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La tesi delle «nomine dirigenziali illegittime». Candiano smonta Stasi pezzo per pezzo

L’esperto avvocato amministrativista di Corigliano Rossano, già più volte amministratore, prefigura tra l’altro ipotesi di «danno erariale», di «controllori e controllati», definisce come «opachi» …

Pubblicato il: 14/10/2020 – 7:23
La tesi delle «nomine dirigenziali illegittime». Candiano smonta Stasi pezzo per pezzo

di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO Le nomine dirigenziali conferite dal sindaco di Corigliano Rossano in questi mesi e quelle precedenti risalenti alla fase commissariale, a seguito della fusione, sarebbero «illegittime». È la tesi che sostiene l’esperto e illustre amministrativista, prim’ancora che politico, Nicola Candiano. Già sindaco di Rossano fra il 1987 e il 1988, più volte assessore e vice sindaco, l’avvocato tratteggia un’ipotesi – che si basa però sulle norme – per certi versi logica, quanto banale: se è vero com’è vero che il nuovo comune di Corigliano Rossano ha adottato, seppur momentaneamente, lo statuto di Corigliano e quindi un ordinamento che non prevede le dirigenze, allora i dirigenti nominati da Flavio Stasi e dal commissario Bagnato prima, secondo l’articolo 110 del Tuel, che è un’eccezione alla regola, potrebbero essere illegittime.
STATUTO&DINTORNI «Quando si indica la luna – dichiara al Corriere della Calabria l’avvocato Nicola Candiano – bisognerebbe guardare alla luna stessa e non al dito. La luna è lo statuto comunale che assume una importanza fondamentale nel caso, come il nostro, di una nuova città che nasce nel 2018 e che quindi potrebbe trarre tutti i vantaggi di usufruire delle esperienze passate, maturate dai comuni dal 1990 ad oggi. Quando si inizia dal tetto e non dalle fondamenta, si corre il rischio di incappare in infortuni. Mancando l’atto fondamentale, si può scivolare in situazioni “opache”. L’art. 110, senza alcuna possibilità di dubbio riserva allo statuto la facoltà normativa di prevedere l’assunzione dei dirigenti con contratto a termine, poiché esordisce sottolineando la formula “lo statuto può prevedere…”. Quindi è una chiara riserva statutaria come si configura nella gerarchia delle fonti».
La particolarità del caso coriglianorossanese, secondo Candiano è che «trattandosi di fusione di due comuni e non avendo adottato uno statuto provvisorio che correggesse queste lacune, ci troviamo con l’utilizzazione per legge dello statuto del comune demograficamente più grande, quindi Corigliano, in cui notoriamente prima della fusione, non esistevano le dirigenze. Quindi, ad oggi, manca il riferimento normativo-statutario per la dirigenza. Il dubbio di una sospetta illegittimità delle nomine di dirigenti secondo l’art. 110, sulla scorta del vigente statuto, è più di una tesi».
L’IPERTROFIA DEI SETTORI ED IL 30% L’avvocato Candiano fa battere la lingua dove il dente duole. «Non a caso – prosegue – lo statuto ha come oggetto di intervento l’organizzazione. E nell’organizzazione rientra la gestione delle risorse umane in una prospettiva almeno ventennale, tenendo conto della fase di avvio post fusione. Da questo punto di vista, se si vuole essere seri – è la bacchettata all’amministrazione Stasi – si stabiliscono i principi nello statuto e poi ci si dota di una organizzazione. Se, invece, si vuole giocare con i Lego, si immaginano fantasiose macrostrutture che non hanno alcuna logica intrinseca, perché accorpano settori e servizi notoriamente incompatibili, costringendo il cittadino ad una duplicità nel riscontro amministrativo, parcellizzando le materie. Se ci si vuole divertire – altra stoccata – si creano queste macrostrutture, che non necessitano di dotazioni finanziario-contabili e quindi si immaginano 12, 15 settori. Questo proliferare, in una fase in cui non c’è uno statuto, desta qualche sospetto – eccone un’altra –: se al momento questo genere di macrostrutture non servono, perché vengono adottate? Quel sospetto conduce al 110». L’amministrativista prosegue riferendo che «la norma prevede che i dirigenti chiamati con l’art. 110 non possano superare la percentuale del 30% dei dirigenti in forza all’ente. Se si aumentano, nella macrostruttura, i posti da dirigente, magari si fantastica che quel 30% si calcoli sull’organizzazione prevista, ovvero i quindici dirigenti, uno per ogni settore; nel qual caso potrebbero essere cinque. Questa ipertrofia di posti dirigenziali è errata – prosegue Nicola Candiano – perché la previsione della norma non può andare contro la logica. Se la previsione è dettata dalla natura straordinaria del 110 rispetto alla normalità costituzionale che è l’accesso per pubblico concorso, non può verificarsi quello che sta accadendo oggi, e cioè che a Corigliano Rossano si ribalti quella percentuale con il rapporto di quattro nominati e due di ruolo». Tutto ciò «fa a pugni» oltre che con «la Costituzione, anche con le norme e la logica».
«Non è possibile fornire l’interpretazione ideata dall’Amministrazione perché verosimilmente il 30% va riferito al numero dei dirigenti in quel momento in servizio oppure, al massimo, a quelli previsti nel piano triennale del fabbisogno, per cui il 30% può essere assunto come 110: questa è l’interpretazione più logica e corretta».
«Quando si tira la corda, si finisce per entrare in una situazione di confusione, come mi pare stia accadendo nella gestione di questi temi presso il Comune di Corigliano Rossano. Caos evidenziato dai tanti altri profili come l’abnorme proliferazione delle dirigenze ad interim. L’ipertrofia comporta che ogni dirigente deve sobbarcarsi “per ora”, due, tre settori».
