di Alessia Truzzolillo
REGGIO CALABRIA È stato fermato dagli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria, su ordine della Procura della città dello Stretto con le accuse di associazione mafiosa, Sebastiano Vecchio, detto “Seby”, 47 anni, che ha rappresentato per la cosca Serraino uomo di riferimento in seno alle Istituzioni grazie al suo doppio ruolo di consigliere comunale e assessore del Comune di Reggio (negli anni passati) e di poliziotto (assistente capo coordinatore della Polizia di Stato, in forza al compartimento Polizia ferroviaria di Venezia e attualmente sospeso dal servizio in forza di un provvedimento disciplinare). Secondo l’accusa Vecchio era «politico di riferimento della cosca (che gli assicurava consistenti pacchetti di voti in occasione delle elezioni quale componente del consiglio comunale di Reggio Calabria); sfruttava il suo ruolo di consigliere comunale e di assessore del Comune di Reggio Calabria per garantire favori ai membri della cosca di appartenenza e agli esponenti di altre articolazioni della ‘ndrangheta reggina; sfruttava il suo ruolo di appartenente alla Polizia di Stato per assicurare protezione ai sodali e procurare notizie riservate sulle indagini in corso; agevolava la latitanza dei capi della cosca che intendevano sottrarsi alla cattura; supportava gli interessi economici del sodalizio e del suoi capi, agevolando l’apertura di attività commerciali ed instaurando rapporti societari di fatto (tramite il ricorso a fittizie intestazioni) per consentire l’avviamento di nuove attività imprenditoriali e scongiurare il rischio di sequestri».
«SEBY LO ABBIAMO FATTO SALIRE NOI» Sebastiano Vecchio è stato consigliere dal 2002 al 2007; dal 22 giugno 2007 al 5 luglio 2010 assessore alla Pubblica Istruzione della seconda giunta Scopelliti del Comune di Reggio Calabria; dal 20 giugno 2011 al 10 ottobre 2012 consigliere del Comune di Reggio Calabria, rivestendo, contestualmente, la carica di Presidente del Consiglio. È questa scalata politica, secondo il procuratore Giovanni Bombardieri e per i sostituti della Dda Stefano Musolino, Sara Amerio e Walter Ignazitto ha fatto di lui «Il politico di riferimento della cosca». Sono otto i collaboratori di giustizia che hanno parlato di “Seby” descrivendolo come soggetto legato a doppio filo con i Serraino ai quali avrebbe assicurato una ventennale “messa a disposizione” per agevolarli nelle più svariate esigenze. Nelle carte del procedimento Epilogo vengono fuori le parole di Vittorio Giuseppe Fregona, collaboratore che aveva frequentato la cosca Serraino fin da giovanissimo. Fregona racconta: «Il politico Sebi Vecchio l’abbiamo fatto salire noi… e lui è salito grazie a noi abbiamo fatto una propaganda… spingendo in tutte le nostre conoscenze… al precipuo scopo di ottenere favori e vantaggi di vario genere». «E lui è salito grazie a noi abbiamo fatto una propaganda, ha un’agenzia a San Giorgio, un’agenzia a e…a San Sperato, niente è salito…», dice Fregona.
Nel 2007 Vecchio ottiene 600 voti nei quartieri reggini di San Giorgio, Modena e San Sperato. Il collaboratore spiega che all’inizio della sua elezione Vecchio «voleva fare il bravo ragazzo», allontanarsi dalla cosca. Risultato: «Gli hanno preso fuoco due macchine». Quello che la cosca chiedeva come favori erano «posti di lavoro… case popolari». Alla fine i rapporti sembrano essersi aggiustati.
«So che ultimamente ha ficcato due non so in quale cooperativa…», racconta Fregona.
ALLE ESEQUIE DEL CAPOBASTONE Nonostante il doppio ruolo di poliziotto e assessore, il 12 marzo 2010 Vecchio si presenta ai funerali di Domenico Serraino, capo della cosca e già sottoposto al 41 bis. Un funerale per il quale il questore di Reggio aveva vietato il trasporto della salma in forma pubblica e solenne. Le esequie passano sotto la lente dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria che infatti registrano la presenza di Vecchio.
