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«Amore, farà caldo stanotte». L’sms del poliziotto corrotto salva il boss dall’arresto

Soffiate per i clan di Rosarno. Lavori dall’interno per aiutare il narcotraffico. Così “il Porco” collaborava con la ‘ndrangheta. E un pentito lo incastra: «Lo riconosco dalla foto segnaletica. Per…

Pubblicato il: 14/10/2020 – 20:39
«Amore, farà caldo stanotte». L’sms del poliziotto corrotto salva il boss dall’arresto

REGGIO CALABRIA Poco prima di mezzanotte dell’8 luglio 2018, Gianluca Castagna manda un sms a Zhao Chengtian: «Amore farà caldo stanotte non so se anche da te, bacio». Ma l’amore non c’entra nulla e neanche il caldo. Perché Zhao Chengtian in realtà non esiste. Quel messaggio è destinato a Rosario Grasso, rampollo di una famiglia di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. Che raccoglie l’avviso e sparisce. Così “nasce” uno dei latitanti dell’operazione “Ares” della Dda di Reggio Calabria contro le famiglie mafiose di Rosarno. Non è il solo. Come ha spiegato all’Ansa il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, grazie all’avvertimento partito dal poliziotto infedele Gianluca Castagna, in servizio al posto di polizia di frontiera del porto di Gioia Tauro, si daranno alla macchia – passeranno diversi mesi prima di poterli arrestare – in sette.
Castagna – che, secondo l’accusa, è stato stabilmente stipendiato dalla cosca – è stato arrestato su disposizione del gip Tommasina Cotroneo al termine di un’indagine complessa. A quel semplice sms si è arrivati incrociando migliaia di dati, comunicazioni, celle telefoniche. Poi è scattata la richiesta di arresto firmata da Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal sostituto della Dda Sabrina Fornaro.
Il “Porco”, così era soprannominato Castagna, avrebbe favorito spesso i membri del clan di Rosarno. Spesso avrebbe permesso a Grasso «di accedere clandestinamente nell’area del porto di Gioia Tauro, mettendolo in condizione di prelevare la sostanza stupefacente occultata nei container trasportati dalle navi». E sarebbe stato prodigo di notizie «acquisite dai sistemi informatici in uso all’ufficio di polizia di Frontiera, concernenti le movimentazioni dei container e le rotte delle navi di interesse del Grasso per l’importazione di stupefacente dall’estero».
Secondo l’accusa, «la presenza del fedele servitore della cosca è emersa già molti anni orsono» nell’inchiesta “Pinocchio”, coordinata dalla Dda di Torino. Nel business del narcotraffico – tra Torino, Calabria, Sudamerica, Spagna e Portogallo – era coinvolto anche Grasso. Che «si serviva, per l’ingresso della sostanza stupefacente in Calabria, dell’ausilio di un soggetto avente un ruolo o un impiego all’interno del porto di Gioia Tauro, soprannominato “il Porco” e non identificato nell’ambito del procedimento». Nuova operazione: questa volta si tratta dell’inchiesta “Santa Fè” della Dda di Reggio Calabria. Nel mirino finisce di nuovo Rosario Grasso e viene rilevata «la stessa tipologia di ausilio». C’erano «prove significative» della presenza di una talpa che, fino a oggi, era riuscita a nascondere la propria identità. 
A corroborare gli approfondimenti tecnici dell’inchiesta sono arrivate anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Di Marte, uno dei soggetti sfuggiti all’arresto grazie al messaggio di Castagna. 
«Nel messaggio – racconta Di Marte – il Grasso specificava che ad avvertirlo era stato il ‘Porco’. Il ‘Porco’ per Rosario Grasso era una fonte attendibile … un appartenente alle Forze dell’Ordine… era un soggetto nella piena disponibilità di Grasso Rosario che si era sempre interfacciato con lui. Il nome è Gianluca Castagna. Ho potuto riconoscerlo nel 2016 perché è stato raggiunto da un’ordinanza questo signore … mi sembra “Ape Green 2”», cioè un’operazione della Dda nel corso della quale il poliziotto è stato arrestato assieme ai boss della cosca Commisso di Siderno. Di Marte lo riconosce da una foto segnaletica pubblicata sui giornali. «Grasso – dice – mi aveva sempre riferito che questo soggetto era “il Porco”». (ppp)
Riceviamo e pubblichiamo:
Facendo riferimento ad articolo comparso sulla Vostra testata, mi preme porre in evidenza che il Sig. Giuseppe Di Marte, da me assistito nel procedimento “Ares”, in nessun procedimento, ha mai assunto la veste di collaboratore di giustizia, come la Procura Distrettuale di Reggio Calabria mi ha formalmente confermato.
Avv. Fausto Bruzzese

Prendiamo atto della nota dell’avvocato Bruzzese. L’espressione contenuta nel nostro servizio è ricavata dall’ordinanza di custodia cautelare, dove – a pagina 148 – viene utilizzata dai magistrati. 

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