CATANZARO La “realpolitik” è capace di giustificare tutto, persino le contorsioni più eclatanti e il dire una cosa e il suo esatto contrario nel giro di poco tempo. Nelle prossime ore il governo a guida Pd-Movimento 5 Stelle-Articolo 1 (che esprime il ministro della Salute, Speranza) si accinge a varare il “nuovo” Decreto Calabria che è sintetizzabile nello slogan – forse abusato e però efficace – «fine commissariamento mai». Più che il Covid-19, e al netto delle indubbie criticità del comparto, l’impressione è che la sanità calabrese sarà commissariata per ragioni squisitamente politiche, intrecciate una all’altra. Insomma, raggiungere più obiettivi con un colpo solo: stop alla Regione – oggi a guida centrodestra e avviata a nuove elezioni – e conservazione di uno status quo necessario a non terremotare gli equilibri nazionali, in pratica l’alleanza tra centrosinistra e pentastellati, che sono stati i padri del primo Decreto Calabria sotto l’egida dell’allora ministra Giulia Grillo. E per questo, mentre il M5S resta silente per non fare autogol, avallando il “nuovo” Decreto Calabria sia il Pd sia Articolo 1, oggi forza di governo con il M5S dopo esserne stati fieri oppositori anche sul tema della sanità, finiscono con il dire (e il fare) il contrario di quello che hanno detto fino a qualche mese fa. Basta scorrere i siti per ricordarsi delle prese di posizione di importanti esponenti democrat per i quali andava assolutamente superato non solo il Decreto Calabria ma un commissariamento che in dieci anni è stato solo fallimentare producendo la caduta verticale dei Lea e lo “sprofondo rosso” dei bilanci aziendali. Per non parlare di Articolo 1, che a luglio del 2019, a distanza di pochi mesi dal varo del primo Decreto Calabria ad opera dei pentastellati alleati alla Lega, a Lamezia Terme tenne, con il suo “stato maggiore” regionale, una conferenza stampa per presentare una proposta di legge che intendeva istituire una commissione parlamentare d’inchiesta su tutte le ombre, passate e presenti, della sanità calabrese: in quell’occasione, i compagni di partito di Speranza dissero che era necessario «dare dignità alla Calabria non attraverso i commissari ma attraverso lo stimolo alla costruzione di un nuovo modello sanitario». Ma il modello sanitario, evidentemente, è rimasto quello di un commissariamento ancora più spinto di quello del passato, giustificato con una motivazione alquanto singolare: «Visto che finora la tutela governativa non ha funzionato, invece di eliminarla la confermiamo e addirittura la potenziamo». Il tutto (anche) per non urtare la suscettibilità dei grillini, anche se – va ricordato – lo scorso agosto, a margine di un incontro a Lamezia con un gruppo di associazioni calabresi convenute sotto la sigla “Comunità Competente”, il viceministro alla sanità Sileri, del M5S, ai giornalisti che chiedevano se il commissariamento calabrese si stava avviando verso la fine, rispose che «tutto è possibile». Ma di mezzo c’è sempre la “realpolitik”, quella che rende la memoria molto corta e rende impossibile il possibile, a seconda di come conviene. (a.c.)
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