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«Trifoli era ineleggibile». La Corte d’Appello conferma la pronuncia di primo grado

Il giudice di secondo grado conferma quanto disposto Tribunale di Locri. Si va verso la definitiva decadenza dalla carica di primo cittadino e il commissariamento del Comune

Pubblicato il: 15/10/2020 – 14:38
«Trifoli era ineleggibile». La Corte d’Appello conferma la pronuncia di primo grado

REGGIO CALABRIA Antonio Trifoli era ineleggibile. Arriva la conferma anche dalla Corte d’Appello reggina che rigetta l’impugnazione dei difensori del sindaco filoleghista e conferma la pronuncia di primo grado del Tribunale di Locri, che lo scorso anno aveva dichiarato ineleggibile lo stesso Trifoli.
La pronuncia decreta così la decadenza dello stesso Trifoli dalla carica di primo cittadino del Comune della Locride che si avvia verso il commissariamento. Ultima chance è quella di una sospensiva degli effetti della sentenza da parte del giudice di secondo grado nel caso in cui Trifoli decidesse di ricorrere in Cassazione.
UN SINDACO INELEGGIBILE La storia è ormai nota. Trifoli, uscito vincitore dalle ultime elezioni amministrative di Riace, era in realtà ineleggibile. La causa di questa condizione era legata al suo status di dipendente del Comune in quanto vigile urbano a tempo determinato nel momento in cui si era candidato, tra l’altro sottoscrivendo, nei panni di sindaco, la propria aspettativa.
Un dato che non era sfuggito alla locale prefettura che, a pochi mesi dalle elezioni, aveva sollevato la questione. Lo stesso ministero dell’Interno, in una nota finita nel fascicolo della Corte d’Appello, aveva spiegato la condizione lavorativa di Trifoli, «caratterizzata dalla sussistenza, in capo al sindaco di Riace, di un rapporto di lavoro di carattere subordinato, a tempo parziale (26 ore settimanali) e determinato”. Questo “rende applicabile, al caso di specie, la disciplina di cui al combinato disposto del comma 1, n. 7 e comma 8 dell’articolo 60 del decreto legislativo 267/2000».
In sostanza, Trifoli non poteva candidarsi a sindaco se non dimettendosi da dipendente comunale a tempo determinato perché la tipologia del rapporto di lavoro con il Comune lo obbligava a non poter chiedere l’aspettativa per motivi elettorali. Ex lsu-lpu poi assorbito dal Comune di Riace, Trifoli ha fatto tutto il contrario: non si è dimesso e allo stesso tempo ha chiesto e ottenuto l’aspettativa in barba a ogni normativa prevista dal Tuel.
LA DECISIONE La Corte d’Appello ha così confermato quanto detto dal Tribunale di Locri, che accoglieva la posizione del ministero dell’Interno. I giudici di secondo grado hanno stabilito che «la conservazione del posto di lavoro per tutta la durata dell’aspettativa elettorale (garantita al lavoratore a tempo indeterminato) non è strutturalmente compatibile». «Il contratto a tempo determinato – si legge nella sentenza – è stato stipulato e le proroghe sono state adottate, non per esigenze del datore di lavoro, ma al fine di attuare la finalità solidaristica del processo di stabilizzazione del lavoratore, in vista di un miglioramento del suo status; gli oneri economici per la relativa attuazione sono sostenuti con fondi, non di provenienza del datore di lavoro, bensì con fondi appositamente erogati, con destinazione straordinaria, da soggetti terzi. L’aspettativa elettorale con conseguente diritto alla conservazione del posto di lavoro, non è, quindi, compatibile con questi ineliminabili presupposti».
SCENARI Stando alla sentenza, Trifoli non può più essere il sindaco di Riace. Avvicendamento che apre ora a nuovi e diversi scenari che potrebbero presto portare a nuove elezioni a fronte del commissariamento ormai imminente. Nel frattempo in questo periodo che può ormai essere considerato di interregno trifoliano, del “borgo dell’accoglienza” sono rimaste quasi esclusivamente macerie. Ma già ieri lo stesso ex sindaco Domenico Lucano aveva rilanciato la sua sfida all’insegna dell’accoglienza e dell’integrazione che avevano reso grande il borgo.

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