«CONTROLLORE E CONTROLLATO» «Addirittura il segretario generale, che non è un dirigente dell’ente ma una figura sui generis, solo per eccezionali e brevi periodi, può occuparsi di compiti normalmente affidati ai dirigenti. Ed invece nel nostro caso gli è stato assegnato l’interim di settori molto corposi, come la Polizia locale, e molto sensibili, come l’Avvocatura civica, che fra l’altro sono assolutamente incompatibili con il ruolo del responsabile anticorruzione, anche questo affidato al segretario comunale. Se c’è un settore sensibile è quello della Polizia locale che non può essere sottoposto a vigilanza esterna perché potrebbe essere chiamato, direttamente o indirettamente, a occuparsi dell’attività di altri uffici dell’ente, in sede di verifica e controllo». A Corigliano Rossano, oggi, il segretario comunale Paolo Lo Moro è stato investito degli incarichi di responsabile dell’anticorruzione, e ad interim dei settori “Risorse umane e informatizzazione”, “Polizia Locale” e “Avvocatura civica”. Ma c’è anche un’aggravante. Peraltro la dirigenza seppur temporanea dell’Avvocatura, sottolinea Candiano, «non può essere ricoperta da qualcuno che non sia un avvocato iscritto all’albo e se non sbaglio, Lo Moro non lo è. Questo non lo sostengo io ma la legge sull’ordinamento professionale, che stabilisce che i dirigenti e i responsabili delle avvocature debbano essere iscritti all’ordine degli avvocati. Perché l’avvocatura, anche qui per definizione di legge, è un settore indipendente e autonomo da qualsiasi altro: può essere chiamata a dare pareri su attività che spettano ad altri settori o occuparsi di contenziosi procurati o spinti da altri uffici dell’ente. Per sua definizione, quindi, l’avvocatura è indipendente e riferisce della sua attività solo ed esclusivamente al capo dell’amministrazione, che è il suo datore di lavoro. Quindi anche la figura del segretario comunale come dirigente dell’avvocatura elevata a settore, è una posizione “opaca” e che a dir poco presenta profili di illegittimità, se non illiceità».
SELEZIONI, SELEZIONATORI E COMPETENZE È accaduto per ben due volte, in questi mesi, che l’Amministrazione comunale di Corigliano Rossano abbia messo a bando selettivo due posizioni riguardanti i dirigenti di settori tecnici e finanziari (qui e qui). «Ad esaminare i nuovi 110 sono stati altri 110 e questo potrebbe rappresentare una anomalia – evidenzia Candiano – perché se si è dirigenti da pochi mesi, non vedo come si possa essere idonei da subito a vagliare la posizione di aspiranti dirigenti a contratto, per altri settori. Esseno il 110 una eccezione alla regola, è materia delicata è scivolosa, per cui quando un ente si avventura in procedure paraconcorsuali con un bando, con l’istituzione di una commissione esaminatrice, a quel punto, dice la giurisprudenza dei supremi organi di giustizia, il metodo concorsuale va rispettato in tutto e per tutto, anche con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Se si scivola nel paraconcorsuale, se si prevede una selezione, si devono garantire le procedure concorsuali. Tra queste garanzie c’è la competenza tecnica delle commissioni, che deve essere correlata all’incarico che si vuole assegnare. Se si mette a bando un 110 come responsabile dei servizi finanziari, va da sé che la commissione debba essere composta da esperti in materia contabile, finanziaria e fiscale. La mancanza di una figura di questo tipo fa cadere la natura obbligatoriamente tecnica della commissione».
«IPOTESI DI DANNO ERARIALE» Nelle scorse settimane, le forze di opposizione consiliare hanno contestato a sindaco Stasi l’ipotesi di danno erariale, nel caso in cui l’amministrazione comunale si fosse rivolta alla ricerca di un dirigente esterno, se vi è come soluzione l’impiego di una figura già interna alla pianta organica comunale. «Vi sono numerosi precedenti giurisprudenziali della Corte dei Conti in materia, che non ha alcun dubbio su queste situazioni. La Corte dei Conti è arrivata a sostenere che il danno non viene escluso per il sol fatto che il soggetto ha prestato la sua attività di cui si è avvantaggiato l’ente. La giurisprudenza dei magistrati contabili è molto rigorosa in materia e non sarei affatto tranquillo al posto di chi procura anomale coperture di posti con il 110, perché la scure della Corte dei Conti è lenta ma inesorabile».
Insomma, forse sarebbe stato meglio nominare senza “scivolare” nel paraconcorsuale. «Certamente. La procedura a evidenza pubblica che conduce alla nomina, crea un elenco e non una graduatoria. Da quell’elenco il sindaco può attingere per scegliere il dirigente da nominare. Ma attenzione, il rapporto fra sindaco e dirigente non può assumere connotati fiduciari, perché i funzionari pubblici, lo dice la Costituzione, devono rispondere solo alla comunità. Tutto questo è evidenziato anche da una sentenza della Corte costituzionale del 2010, estensore Sabino Cassese, che ribadisce proprio questo principio: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione”, dunque non esiste il rapporto fiduciario tra la parte politica e il dirigente. Il sindaco ha un margine di discrezionalità nella nomina, ma non può instaurare un rapporto fiduciario perché incostituzionale».
A sentire Nicola Candiano, insomma, è come se avesse smontato, pezzo per pezzo – come i Lego, ma con l’ausilio di norme e sentenze – tutto l’operato del primo cittadino di Corigliano Rossano. E mentre qualche esposto verso la Procura della Repubblica è già partito, si chiede come si possa essere arrivati a tanto dopo aver “denunciato” la passata amministrazione, dai banchi dell’opposizione, per «molto meno». (l.latella@correierecal.it)
 

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