di Alessia Truzzolillo
SALERNO È stato rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Salerno (competente per i reati che riguardano i procedimenti sui magistrati del distretto di Catanzaro) l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, accusato di falso e corruzione. Lo ha stabilito il gup di Salerno che ha rinviato a giudizio, per tutti i capi loro contestati, anche il comandante della Stazione di Cava di Melis, maresciallo Carmine Greco, il poliziotto di Cosenza Vito Tignanelli, gestore di fatto della società di intercettazione Stm, la moglie di Tignanelli, Marisa Aquino, titolare della Stm, Alessandro Nota, carabiniere in servizio a Cava di Melis, e la stessa società Stm. Il processo avrà inizio il prossimo 19 gennaio.
STIGE I FATTI DI RILEVANZA PENALE Con l’indagine “Stige” sono emersi fatti di rilevanza penale che hanno indotto la Dda di Catanzaro a inviare le risultanze di indagine alla competente Procura di Salerno. Le accuse per gli imputati riguardano diverse ipotesi di reato: il rilascio alla società di intercettazione Stm srl delle giustificazioni per le infrazioni al codice della strada; l’affidamento alla stessa società del servizio di intercettazione presso la Procura della Repubblica di Castrovillari; l’accusa di corruzione per avere conseguito quale vantaggio personale, per Facciolla, l’uso di un’utenza telefonica e la installazione di un sistema di videosorveglianza davanti alla propria abitazione; l’affidamento a terzi, con abuso della qualità, di atti processuali e dati giudiziari sensibili; vi è il reato di falso materiale ed ideologico per avere predisposto una annotazione di polizia giudiziaria concordata con il maresciallo Carmine Greco, nonché la consequenziale condotta gravemente scorretta di interferenza tenuta nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro titolari dell’indagine “Stige”. Dopo l’arresto dell’imprenditore Antonio Spadafora in “Stige”, Facciolla e Carmine Greco avrebbero concordato la redazione di una annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che Greco aveva acquisito mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora, documento risultato materialmente falso. Una condotta che, secondo l’ipotesi accusatoria, rappresenterebbe una grave scorrettezza anche nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro – titolari del procedimento Stige – che stavano svolgendo indagini a carico di Antonio Spadafora e di Carmine Greco per il reato di associazione mafiosa.
LA VICENDA I reati per i quali sono imputate le persone coinvolte nel processo sono corruzione e falso e riguardano presunti illeciti nell’affidamento alla Stm del noleggio di apparecchiature per intercettazione. Secondo l’accusa il procuratore Facciolla avrebbe «affidato il noleggio di apparecchiature nell’ambito di attività di intercettazione alla Stm srl, formalmente intestata a Marisa Aquino e di fatto amministrata da Vito Tignanelli, con il quale il magistrato intratteneva relazioni personali risalenti a circa venti anni addietro» e che «a riprova del rapporto fiduciario, era risultato, nell’ottobre 2018, depositario presso la propria abitazione di copiosa documentazione affidatagli in custodia dallo stesso dottor Facciolla». Questi affidamenti, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero procurato un «ingiusto vantaggio patrimoniale» alla Stm srl «in violazione dell’obbligo di imparzialità gravante su ogni pubblico ufficiale». Il procuratore Facciolla, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto per sé delle «utilità»: l’uso di un’utenza telefonica intestata a Marisa Aquino «da epoca anteriore e prossima al 23 dicembre 2015 e fino a tutto il 17 ottobre 2016, avendone assunto la titolarità solo il 17 ottobre 2016». Inoltre nella primavera del 2017, su espressa indicazione di Marisa Aquino, sarebbero state installate dalla Stm due video camere nel parcheggio antistante l’ingresso dell’abitazione del magistrato a Cosenza. Due sono, inoltre le ipotesi di falso. Un capo di imputazione riguarda Facciolla e il maresciallo Greco. Dopo l’arresto di Antonio Spadafora il 9 gennaio 2018, nell’ambito dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Stige”, Facciolla e Greco avrebbero concordato la redazione di un’annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che lo stesso Greco, imputato nello stesso procedimento “Stige” per concorso esterno in associazione mafiosa, aveva acquisito «mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora», imputato anche lui nel processo “Stige”. Tale documento, però, per l’accusa, sarebbe «risultato materialmente falso» poiché reca la data del 31 dicembre 2017, giorno in cui Greco non risultava in servizio. Sulla base di accertamenti eseguiti sul computer di Greco, inoltre, «il file risultava generato il 15 dicembre 2018 e modificato l’ultima volta il 19 febbraio 2018». Risulterebbero false, inoltre, determinate attività compiute da Greco: un incontro in data 20 ottobre 2017 nella stazione di Cava di Melis con Antonio e Rosario Spadafora, quest’ultimo anche lui imputato nel processo “Stige”, «laddove in quella data l’ufficiale di polizia giudiziaria era risultato permanere per l’intera giornata nell’area urbana di Cosenza e intorno alle ore 20, nel comune di Rende». Falsa sarebbe anche l’informazione telefonica «ricevuta il 3 novembre 2017 da Antonio Spadafora circa un controllo eseguito dai carabinieri in località Russi, laddove la telefonata risultava essere stata fatta in realtà da Rosario Spadafora». Sempre secondo l’accusa, «il procuratore Facciolla suggeriva a Carmine Greco la redazione dell’atto e la sua retrodatazione e, a seguito della consegna avvenuta da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria nelle mani della segretaria in servizio nella Procura di Castrovillari, in epoca successiva e prossima al 19 febbraio 2018, non essendo stato apposto sul documento alcun timbro di avvenuta ricezione, ne approvava il contenuto dopo l’avvenuta lettura, provvedendo al suo inserimento all’interno del fascicolo di cui era contitolare, con provvedimento ‘visto agli atti d’ufficio’ che recava la data del 28 giugno 2018». Infine il carabiniere Nota, su istigazione del comandante Carmine Greco, nel protocollare la nota, datata 31 novembre 2017 firmata da Greco e indirizzata al procuratore Facciolla, avrebbe attestato falsamente al protocollo dell’ufficio di avere ricevuto l’atto nella data 31 novembre 2017 «quando in realtà l’atto risultava essere stato ultimato dall’effettivo estensore in data 19 febbraio 2018, avendo commesso il fatto al fine di garantire all’autore della nota contraffatta nella data l’impunità dal reato di falso ideologico».
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Franco Sammarco, Antonio Quintieri, Pasquale Vaccaro, Lucio Conte, Cesare Badolato, Antonio Zecca. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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