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La vigilia della “chiusura” nelle città calabresi. «Paghiamo le altrui mancanze»

La vita scorre sul corso di Catanzaro, mentre gli esercenti intravedono in questa “zona rossa” «il colpo definitivo» per le loro attività. Dai social alle piazze, Reggio organizza una protesta paci…

Pubblicato il: 05/11/2020 – 12:47
La vigilia della “chiusura” nelle città calabresi. «Paghiamo le altrui mancanze»

CATANZARO La Calabria si appresta a vivere una tormentata vigilia prima di diventare “zona rossa”. In attesa si appurare le cause, ovvero gli indici che hanno indotto il governo ad optare per questa strada, gran parte della popolazione insorge al grido: «Non tutti possono e devono pagare i problemi e le carenze del sistema sanitario regionale». Sale la preoccupazione, ma anche voglia di far sentire in qualche modo la propria voce, tra le categorie del commercio e dei servizi. Da Catanzaro a Reggio, fino a Cosenza, senza escludere le altre città grandi e piccole della regione, è palpabile la delusione per una decisione che molti non hanno accettato e che aggiunge ulteriore incertezza.
Oggi è il giorno della tempesta che dovrebbe precedere la quiete, ma questa volta nessun epilogo sarà scontato.
UN COLPO DI GRAZIA PER I NEGOZI Siamo nel capoluogo. Solito traffico di auto, file davanti agli sportelli delle banche e delle Poste centrali e normale via vai mattutino. «Cosa è stato fatto – dice il titolare di un negozio di abbigliamento di corso Mazzini, il “salotto buono” di Catanzaro – da quelli che avrebbero dovuto occuparsene per dotare le strutture ospedaliere dei posti, letto della strumentazione e del personale. Questa chiusura rappresenterà per noi il colpo definitivo». «Si parla, si parla – concorda un avventore, ma di concreto però, non è stato fatto nulla». Preoccupazioni che non diminuiscono alla cassa di una bar-ristorante poco lontano dove fa bella mostra di sé il menu del giorno. «Per oggi siamo aperti regolarmente – dice la cassiera – ma da domani si potrà lavorare solo con l’asporto. Certo con la chiusura di molti uffici e il ritorno massiccio allo smartworking, non c’è tanto da ben sperare».

A qualche centinaio di metri, sulle panchine del giardinetti, c’è il solito crocicchio di pensionati. «E’ una vergogna – dice uno di loro più accalorato che ottiene il consenso degli altri – siamo stati trattati allo stesso modo di regione del Paese dove i contagi sono alle stelle. E non è giusto per la nostra debole economia».
Situazioni che si ripetono anche a Reggio Calabria, dove la rabbia si coglie sui social e c’è chi sta pensando di manifestare pubblicamente la propria contrarietà, e a Cosenza divisa tra chi mostra amarezza per la nuova chiusura e chi ammette la difficoltà del settore sanitario.
DAI SOCIAL ALLA PIAZZA, REGGIO SI MOBILITA Reggio Calabria non ci sta ad essere chiusa. Dopo il lockdown in Calabria annunciato ieri dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è partito un passaparola sui social. In molti stanno rilanciando l’appello pubblicato questa mattina per dar vita ad un sit-in civico alle 18.30 di stasera davanti alla Prefettura. Un’adunata spontanea che partirà da piazza De Nava e con una marcia pacifica si dirigerà verso la Prefettura. «Una adunata che vuole essere – spiegano gli organizzatori – una protesta ferma contro la zona rossa ordinata dal presidente Conte in Calabria senza che ce ne fosse assolutamente bisogno». Non sarà una manifestazione politica. «I politici di qualunque schieramento sono pregati di astenersi o, se vorranno esserci, di partecipare da semplici cittadini».
E sulla scelta di inserire la Calabria tra le zone rosse, interviene il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. Nel corso di una diretta Facebook, poco dopo la conferenza stampa di Conte, Falcomatà ha fortemente stigmatizzato la decisione del Governo. «La Calabria – ha detto – viene chiusa non per l’alto numero di contagi tra la popolazione o per l’indice “RconT”, ma per uno scarso livello di ospedalizzazione. Saremo chiusi perché dovevano essere fatte delle cose che non sono state fatte e andavano fatte, ancor di più negli ultimi mesi. Se fosse stato realizzato il Centro Covid regionale, probabilmente, oggi, non avremmo parlato di queste cose. Non si è discusso su come realizzarlo, ma dove realizzarlo, ed intanto si negavano nuove assunzioni di personale nella sanità. Il piano assunzione del Gom è stato bocciato; non sono stati aumentati, come era previsto, i posti di terapia intensiva e quelli di terapia semi intensiva».
Falcomatà si è detto preoccupato, definendo contraddittoria la risposta del Governo, che mentre, da una parte ha istituito la zona rossa, dall’altra ha confermato il Decreto Calabria, con il commissariamento della sanità, “la grande assente di questa partita: assente dai tavoli istituzionali e da qualsiasi altro confronto». «Il Governo ha messo all’angolo la nostra regione, ha messo in ginocchio la nostra città – ha detto ancora Falcomatà esprimendo preoccupazione per i commercianti, gli imprenditori, i negozianti ed i cittadini – chiediamo ora priorità nel sostegno economico. Date i soldi ai Sindaci. Vogliamo essere protagonisti. Lo abbiamo già fatto, con i buoni spesa, con velocità e trasparenza».
Per il 6 novembre, alle 10, in seduta straordinaria e urgente, è stato convocato il Consiglio comunale della città, con all’ordine del giorno un unico punto: Emergenza Covid-19.

Corso Mazzini a Cosenza

«ZONA ROSSA FRUTTO DI MOTIVAZIONI POLITICHE» Cittadini divisi a Cosenza sul nuovo Dpcm in vigore dalla mezzanotte di oggi che istituisce in Calabria la zona rossa. Da un lato i cittadini che ritengono opportuno il provvedimento, considerato il sistema sanitario regionale duramente compromesso da anni di cattiva gestione e che non riuscirebbe a garantire l’assistenza adeguata in caso di aumento di ricoveri in ospedale per Covid 19; dall’altro le critiche soprattutto degli operatori dei settori produttivi e del commercio per il conseguente e inevitabile danno economico che queste disposizioni creeranno sul tessuto sociale. «Chiudere tutto – ha dichiarato il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto – è la cosa più semplice per affrontare l’emergenza, ma non la soluzione del problema. Adesso la Calabria diventa anche zona rossa, ma è una grave ingiustizia per i calabresi».
«Sembra più un provvedimento frutto di motivazioni politiche e punitive – ha aggiunto Occhiuto – che non di oggettive misure precauzionali. Ma per colpa di chi poi? Se a gestire la sanità calabrese negli ultimi 10 anni sono stati i governi nazionali? Il dato vero è che in Calabria si governerà pure male, ma a Roma peggio che peggio. Il centralismo statale non aiuta per nulla, neanche per le forniture di banchi per le scuole (che ancora non sono tutti arrivati mentre le scuole richiudono) o per la semplice fornitura di dispositivi di protezione (che non sono a disposizione in misura sufficiente neanche nei reparti Covid)».
«Non basta chiudere – ha sostento ancora il sindaco di Cosenza – e starsene semplicemente in attesa che la diffusione del virus si arresti. Non può essere questa la politica di un governo. Occorre innanzitutto adottare misure sanitarie che possano efficacemente limitare e quasi annullare gli effetti negativi del contagio, e tra la prima e la seconda ondata di diffusione del virus è stato fatto poco o nulla»
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