di Francesco Donnici
LAMEZIA TERME Con l’elezione di Sergio Ferrari a sindaco del Comune di Cirò Marina, sono ora ufficialmente sette le amministrazioni che, dopo la tornata elettorale, pongono fine al loro commissariamento.
Una nota positiva che può essere accostata ad un’altra, derivante da una visuale più ampia: con l’archiviazione del procedimento avviato nel Comune di Ciminà, in provincia di Reggio Calabria, l’ultimo mese si conclude senza registrare amministrazioni commissariate per infiltrazioni mafiose.
Un dato che non deve trarre in errore rispetto ad un “trend” ancora tutt’altro che superato, soprattutto al Sud Italia. Ancora oggi, tra Calabria e Sicilia si concentrano il 75% dei Comuni sciolti, molti dei quali in base alla normativa contenuta negli articoli 143-146 del Testo unico sugli Enti locali, come riportato nei dati di Openpolis, prodotti nell’ambito del monitoraggio operato dall’osservatorio sui Comuni commissariati.
SCIOGLIMENTO PER MOTIVI POLITICI Va fatta una premessa. Sempre negli ultimi 30 giorni si registrano, su tutto il territorio nazionale, 28 Comuni sciolti per motivi politici. Questo può avvenire in caso di dimissioni del primo cittadino o della maggioranza dei consiglieri. In Calabria, l’ultimo caso in ordine di tempo (di Comune sciolto per dimissioni della maggioranza dei consiglieri) è quello del Comune di Polia, in provincia di Vibo Valentia, in seguito all’inchiesta Imponimento della Dda di Catanzaro, volta a disarticolare, tra le varie, le potenti cosche Anello e Bonavota, egemoni su gran parte delle province vibonese e catanzarese. Va sottolineato che lo scioglimento a fronte delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri avviene laddove ricorra l’impossibilità di surroga, che si verifica in prevalenza in caso di dimissioni dei consiglieri presentate nel corso del tempo, quando non sia più possibile ricorrere alla sostituzione dei seggi vacanti con i primi non eletti.
Nello stesso arco di tempo, un esempio di Comune calabrese sciolto in seguito alle dimissioni del primo cittadino è quello di Celico, in provincia di Cosenza. Il decreto risale allo scorso 3 settembre a fronte delle dimissioni rassegnate dal sindaco, Antonio Falcone, accusato di peculato dalla locale procura.
COMMISSARIAMENTI ED ELEZIONI Alcuni Comuni commissariati sono tornati al voto durante l’ultima campagna elettorale. Lo scorso 22 settembre, in Calabria, i sindaci si sono rivisti in 7 Comuni precedentemente sciolti per infiltrazioni ‘ndranghetiste: Cirò Marina (unico con numero di abitanti superiore ai 15mila) e Strongoli nel Crotonese; Scilla e Platì nel Reggino; Briatico, Limbadi e San Gregorio d’Ippona nel Vibonese.
Sul territorio nazionale si registra però il caso di 5 Comuni che, nonostante le elezioni, continueranno ad essere commissariati. Tra questi anche due calabresi. Il primo è Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, che era stato sciolto nel 2019 per mancata approvazione del bilancio. Il Comune veniva già da tre commissariamenti per infiltrazioni mafiose. La chiamata alle urne dei cittadini non ha prodotto il raggiungimento del quorum e il Comune è dunque rimasto commissariato. Invece, nel caso di Cenadi, in provincia di Catanzaro – sciolto per dimissioni del sindaco nel luglio 2020 – il commissariamento rimane, anche dopo le elezioni, vista la mancata presentazione delle liste.
Caso particolare quello di Pietrapaola, Comune del Cosentino, dove invece le elezioni erano già state stabilite, ma sono state sospese in seguito alla decisione interlocutoria del Consiglio di Stato sulla legittimità del decreto di scioglimento. Il Giudice amministrativo ha così re-immesso nel suo ruolo il sindaco Nigro.
I COMUNI “INFILTRATI” IN CALABRIA Su tutto il territorio nazionale, gli enti attualmente commissariati per mafia sono 39 (37 Comuni e 2 aziende sanitarie locali), tutti situati nel Meridione ad eccezione del Comune valdostano di Saint Pierre, sciolto per infiltrazioni della ‘ndrangheta in seguito all’inchiesta Geenna.
In base ai dati aggiornati allo scorso 3 ottobre, la Calabria si conferma al secondo posto – dietro appunto alla sola Sicilia – per numero di scioglimenti, con un totale di 18 (14 per infiltrazioni della criminalità e 4 per altri motivi).
Nel mese di Settembre si evidenziano, in Calabria, i commissariamenti per infiltrazioni mafiose dei Comuni di Cutro e Sant’Eufemia d’Aspromonte, in entrambe le circostanze avvenuti dopo lo scioglimento per dimissioni dei sindaci. Nel primo caso, la commissione d’accesso prefettizia si è insediata a fronte dell’indagine Thomas della Dda di Catanzaro, che ha evidenziato il radicamento sul territorio – che ne è culla – della nota ‘ndrina Grande Aracri. Nella fattispecie si è concretizzata un’elusione sistematica della normativa sugli appalti che ha favorito l’affidamento diretto di lavori e servizi a ditte strettamente legate alla criminalità organizzata (ad esempio nei settori della gestione e manutenzione del servizio idrico e fognario, della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e della refezione scolastica).
Il commissariamento dei Sant’Eufemia d’Aspromonte si fonda invece sulle risultanze della più recente inchiesta Eyphemos, della Dda reggina, che ha evidenziato il collegamento della ‘ndrangheta con diversi amministratori.
Ad oggi, secondo quanto riportato dalle fonti ufficiali, ci sarebbe in Calabria un solo accesso in corso attraverso cui si valutano le sorti del comune di Paterno Calabro, in provincia di Cosenza. (redazione@corrierecal.it)
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