La scomparsa della presidente Jole Santelli ha posto all’attenzione generale il dibattito sul ruolo delle donne in Calabria. Un argomento serio e da sempre trascurato, fatto salvo qualche raro tentativo di riportarlo alla ribalta. Invero, c’è stata anche la proposta di cambiare la regola elettorale, nel senso di introdurre la preferenza di genere, intesa a garantire una presenza paritaria nel massimo consesso regionale. L’insipienza e il catenaccio maschilista lo hanno impedito, con un grave danno della rappresentanza, cui dovrà dare immediata soluzione lo Stato esercitando in proposito il ruolo sostitutivo. In una, approvando la legge di modifica di quella elettorale esistente. L’unico modo per fare «giustizia» alle donne calabresi, ma soprattutto per riconoscere loro il grande impagato contributo che hanno reso a questa terra, sempre avara in tal senso.
UNA INIZIATIVA IMPROBABILE MA POLITICAMENTE APPREZZABILE
Pare, al riguardo, che il Consiglio regionale voglia tuttavia riparare all’incuria pregressa, il prossimo 10 novembre, approvando (finalmente) la proposta di legge “Sculco”. Una fissazione eccessivamente tardiva, che non si sa fino a che punto legittima nell’andare oltre la presa d’atto del decesso della Presidente e del conseguente auto-scioglimento del massimo consesso regionale.
UNA RICHIESTA DI GIUSTIZIA SOCIALE TUTTA AL FEMMINILE
La donna meridionale è stata vittima sacrificale di una società civile spesso ingannevole e non propriamente generosa nei suoi confronti. Lo è stata come figlia, come madre e nonna. Non solo. Come desiderosa di lavoro e di indipendenza. Fortunatamente la loro tenacia è servita, (non molto) spesso a diventare «qualcuna»: nella politica, nella Pubblica Amministrazione, nell’imprenditoria, nel giornalismo e nella cultura, teorica e praticata (quest’ultima molto diversa da quella semplicemente parlata perché garante di un buon livello qualitativo di concreta fruizione sociale). Ciò in linea con quanto sia stata, motu proprio, abbondantemente «qualcuna» nella famiglia e per la famiglia.
UNA MATRIARCA CON I FIOCCHI
Al di là della generosa amorevolezza che ha diffusamente destinato ai propri familiari, ha esercitato infatti un suo ruolo fondamentale e decisivo: quello della matriarca per necessità. Quell’essere riferimento reale dell’organizzazione familiare in luogo di quella apparentemente dominante del maschio patriarca.
Insomma, la donna di Calabria si è sempre contraddistinta per essere una capace matriarca, come del resto in quasi tutto il sud. In quanto tale, centro decisionale della famiglia, educativo della prole e delegato a gestire l’economia e a generare il patrimonio. Quest’ultimo favorito dall’iniziale acquisizione del «quartino» che prima non c’era. Ciò quale naturale seguito al suo impegno secolare di essere stata moglie e figlia della folla di immigrati che riempirono le Americhe. Quella emigrazione, cominciata nell’immediato dopo della prima guerra mondiale, che ha culturalizzato la formazione delle famiglie dei nonni/e di ieri e dei figli/e di oggi, che poi sono i padri/madri dei nostri figli/e.
PADRE E MADRE INSIEME
In buona sostanza, ella è stata per lunghi decenni padre e madre insieme, di frequente in stato di ingiusta vedovanza. Una mission spesso impossibile, ma strappata alle difficoltà anche insormontabili. Così facendo è divenuta una magistrale e inguaribile matriarca, autrice di quel graduale benessere che, per buona parte, ha vinto sulle povertà spesso assolute, di ieri.
Concludendo, a questa donna, formatasi manager familiare (e non solo) sul campo, la vita ha insegnato ad essere parte attiva della società economica e, pertanto, pronta ad assumere anche la guida della propria comunità. Quantomeno ad esercitare un ruolo attivo nelle istituzioni, specie di quelle deputate alla formazione delle regole, attraverso l’esercizio del potere legislativo.
UN CONSIGLIO REGIONALE (IL PROSSIMO) CHE CI SI AUGURA DIVISO A METÀ
Dunque, ben venga comunque la legge elettorale che consenta la presenza pressoché paritaria alle donne in Consiglio regionale, da parte di un Governo che così facendo dimostrerebbe di tenere (finalmente) alla Calabria.
Si verificherebbe, ad esito delle prossime elezioni regionali, che ci si augura molto prossime, l’inizio della fine di quel penoso percorso che ha generato la Calabria di oggi. Una regione senza diritti e senza neppure uno scopo, merita di ricominciare tutto da capo. E al meglio. Mettendo in sella un esercito di figlie di quelle matriarche alle quali è stato un gran peccato avere lesinato sino ad ora i centri decisori pubblici.
UN MEZZOGIORNO FEDERATO È L’IDEALE
Un augurio e un metodo insieme da fare proprio in tutto il Mezzogiorno, bisognoso delle stesse cure che occorrono alla Calabria per iniziare il suo percorso di rinascita ma anche per dare alle donne del sud quel protagonismo politico-istituzionale sino ad oggi negato. Un progetto che potrebbe essere lo scopo per federarlo.
*docente Unical
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