NICOTERA Il “ribaltamento” (traduzione italiana di “Maqlub”, parola che ha dato il nome all’operazione della Dda di Catanzaro) si è concretizzato il 18 luglio 2019, quando vennero arrestati gli aguzzini di una serie di imprenditori del Vibonese, tra cui Carmine Zappia.
Il “gigante buono”, gestore di un tabacchino nel in via Foschea a Nicotera, vittima di una fitta rete di usura ed estorsioni messa in atto dal potente clan Mancuso, aveva deciso di ribellarsi denunciando il fatto alle autorità.
Diversi sono stati gli arresti, ed ora sono arrivate anche le richieste da parte del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, nei confronti degli imputati che hanno richiesto di essere processati con rito abbreviato.
LE RICHIESTE Gli imputati ammessi al rito abbreviato sono in tutto sette. Per loro, l’accusa ha avanzato al gup distrettuale, Paola Ciriaco, richieste di condanna per un totale di 51 anni di carcere. La più alta quella nei confronti di Alfonso Cicerone, 46enne nipote del boss Antonio Mancuso. Per lui sono stati chiesti 12 anni di reclusione e 10mila euro di multa. Mancuso sarà invece giudicato con rito ordinario insieme a Francesco D ‘Ambrosio e Andrea Campisi, anche loro di Nicotera. Dieci anni sono stati chiesti per Rocco D ‘Amico, di Preitoni di Nicotera; nove anni e otto mila euro di multa per Salvatore Comerci di Nicotera; otto anni e otto mila euro di multa per Salvatore Gurzì, di Nicotera; quattro anni e mille euro di multa per gli ultimi tre imputati: Gabriele Gallone, di Nicotera Marina; Giovanni Iermito, di Comerconi di Nicotera e Francesco D ‘Aloi, di Preitoni di Nicotera.
Sospeso, invece, in attesa di una nuova perizia psichiatrica che dovrà attestare la capacità di intendere e di volere, il procedimento nei confronti di Giuseppe Cicerone, 89 anni di Nicotera. Nell’udienza preliminare c’è poi stata la costituzione dei danneggiati e contestuale ammissione nel processo come parti civili per il Comune di Nicotera, la Provincia di Vibo e la Regione Calabria. Esclusi invece i familiari dello stesso Zappia, su richiesta dell’avvocato Francesco Capria.
Le prossime udienze si terranno il 14 e 23 dicembre con le discussioni delle difese mentre la sentenza è prevista per il mese di gennaio 2021. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Capria, Antonio Barilaro, Giuseppe Di Renzo, Francesco Sabatino, Salvatore Campisi, Annamaria Modugno, Antonio Cosentino, Paride Scinica, Giuseppe Grande, Giuseppe Spinelli.
LA DENUNCIA E LA RIAPERTURA Quello di Zappia è stato un atto rivoluzionario in un territorio dove l’egemonia dei Mancuso è palpabile. La sua denuncia ha infatti rotto il muro di silenzio ed omertà che aveva sottomesso la totalità dei gestori di esercizi commerciali non solo sul territorio di Nicotera, ma in tutta la provincia di Vibo. L’inferno si era protratto da gennaio a marzo del 2018, periodo in cui gli odierni imputati avrebbero indotto la vittima ad accettare di estinguere un debito versando loro 15mila euro ogni tre mesi (importo che effettivamente Carmine Zappia versava nel gennaio 2018), somma poi ridotta a cinquemila euro ogni tre mesi (importo che la vittima versava ad Antonio Mancuso nel marzo 2018). Antonio Mancuso ed il nipote Alfonso Cicerone avrebbero inoltre prospettato alla vittima la possibilità di cedere loro l’intero negozio di arredamenti e la tabaccheria.
L’insurrezione contro l’”ordine costituito” era però costata cara allo stesso Zappia, in un primo momento emarginato dal resto della comunità e costretto, in un primo momento, a chiudere la sua attività. Questo fino allo scorso 4 settembre, quando la sua tabaccheria è tornata a vivere, anche grazie al sostegno dato all’imprenditore da una nutrita rappresentanza della società civile, dalle autorità e dall’associazione Libera.
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