«Lunedì chiudono i barbieri e apre Ronchey». Cito a memoria l’attacco di un celebre corsivo di “Fortebraccio” che quotidianamente deliziava i lettori de l’Unità. Perché i barbieri e perché Ronchey? La prima parte rimanda a una leggenda fiorentina che dà origine alla chiusura dei saloni il primo giorno della settimana. Era l’estate del 1742, in una placida giornata di giugno in via San Cristofano, nei pressi di Santa Croce in Firenze, viene ritrovato un cadavere. Racconta Cristina La Bella: «Si tratta di una donna di nome Mariuccia, una prostituta molto nota in città. La comunità è sconvolta, subito la polizia comincia ad indagare, nel tentativo appunto di capire chi sia l’assassino della donna sgozzata. Le ricerche da parte dei Birri, così venivano chiamati prima a Firenze i poliziotti, cominciano dai banchi dei pegni con la speranza che il responsabile di quel brutale delitto si sia recato lì per disfarsi di qualche prova. Quell’intuizione si rivela geniale: dopo qualche giorno, infatti, in uno dei banchi viene ritrovato il vestito indossato dalla donna nella notte nella quale è stata brutalmente uccisa.
Alberto Ronchey è stato un grandissimo giornalista, editorialista del Corriere della Sera e della Repubblica. Era repubblicano e, come tale, era preso in giro da Fortebraccio (al secolo Mario Melloni, ex deputato democristiano). Un ricordo che si adatta ai calabresi di oggi, cornuti e mazziati dal governo nazionale e da quello regionale. Questa è la condizione che hanno vissuto i conterranei aspettando il DPCM che ha pensato di mettere in zona rossa la regione che ha i più bassi contagi rispetto alle altre. Un paradosso tipicamente italiano, così com’era paradossale la prosa di Fortebraccio.
x
x