BOLOGNA Quarantuno condanne, le più alte a 20 anni per l’ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso e per Salvatore Grande Aracri, figlio del boss Francesco e nipote di Nicolino. Le ha pronunciate a Bologna, nell’aula bunker del carcere della Dozza, il gup Sandro Pecorella, concludendo in primo grado il processo in abbreviato sull’inchiesta di ‘Ndrangheta “Grimilde”, con al centro le infiltrazioni a Brescello (Reggio Emilia), unico comune emiliano-romagnolo sciolto per mafia. Per Caruso, ex FdI ed ex funzionario delle dogane, ruolo col quale avrebbe aiutato la cosca, è stata disposta una provvisionale da un milione per il Comune di Piacenza.
E’ stata dunque in larga parte accolta l’impostazione della pm della Dda Beatrice Ronchi, che aveva chiesto in tutto condanne per 264 anni di reclusione. Pene significative, tra l’altro, anche per Albino Caruso, fratello, di Giuseppe, 12 anni e 10 mesi, poi 11 anni per Domenico Spagnolo, Giuseppe Strangio, Claudio Bologna (11 anni, 8 mesi e 20 giorni), Giuseppe Lazzarini, Pascal Varano (11 anni, nove mesi e dieci giorni), Francesco Muto (11 anni, due mesi e 20 giorni). Condannati anche altri imputati già finiti al centro, con posizioni apicali, dell’inchiesta “Aemilia”: Alfonso Diletto, tre anni, otto mesi e 20 giorni, così come Nicolino Sarcone; 11 mesi è la condanna decisa in questo processo per il boss Nicolino Grande Aracri, mentre il fratello Francesco e l’altro figlio di questi, Paolo, erano stati rinviati a giudizio con processo che inizierà a dicembre a Reggio Emilia. Decisi anche risarcimenti per le parti civili: 500mila euro alla presidenza del Consiglio dei ministri, 2,3 milioni al ministero dei Trasporti e provvisionali fino a 200mila euro per la Regione Emilia-Romagna; 100mila euro per il Comune di Reggio Emilia, fino a 100mila euro per il Comune di Brescello; fino a 50mila euro per Libera; fino a 80mila euro per la Cgil Emilia-Romagna, la Camera del Lavoro di Reggio Emilia e di Piacenza, Cisl e Uil regionali. «Oggi è stata scritta una pagina importante nella storia di Brescello, il cui territorio, come accertato dalla sentenza, è stato teatro di una asfissiante infiltrazione ‘ndranghetista e di gravi delitti di matrice mafiosa. Il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, oltre che di una rilevante provvisionale (oltre 100.000 euro), costituisce un momento di profondo riscatto e di ristoro per i danni subiti da una comunità la cui immagine e identità è stata deturpata dalla presenza mafiosa», ha commentato l’avvocato Salvatore Tesoriero, difensore di parte civile per il Comune di Brescello.
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