CATANZARO «La mia famiglia è dedita all’usura e all’estorsione. Mio padre prende pure le estorsioni da un altro villaggio fuori dalla “provincia” (mafiosa, ndr) di Cutro, a Sellia Maria».
Nell’aula bunker del carcere di Catanzaro l’udienza del processo “Malapianta-Infectio”, contro le cosche del comprensorio di Cutro, ha avuto inizio con le spontanee dichiarazioni del collaboratore di giustizia Dante Mannolo (foto sopra, dal Quotidiano del Sud). Nei suoi confronti lo scorso lunedì, in sede di requisitoria, il pubblico ministero Domenico Guarascio aveva chiesto che non venisse riconosciuto lo sconto di pena previsto per i collaboratori alla luce del fatto che le sue dichiarazioni non aggiungevano nessun elemento di novità a quanto già notorio sulla consorteria “Mannolo-Trapasso-Zoffrea-Falcone”.
Oggi Dante Mannolo ha chiesto di parlare. Ha parlato delle estorsioni al villaggio Serenè che sono iniziate fin dalla sua costruzione e che sono state decise a tavolino tra Alfonso Mannolo e Nicolino Grande Aracri «per spartirsi questa torta». Dante Mannolo ha anche parlato dei suoi cugini «che lavorano nel campo della droga». Ha fatto anche qualche nome il collaboratore di giustizia e ha chiesto scusa alla famiglia dell’imprenditore, e testimone di giustizia, Giovanni Notarianni, proprietario del villaggio Porto Kaleo. Il tutto prima che avesse inizio la requisitoria del pm Antonio De Bernardo sul procedimento riunito “Infectio” che contempla la ramificazione delle cosche cutresi in Umbria. Dichiarazioni rilevanti o strategiche per dimostrare la propria credibilità? Elementi di novità o teatro? Questo saranno i magistrati e il giudice per l’udienza preliminare a stabilirlo. Tra qualche ora sono previste le richiesta di pena. Nelle prossime udienze la parola passerà alle difese. (ale. tru.)
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