«Il vincolo esistente tra Seby Vecchio e la cosca Serraino era di tale intensità che il primo – nonostante il doppio ruolo istituzionale all’epoca rivestito (poliziotto ed assessore) – ostentava la sua vicinanza alla ‘ndrina, partecipando alle esequie ed omaggiando pubblicamente il suo capobastone», scrivono i magistrati della Dda.
IN VENETO Nonostante il suo nome fosse scaturito dalle carte del processo Epilogo e nonostante la partecipazione ai funerali di Domenico Serraino, Sebastiano Vecchio sembra andare dritto per la sua strada «anche dopo il suo trasferimento ad altra sede di servizio (nella regione Veneto), ha continuato ad interfacciarsi con i massimi esponenti della consorteria mafiosa, stringendo con essi accordi economici, rivelando loro informazioni riservate e fornendo costante supporto ai sodali».
Dalle dichiarazioni di Fregona nel 2009 si torna a parlare del poliziotto legato ai Serraino con le recentissime dichiarazioni di Antonino Filocamo, fresco di collaborazione, arrestato il nove luglio scorso nella prima operazione “Pedigree”. Filocamo era vicino al boss Maurizio Cortese (catturato da latitante nel 2017). Il pentito racconta che Vecchio gli venne presentato «come un amico dei Serraino… che ti puoi fidare e non ti puoi fidare e come uno che quando è salito in politica è stato appoggiato dai voti dei Serraino».
LA LATITANZA DI CORTESE Per un certo periodo di tempo, racconta Filocamo, la moglie di Cortese ebbe il sospetto (ma cosa poi si spense) che fosse stato Seby Vecchio a far trovare il nascondiglio del marito. «Io so per certo però – racconta il collaboratore il 2 agosto 2020 – che tanto Mimmo Morabito quanto Seby Vecchio sapevano dove si nascondesse Cortese durante la sua latitanza. Mi pare che Vecchio fosse andato anche a trovarlo mentre era latitante, per come mi diceva Cortese».
IL RISTORANTE Doveva servire a pagare una eventuale detenzione di Cortese il ristorante che Seby Vecchio aveva aperto tra la via Marina ed il corso di Reggio Calabria. Un locale per il quale Vecchio era in società con Cortese e che era stato finanziato da Mimmo Morabito. «Per quanto ne so – afferma Filocamo – : Seby Vecchio doveva occuparsi della gestione; Morabito metteva il capitale per l’avviamento e Maurizio Cortese avrebbe ricevuto una parte dei proventi. Di questa cosa mi parlarono lo stesso Cortese, sua moglie Stefania Pitasi e Mimmo Morabito. Il ristorante non andava bene e quindi Seby Vecchio non riusciva a dare a Cortese i proventi che lui si sarebbe aspettato, cosa che indispettiva Cortese. Il ristorante alla fine fu chiuso. So che il ristorante era nato con il preciso scopo di garantire un mantenimento al Cortese in caso di detenzione».
«LA DDA VI STA ADDOSSO» Nonostante lavorasse in Veneto pare che Seby Vecchio tenesse a mantenere i rapporti con la cosca Serraino. Su un racconto, in particolare convergono le dichiarazioni dei fratelli Antonino e Daniele Filocamo (entrambi hanno saltato il fosso e hanno parlato da agosto in poi con gli inquirenti): prima degli arresti di “Pedigree1” Vecchio li aveva rassicurati: erano monitorati ma non c’erano mandati di cattura. «…Mi incontrai con Vecchio due tre volte prima del mio arresto nel 2020, al fine di ricevere notizie su eventuali indagini. Si era incontrato anche con mio fratello e anche a me disse che la “Dda ci stava addosso” ma non c’erano mandati di cattura. Poi, poco prima che ci arrestassero, mi disse che era imminente un nuovo arresto (ma fece riferimento solo a Cortese)». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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