CATANZARO «Chiediamo, ancora una volta, di fare chiarezza sull’inquietante fenomeno dei gravissimi incendi che si stanno verificando nelle discariche e negli impianti di trattamento dei rifiuti. Un’escalation che, soltanto negli ultimi giorni, ha riguardato l’isola ecologica del Comune di Nocera Terinese, il centro di raccolta del Comune di San Gregorio ed infine un deposito di recupero e trattamento nel Comune di Squillace dove secondo i dati dell’Arpacal sono andati in fumo 900 tonnellate di rifiuti di vario genere incluse materie plastiche e metalli (pari 45 Tir di rifiuti)». Lo afferma, in una nota, Legambiente Calabria.
«Non è la prima volta – aggiunge – che in Italia divampano incendi molto sospetti che interessano gli impianti di gestione dei rifiuti. Tra il 2015 ed il 2018 in tutta Italia da Nord a Sud, si sono verificati 260 incendi di questo tipo, quasi 90 l’anno e più di uno a settimana. Il fenomeno è stato oggetto di indagini approfondite da parte della Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali conclusesi con una relazione finale approvata nel gennaio 2018. Non esiste una spiegazione unica per le cause delle incendi. Tra le diverse motivazioni può esserci, ad esempio, la cattiva gestione dei rifiuti negli impianti. La maggior parte degli incendi, tuttavia, è di origine dolosa ed in molti casi, come hanno dimostrato le indagini compiute in passato, il fuoco viene utilizzato per far sparire le prove di fattispecie illecite. Dietro gli incendi potrebbero esserci le ecomafie e la criminalità organizzata, ma esiste anche una vasta area grigia di illegalità che si genera quando il ciclo dei rifiuti che non funziona adeguatamente. In questo caso il fuoco serve ad evitare i controlli da parte dell’Arpa territorialmente competente.
Un elemento su cui riflettere – sostiene ancora Legambiente – è che in Calabria non sono sufficienti gli impianti di recupero e riciclo della raccolta differenziata per cui i materiali vengono, spesso, inviati in altre aree del Paese o anche all’estero e gli impianti si trovano ad avere un carico eccessivo di rifiuti che supera il limite consentito per i depositi. Alcuni impianti, inoltre, potrebbero stoccare rifiuti pericolosi o altri materiali per i quali non sono autorizzati o che provengono da un traffico illegale.
Tutte ragioni che potrebbero indurre nella tentazione di far scomparire nel nulla attraverso il fuoco i materiali stoccati illegalmente. In altri termini, su quanto sta accadendo in Calabria, restano attuali le conclusioni cui è giunta la Commissione bicamerale di inchiesta nel 2018 che ha identificato come possibili cause degli incendi di rifiuti : la fragilità degli impianti, spesso non dotati di sistemi adeguati di sorveglianza e controllo; la rarefazione dei controlli sulla gestione che portano a situazioni di sovraccarico degli impianti e quindi di incrementato pericolo di incendio; la possibilità, determinata da congiunture nazionali e internazionali, di sovraccarico di materia non gestibile, che quindi dà luogo a incendi dolosi ‘liberatori ‘. Cio’ di cui possiamo essere certi è che l’autocombustione non esiste».
«E’ necessario – dichiara la Presidente regionale di Legambiente, Anna Parretta – perché non si debba poi curare la patologia, agire in un’ottica stringente di prevenzione, controllo e vigilanza sugli impianti nei quali si svolge un’attività intrinsecamente pericolosa. Controlli e monitoraggi continui che devono essere effettuati non solo sui documenti ma anche sul campo e devono riguardare anche il rilascio delle autorizzazioni in materia ambientale e le certificazioni antincendio. Serve, inoltre, un coordinamento informativo tra Vigili del fuoco, Agenzie ambientali e Polizia giudiziaria. Una ulteriore verifica da svolgersi riguarda l’esistenza delle apposite garanzie finanziarie che la legge prevede debbano essere stipulate dalle ditte che gestiscono gli impianti di smaltimento e recupero rifiuti. Legambiente Calabria si costituirà parte civile negli instaurandi processi e ribadisce la necessità, oltre allo svolgimento di indagini approfondite per individuare e punire i responsabili, che venga effettuata la celere bonifica dei luoghi e la loro messa in sicurezza al fine
di eliminare e prevenire ogni fonte di pericolo per l’ambiente e per la salute».
«Inoltre, Legambiente – conclude la presidente Parretta – chiede alla Regione, come già accaduto in altre regioni, dalla Basilicata al Lazio, di istituire un Osservatorio regionale su ambiente e legalità per fare luce su tutti i fenomeni illegali che si verificano sul territorio calabrese».
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