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«Il valore della rappresentanza dimenticato»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 12/10/2020 – 10:15
«Il valore della rappresentanza dimenticato»

Neppure il tempo per far “digerire” ai calabresi la vicenda dei cartelloni pubblicitari che riproducevano un tipico piatto calabrese di pomodori secchi, sorretto dal logo della Regione e da quello della Lega di Salvini con la dicitura “Scegli calabrese, aiutiamo chi ci aiuta”, Nino Spirlì, assessore e vicepresidente della Regione Calabria, ritorna a far parlare si sé.
Seppure allora la “partenza” fosse avvenuta col piede sbagliato, dopo qualche giorno di comprensibili polemiche e le solite interrogazioni che raggiunsero la presidente della Giunta regionale, l’episodio cadde nel dimenticatoio sigillato come «grande baggianata» del neo assessore eletto nelle liste della Lega di Salvini.
Anche se giudicata di pessimo gusto, la vicenda dei “pomodori secchi leghisti” venne archiviata come “errore” e lasciata al giudizio delle “cose strane” di cui sono capaci i politici.
Di Nino Spirlì si erano perdute le tracce e tutto sembrava filare liscio. Ma, come si dice, “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi” e così Spirlì, lasciato senza freni, è ritornato prepotentemente agli onori della cronaca. Lo ha fatto, come peggio non avrebbe potuto, a Catania quando è salito sul palco allestito per la manifestazione di solidarietà a Salvini nel giorno in cui il segretario ha dovuto presenziare all’udienza preliminare del processo che lo vede imputato del reato di sequestro di persona per il caso “Gregoretti”, cioè l’episodio della nave militare italiana che aveva preso a bordo 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo in balia del mare in tempesta e li aveva portati nel porto di Catania dove, però, è sopraggiunta un’ordinanza del Ministero dell’Interno che impediva di farli sbarcare.
Spirlì in questa circostanza si è trovato in mano il microfono ed ha cominciato a lanciare “anatemi” a destra e a manca. Le parole più caustiche, tali da suscitare una messe di polemiche, sono state “negro” e “ricchione” che, a suo giudizio, non sono offensive, ma al contrario «vanno tutelate per essere usate discrezionalmente da chi intende usarle». Discrezionalmente, appunto!
Spirlì uomo, ma anche omosessuale dichiarato, si è giustificato dicendo che entrambe le parole si trovano sul vocabolario della lingua italiana e che lui non le trova per nulla disdicevoli. E, infatti, il problema sta proprio qui: se è conveniente ad una personalità politica pronunciarle in pubblico, oppure no. Spirlì, è bene ricordarlo, non è solo il signor Spirlì, ma è anche il vicepresidente della Regione Calabria e, in tale ruolo, in mancanza del presidente, rappresenta l’istituzione e i calabresi tutti. E non è pensabile che una personalità, che riveste un ruolo istituzionale, possa arroccarsi il diritto di usare parole come quelle da lui pronunciate parlando in pubblico.
La vicenda, com’era giusto che fosse, è stata oggetto di polemiche. L’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha chiesto la rimozione di Spirlì dagli incarichi istituzionali; la Cgil ha definito le parole del vicepresidente della Regione Calabria “gravi e indegne”; “Aticolo 1” si è rivolto ai parlamentari calabresi e alla ministra dell’Interno perché si facciano promotori di una interrogazione al Capo del Governo e ai Consiglieri regionali della Calabria per promuovere una riunione del Consiglio con all’ordine del giorno un solo argomento: la vicenda Spirlì.
Forse il vicepresidente della Regione Calabria dovrebbe cominciare ad assimilare l’idea che una cosa è la sua vita privata, altra quella pubblica che richiede responsabilità ed equilibrio. Valori che prescindono dal partito nel quale si è stati eletti.
*giornalista

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