano protagoniste». In questa partita la Calabria potrebbe giocarsi molte carte. Considerate le 31.923 aziende agricoli presenti nella regione e il ruolo che esercita sulla creazione della ricchezza del territorio rispetto alla media nazionale. Ma che sulla spinta delle risorse aggiuntive appunto potrebbe contribuire a far crescere, viste le enormi potenzialità delle produzioni enogastronomiche di pregio.

Per non parlare del piano per contrastare il dissesto idrogeologico a cui il Governo pensa di dedicare risorse aggiuntive sfruttando appunto il Recovery fund. Per un territorio come quello calabrese – con circa il 90% dei Comuni sottoposto a questo tipo di rischio e che ha pagato anche nel recente passato un tributo pesantissimo pure in termini di perdite di vite umane – diventa un’occasione imperdibile. Utilizzando con accortezza quelle risorse la Calabria potrebbe garantirsi una messa in sicurezza e dunque una rigenerazione del patrimonio naturalistico dei suoi territori.

DIGITALIZZAZIONE Nel piano finanziario elaborato da Conte per l’utilizzo del Recovery fund c’è il capitolo dedicato ai progetti di digitalizzazione del Paese. A questa voce il Governo pensa di destinare il 20% delle risorse per la ripartenza. Tradotto in soldoni significa una fetta di circa 40 miliardi di euro. Il ritardo anche su questo fronte è aspetto noto per la Calabria. L’ultimo dato in tal senso proviene dal rapporto inviato qualche giorno addietro al Parlamento dalla Corte dei Conti sullo stato di attuazione del piano triennale dell’informazione 2017/19. Ebbene da quel report emerge che gran parte dei Comuni calabresi restano agli ultimi posti in Italia nel processo di digitalizzazione: Corigliano-Rosano e Lamezia, ad esempio, sono terz’ultimo e penultimo in quella classifica. E gli altri enti non se la passano meglio. Anzi. Sempre in tema di digitalizzazione – che resta la nuova frontiera per superare divari territoriale e dunque incrementare la competitività – nell’indice Digital economy and society index (Desi) la Calabria è ultima in Italia con un valore pari a 20,4 (media europea 100). Da qui la prateria che si potrebbe aprire rilanciando iniziative per recuperare questo Gap con il resto del Paese confidando appunto in quelle risorse.

DEPURAZIONE, HOUSING SOCIALE E RIGENERAZIONE URBANA Altri miliardi di euro il governo conta di reperirli – sempre attraverso il Recovery Fund – per avviare progetti destinati a risistemare la rete idrica e migliorare la depurazione delle acque reflue delle città. Voci che suonano come una manna per la delicata situazione che vive la Calabria sotto entrambi i profili. Con interi territori che restano privi di acqua – non per la sua mancanza – ma proprio per la precarietà della rete idrica che serve quei territori.
Per non parlare della depurazione che da decenni resta una nota dolente della Calabria. Compromettendo l’enorme potenzialità della risorsa mare con le conseguenti ricadute in termini di richiamo turistico. Sull’edilizia pubblica inoltre il governo conta di dirottare 10 miliardi di euro così come altrettanti per la rigenerazione urbana: due capitoli che ben intercettati dalla Calabria potrebbero far cambiare il volto dei nostri centri e garantire alloggi a meno fortunati. In quest’ultimo campo ricordiamo che c’è un esercito di disperati che pone la regione agli ultimi gradini in Italia per ricchezza pro capite.

INFRASTRUTTURE Il 10% delle risorse del fondo europeo per il rilancio il governo intende utilizzarlo per rafforzare il sistema infrastrutturale italiano. Si tratta di 20 miliardi di euro – certamente una somma minore di quanto giunto sul tavolo del Consiglio dei ministri (si parla di una cifra mostre di 100 miliardi di euro) – che sarebbero un toccasana per collegare finalmente in termini moderni la Calabria con il resto del Paese e del mondo. Basti pensare che l’Alta velocità ferroviaria per il momento resta un miraggio – nonostante le promesse – e che interi territori restano praticamente isolati per mancanza di collegamenti. Per non parlare della grande scommessa costituita dal porto di Gioia Tauro sguarnita ancora di un sistema di una linea ad alta velocità ferroviaria dove far transitare le merci che consentirebbe di mettere le ali all’economia non solo calabrese. (r.desanto@corrierecal.it)

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