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I tesori del Crotonese depredati dalle cosche, quattro ore di requisitoria per "Malapianta"

Il pm Guarascio: nessuno sconto di pena per il pentito Dante Mannolo, non ha aggiunto elementi alle indagini. I villaggi turistici di Cutro sotto il giogo mafioso prima delle denunce di Giovanni No…

Pubblicato il: 05/10/2020 – 19:36
I tesori del Crotonese depredati dalle cosche, quattro ore di requisitoria per "Malapianta"

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
Nessuno sconto di pena per il collaboratore di giustizia Dante Mannolo. Nel corso di una requisitoria durata circa quattro ore, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, ha chiesto che non vengano riconosciute a Dante Mannolo le attenuanti previste per la sua collaborazione con la giustizia. Senza mezzi termini il pm ha sottolineato la carenza di elementi di novità nelle dichiarazioni del pentito, imputato nel processo “Malapianta”, istruito dall’antimafia contro le cosche che infestano il Crotonese, in particolare nel comprensorio di Cutro.
Un comprensorio depredato per anni in maniera feroce dalle cosche “Mannolo-Trapasso-Zoffreo-Falcone” inserite nel più ampio contesto criminale capeggiato dalla famiglia Grande Aracri. Il controllo delle attività economiche era appannaggio delle famiglie di mafia – ha affermato il pm – che hanno sfruttato per il proprio tornaconto la ricchezza turistica del territorio, in particolare insidiandosi nella gestione dei villaggi turistici. Tra gli imputati emerge la figura di Remo Mannolo, fratello di Dante, accusato di avere gestito le estorsioni nel settore turistico in qualità di promotore della consorteria. Un elemento che traspare nettamente dalle indagini condotte dalla Guardia di finanza di Crotone – come da un’intercettazione ambientale che registra un incontro tra Remo Mannolo e il boss Nicolino Grande Aracri – ma non dalle parole di Dante Mannolo che “aggira” l’argomento. È un esempio, tra quelli riportati dal magistrato, riguardo all’assenza di elementi di novità nelle dichiarazioni del pentito. Dunque, nessuno sconto di pena.
Eppure Remo Mannolo risulta tra i dipendenti di “Porto Kaleo”, villaggio turistico vessato dalla malavita come tutti quelli presenti tra Steccato di Cutro e Cropani. Manodopera imposta, come imposto era il caffè che il resort doveva comprare, e non solo. C’era anche da pagare per evitare ritorsioni. Dopo anni di vessazioni e 800mila euro estorti, l’imprenditore Giovanni Notarianni, proprietario di Porto Kaleo, ha denunciato ogni cosa e le sue parole sono diventate pietre nell’inchiesta “Malapianta”. Il testimone di giustizia – che oggi vive sotto scorta – ha dato un contributo di pregio alle indagini, ha sottolineato il pm. Notarianni, rappresentato dall’avvocato Michele Gigliotti, ha chiesto un risarcimento di otto milioni di euro.
L’imprenditore ha fornito, tra le altre cose, una perizia dettagliata sulle imposizioni di manodopera subite nel corso degli anni. Della sua vicenda si parlerà questa sera nella trasmissione Presa Diretta su Rai3.
Il prossimo mercoledì sarà la volta delle discussione del pm Antonio De Bernardo che rappresenta l’accusa nel procedimento riunito “Infectio” incentrata sulle proiezioni delle ‘ndrine di San Leonardo di Cutro in Umbria.
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio, minacce, violenza privata, traffico di stupefacenti.
Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Vincenzo Cicino, Gregorio Viscomi, Pietro Pitari, Luigi Falcone, Lucio Canzoniere, Paolo Carnuccio, Mario Nigro, Mario Prato, Giuseppe Fonte, Maria Claudia Conidi, Pietro Funaro, Giovanni Scarpino, Francesco Calabrò, Domenico Russo, Salvatore Iannone, Daniele Pinto, Francesco Gambardella, Giuseppe Bagnato. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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