Continua il commissariamento della Regione Calabria, nonostante i pessimi risultati raggiunti sia in termini di Lea sia in ragione dell’aumento considerevole della spesa sanitaria. Non si è riusciti a ripianare il debito, non esiste un progetto organico che, sulla base dei fabbisogni dei cittadini, abbia elaborato una proposta credibile su come garantire in futuro ai calabresi il diritto alla tutela della salute e, cosa ancora più grave, vista l’impostazione ragionieristica del commissariamento, senza neanche riuscire ad avere certezza sulla reale consistenza del debito. Altre Regioni sono uscite dal commissariamento ma con il pieno sostegno dello Stato. La pressione fiscale sui calabresi per il sostegno alla sanità è ai limiti massimi e per contenere i costi non vengono assunti medici, infermieri, operatori sanitari e quindi il sistema è al collasso. I nostri cittadini sono costretti ad emigrare non solo per lavoro ma anche per salute, consegnando alle regioni del Nord oltre 300 milioni di euro l’anno. A volte viene il dubbio che sia un atto premeditato, che ci sia una chiara volontà politica che non permetta alle regioni del Sud di emergere in qualità dei servizi, per continuare a finanziare le regioni del Nord che, senza i nostri soldi, avrebbero grosse difficoltà di bilancio. Intanto, i nostri cittadini praticamente non hanno assistenza domiciliare, pazienti leucemici privi della possibilità di emotrasfusioni a casa, pazienti oncologici in fase terminale con un servizio (Adi) che chiude sabato e domenica, come se nei giorni festivi il dolore passasse e non vi fossero bisogni assistenziali, con pochissimi infermieri, assolutamente insufficienti alle esigenze di assistenza. Burocrazia asfissiante, per rinnovare piani terapeutici, cioè per ottenere l’autorizzazione a proseguire terapie, si intasa il lavoro degli specialisti ambulatoriali, per cui le liste di attesa sono ormai improponibili, peraltro i medici che vanno in pensione non vengono sostituiti e ancora più vergognosa è la totale assenza di una valutazione dei fabbisogni reali della popolazione con potenziamento di quelle specialità che vengono più richieste come consulenze ambulatoriali. Organici negli ospedali ormai ridotti al minimo con turni massacranti e ovviamente con minore sicurezza per i cittadini. I nuovi ospedali da costruire sembrano ormai un sogno. La riforma dell’assistenza primaria (i medici di famiglia) con apertura di ambulatori per 12 ore e possibilità di iniziare progetti di prevenzione per le patologie croniche, approvata ormai da due anni, è ferma nonostante le richieste delle loro organizzazioni sindacali e il rischio oggettivo che una ripresa della pandemia Covid metta in ginocchio il territorio. Medici di famiglia e medici di continuità assistenziale ai quali le Aziende non garantiscono sicurezza, postazioni di guardia medica nelle quali si susseguono aggressioni verso i sanitari, ultimo caso a Vibo dove i medici erano privi di quei dispositivi di protezione individuale che le Aziende avrebbero dovuto garantire come ad ogni lavoratore. Ridotte infine al minimo le possibilità di effettuare piccoli interventi di chirurgia ambulatoriale nei centri pubblici, cosi come effettuare gastroscopie ed endoscopie. Chi può paga e si rivolge al privato chi non può aspetta anni. L’Italia del Meridione denuncia la mancata tutela della salute dei cittadini calabresi, denuncia la persistenza di un commissariamento assolutamente fallimentare, denuncia l’assenza di un piano che ci consenta di avere tempi certi per il riordino della rete ospedaliera e territoriale. Trasparenza, competenza e amore per questa terra, possono trovare le soluzioni che in oltre 10 anni di Commissariamento non sono state trovate. Non è più il tempo delle chiacchiere e delle parole, ora bisogna avere idee chiare e proporre soluzioni concrete. Idm ha stilato un piano di dieci punti ed è pronta a confrontarsi con tutte quelle forze che credono nella necessità di una reale inversione di rotta per la sanità calabrese.
* Segretario federale Italia del Meridione
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