LAMEZIA TERME «La richiesta di Concordato Continuativo presentata al tribunale di Roma lo scorso venerdì 30 ottobre della Abramo Customer Care, è il triste epilogo di una storia imprenditoriale che trascina nel baratro 4mila incolpevoli lavoratori in tutt’Italia, dei quali oltre 3mila solo in Calabria. Una crescita vertiginosa, che iniziava con la nascita della DATEL il 2 febbraio 1998, proseguiva con le successive stabilizzazioni dei CoCoCo avvenute in seguito alla Circolare Damiano del 14 giugno 2006 ed infine anche con l’acquisizione della ex Infocontact, che ha portato la Abramo CC a fine anno 2018, ad essere uno dei player principali nel panorama Italiano dei contact center in outsourcing, con sedi anche all’estero (Albania, Brasile, Germania, Romania)». È quanto scrivono in una nota le segreterie regionali di Slc-Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.
«Ad inizio 2019 – si legge – le mutate condizioni di mercato, insieme ad una legislazione meno permissiva nell’utilizzo del lavoro precario di cui si era abbondantemente fatto uso e abuso in azienda, hanno determinato una pesante riduzione dei margini che hanno reso insostenibili i costi di struttura e deteriorato lentamente la capacità economica dell’azienda di onorare alla normale scadenza il pagamento degli stipendi ai propri dipendenti, mettendo a nudo tutte le debolezze della proprietà (unico azionista), che si è da subito dimostrata inadeguata a sostenere finanziariamente un’azienda con crisi di liquidità, che aveva assunto dimensioni troppo grandi per le sue capacità economiche».
«Come SLC-CGIL FISTel CISL e UILCom UIL, già da marzo 2019 – scrivono ancora – quando ricordiamo sono stati lasciati a casa senza rinnovo del contratto, oltre 700 lavoratori precari, avevamo ben compreso la debolezza strutturale della società che non riusciva più a mantenere in equilibrio il conto economico, e avevamo indicato come unica soluzione il rafforzamento del controllo societario da realizzare con l’ingresso di nuovi investitori, capaci di ricapitalizzare l’azienda e fornire le risorse economiche necessarie per la sua completa riorganizzazione e rilancio. Purtroppo non siamo stati ascoltati e la proprietà ha continuato a navigare a vista, pensando di risolvere i gravi problemi economici con alchimie finanziarie e spostando periodicamente sempre più in avanti il pagamento degli stipendi, scaricando così il prezzo della propria incapacità su tutti i suoi dipendenti, che sono stati gli artefici delle sue passate fortune economiche ed imprenditoriali».
«La presentazione del concordato – scrivono i tre sindacati – rappresenta l’estrema conseguenza di un atteggiamento dispotico ed incomprensibile di un imprenditore che non riesce a farsi da parte per consentire alla sua creatura di sopravvivere. Il piano industriale predisposto dal nuovo management e presentato lo scorso 28 settembre, poggiava le sue basi sull’ingresso di nuovi capitali che erano pronti ad intervenire, ma l’ennesima indisponibilità a cedere il controllo della società, ha determinato la fuga degli investitori e con essa il tramonto di ogni possibilità di risolvere la crisi aziendale in maniera non traumatica per i lavoratori. La richiesta di concordato ormai è già stata presentata e questo di per sé ha già comportato danni economici pesantissimi per i lavoratori, tuttavia si è ancora nelle condizioni di poter garantire la continuità occupazionale evitando il fallimento e tutelando i lavoratori in eventuali cambi di appalto, attraverso le strumento delle clausole sociali».
«La macchina operativa dell’azienda Abramo è considerata ancora oggi dagli operatori del settore, in grado di produrre utili grazie alla indiscussa professionalità delle sue maestranze. Inoltre – concludono – anche i tanti committenti che nell’ultimo periodo hanno ridotto i volumi a causa dell’alto rischio connesso alla loro responsabilità solidale, sicuramente sono pronti a rivedere il loro atteggiamento cautelativo degli ultimi 2 anni. Ci risulta che sono tanti i soggetti interessati a rilevare e dare continuità agli asset produttivi della Abramo Customer Care, vogliamo sperare che chi deve decidere decida in fretta, e soprattutto decida nell’interesse dei lavoratori mettendo da parte per una volta il proprio egocentrismo».
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