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«L’arte di far politica “parolaia”»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 02/11/2020 – 10:20
«L’arte di far politica “parolaia”»

Cosa può spingere una persona ad impegnarsi in politica? È una curiosità che mi “accompagna” da tempo. Capisco che non è facile darsi una risposta; comprendo che ci sono politici capaci e altri che lo sono molto meno. Il problema è che purtroppo i meno bravi sono più numerosi. E questa è la causa di tutte le “storie”, molte delle quali pesano enormemente sulla gestione della cosa pubblica e sulla qualità della politica stessa, quella nobile, per intenderci.
La domanda sul perché la politica possa scuotere le persone fino a spingerle a candidarsi, a differenza di come diceva qualcuno, non nasce spontanea. Se venisse posta direttamente agli interessati o anche al “clan” di appartenenza, ci sentiremmo rispondere con disinvoltura che la candidatura è stata a lungo ponderata al termine di un “cammino” durato anni, durante il quale è stato possibile apprendere che la competizione per ottenere il posto in lista è dura, ma ripaga la militanza e soprattutto l’implicito sostegno dei concittadini. Insomma tutto è bene quel che finisce bene. Tanto l’obiettivo non cambia: ottenere un “posto al sole”!
Si parte quasi sempre consapevoli che l’elettorato prende tutto col beneficio dell’inventario comprese le promesse fatte in campagna elettorale che rischiano di rimanere tali. D’altronde gli osservatori concordano che ciascun aspirante politico è allettato soprattutto dagli introiti che la politica offre, a cominciare dagli emolumenti previsti per deputati e senatori per i quali, quando il mandato finisce, subentrano i famigerati “vitalizi”, cioè quel denaro mensile corrisposto agli ex parlamentari come premio per aver svolto un incarico pubblico in favore del popolo italiano. Può anche accadere di peggio ed è ciò che fa accostare la politica ad un grande specchio che riflette le immagini negative della rappresentanza, causa dell’appiattimento della fiducia.
Oggi si spendono complessivamente circa 1.740 miliardi di euro l’anno. In Calabria la spesa per la politica ammonta a 69 milioni e pone la regione al secondo posto della graduatoria nazionale. Diventa prima per quanto riguarda la spesa (5,8 milioni) per manifestazioni e convegni (i dati sono quelli dei primi undici mesi del 2014). Però i bilanci nazionali parlano di una Italia nella quale il peso della burocrazia può essere dieci volte di più in una regione rispetto un’altra. Da ciò il dubbio che col passare dei decenni può trasformarsi in realtà l’idea che la politica sia sempre una promessa mancata e che quel poco che c’è di buono in essa consista nella capacità di far apprezzare i pochi risultati positivi che talvolta riesce a regalare, ma che sono pur sempre inferiori rispetto alle promesse.
Ricordate quella scritta su un muro di Brescia? “Basta con i fatti, vogliamo promesse”. L’Italia si divise tra chi la giudicò come espressione dell’ipocrisia e chi come atto di cialtroneria. Sono trascorsi molti anni, forse venti o più, sembra che il tempo si sia fermato: si continua solo a parlare!
Si capisce anche da questo il perché ad ogni scadenza elettorale si apre la corsa sempre più partecipata di aspiranti «onorevoli a caccia – come ha scritto Antonio Ricchio su Gazzetta del Sud – di una nuova casa politica».
*giornalista

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