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«Cotticelli s'è immolato "a sua insaputa"»

di Romano Pitaro*

Pubblicato il: 07/11/2020 – 15:34
«Cotticelli s'è immolato "a sua insaputa"»

“Mariaaa, la chiaveee!”. L’urlo geniale di Benigni può essere la chiave più congeniale per interpretare (se è interpretabile) l’episodio, virale sui social e destinato a sicuro successo cinematografico, della clamorosa richiesta di documenti che il Commissario della sanità calabrese generale Saverio Cotticelli (intervistato dal bravo Walter Molino per ‘Titolo Quinto’) rivolge, con disinvoltura magna e con l’entrata funambolica in scena di un usciere (chi pensava si fossero estinti si ricreda), a una certa ‘Maria’. L’accostamento delle due Marie e dei due contesti non è improvvido, visto che le due donne arrecano, alla stregua (si fa per dire) della Vergine Maria, il soccorso anelato (la chiave l’una e il documento – galeotto l’altra) e ambedue gli episodi sono incastonati in tornanti storici drammatici: il lager nazista e l’Olocausto il primo la brutta bestia del Covid-19 il secondo. Soltanto che ne “La vita è bella” Guido Orefice (Benigni) non demorde dall’inserire sprazzi di favola (di felicità) in situazioni drammatiche; mentre nel ‘film’ acremente realistico che potrebbe intitolarsi ‘Il Commissario, Maria e l’uscire’, al contrario, la richiesta a Maria del parere cartaceo del Ministero della Salute che ingiunge (vox clamantis in deserto) al Commissario di predisporre il Piano anti Covid-19, si inserisce una comicità sconfortante. Tutto tranne che un inno alla vita.
Semmai, la dimostrazione che la mediocrità può lambire vette inimmaginabili, fino a volgersi in tragedia se non soccorressero secchiate di pura comicità. In quella levità del Commissario con cui ammanta la sua confessata omissione (“Non ho fatto il Piano anti Covid-19”) per cui la bella Calabria ha avuto in premio la ‘zona rossa’; nella battuta fuori campo dell’ineffabile Maria che raccomanda (decisamente inascoltata) al Commissario di ‘andare preparato’ (s’intende: agli incontri con i giornalisti), e dal profferire alquanto seccato dell’uscire che porta le carte al cospetto della telecamera, c’è la sciatteria, il sentirsi come nel tinello di casa propria con la moglie che sgrida il marito scansafatiche e, insomma (cedendo un filo alla seriosità): il nulla di cui spesso è pieno quella forma di potere legittimato non dai risultati conseguiti, ma dall’investitura dall’alto che lo rende recalcitrante al controllo democratico. La scenetta del Commissario, Maria e l’usciere è la rappresentazione lampante di una regione che da dieci anni ha la sanità in mano all’incompetenza più becera del mondo nell’indifferenza dello Stato. Che guarda alla Calabria come a una colonia e cosi la tratta. Ed è già pronto a sostituire Cotticelli con un altro Cotticelli.
Non si avrà neppure un cenno di difesa dell’uomo che s’è immolato probabilmente ‘a sua insaputa’, perché significherebbe fare autocritica: quella fatica di pensiero che arricchisce la politica ma che non usa più. Cotticelli è (senza attenuarne la responsabilità) il capro espiatorio che fa comodo. Non ha eseguito l’ordine tassativo impartitogli dal Governo per la messa a punto del Piano anti Covid19, ma in tutti questi mesi, dinanzi a questo macroscopico inadempimento, al Ministero asciugavano gli scogli? Il Commissario, Maria e l’usciere finiranno dritti in uno sketch di Albanese o di Zalone che acuirà il pregiudizio anticalabrese, ma l’inerzia dei dirigenti del Ministero che non hanno tirato per tempo le orecchie al Generale e al dunque, benché la Calabria sia tra le più affrancate dal virus, per togliersi dall’imbarazzo l’hanno cacciata tra le regioni canaglia, metterà alla berlina l’Italia. E forse, per la Calabria si avrà uno spiraglio di luce. Dove non hanno potuto le spallate di più Presidenti di Regione per abbattere il commissariamento della sanità e le critiche fioccate da anni contro questo Viceré, potrà l’ironia. Mah!
*giornalista

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