di Pablo Petrasso
LAMEZIA TERME Nell’attesa che il generale Cotticelli indaghi «insieme a un medico» per scoprire chi ci fosse davanti alle telecamere di “Titolo V” (spoiler: c’era proprio Saverio Cotticelli), la Calabria cerca di riprendersi dalla serata di avanspettacolo trash offerta a “Non è l’Arena” e accostata senza rossore alla parola “giornalismo”.
Sarebbe stato facilissimo ricostruire le responsabilità per la mancata attuazione del piano Covid. Anche perché erano già emerse dallo scontro al Tavolo Adduce di ottobre, abbondantemente raccontato dalle cronache e dallo stesso Cotticelli. (Al riguardo, altissimo momento d’inchiesta quando Giletti ha ricordato con fare da 007 che lo scontro gli sarebbe stato raccontato «da un informatore»)
Al di là dell’imbarazzo provato più o meno da tutti i calabresi, ci sono le carte. Che, almeno, riescono a fissare i paletti di una vicenda in cui di misterioso c’è ben poco, se non la ragione per cui il ministero della Salute abbia lasciato Cotticelli al proprio posto per un mese dopo averne sconfessato l’operato nel tavolo di verifica. Il generale ha evocato, senza fare nomi, anche entità le cui azioni hanno fatto danni inenarrabili alla Calabria: ‘ndrangheta e massoneria. Resta da capire quali siano le loro responsabilità nella mancata attuazione del Piano Covid. In attesa della prossima trasmissione, proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Partiamo dallo stralcio di un documento firmato dal direttore generale della Programmazione sanitaria Andrea Urbani, già subcommissario al Piano di rientro per la Calabria. Ecco quello che scrive: «Si comunica, di concerto con il ministero dell’Economia e Finanze, quanto segue. Nelle regioni sottoposte a Piano di rientro e commissariate, il potere-dovere di predisporre e adottare il Programma operativo Covid-19, compete esclusivamente alla struttura commissariale, rientrando negli “atti organizzativi e gestionali” che la normativa richiamata riserva in via esclusiva al commissario ad acta designato. Si invita la struttura commissariale a trasmettere con ogni sollecitudine il Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19». Non lo dice la Spectre globale che ha sdoppiato Cotticelli ma il ministero della Salute. Che non avrà l’autorevolezza dell’«informatore» di Giletti ma ha qualche voce in capitolo sulla questione.
Che non potessero esserci dubbi sulle competenze riferite al Piano Covid lo confermano, una volta in più, i documenti. Non ci sono misteri sulla programmazione: il decreto che la predispone porta la data del 18 giugno 2020 e le firme di Saverio Cotticelli e del sub commissario Maria Crocco. Il via libera del ministero della Salute risale al 3 luglio scorso ed è stato firmato dal dg Urbani e approva il Piano, raccomandando di motivare «il costo degli interventi suddiviso per lavori e/o attrezzature e motivare il parametro metri quadri/posti letto (…) atteso che alcuni valori parametrici sono elevati». Tappa successiva: il 22 luglio, quando l’approvazione viene notificata a Cotticelli, al direttore generale del dipartimenti Tutela della Salute Francesco Bevere e, per conoscenza, al commissario nazionale per l’emergenza Covid Domenico Arcuri.
Il Piano c’era ma non è stato attuato dalla struttura commissariale. Evocare complotti (nello show non li ha tirati in ballo Cotticelli quanto altri “interpreti” della commedia), non servirà a nulla.
Così come non servirà continuare a comunicare puntando sul “non detto”. Anche il neo commissario Giuseppe Zuccatelli lo ha fatto, questa mattina, in un’intervista al Resto del Carlino. Il manager cerca ancora di giustificarsi dopo aver detto che «le mascherine non servono a un c…» in un incontro con il Collettivo Fem.in di Cosenza risalente al 27 maggio, quando i morti per la pandemia in Italia, erano migliaia. Dopo aver tentato (senza riuscirci) di retrodatare il faccia a faccia, Zuccatelli dice al giornale: «Se le dicessi chi ha messo in giro quel video, capirebbe le difficoltà di lavorare in questo contesto», «l’ho detto al ministro Speranza e all’amico ferrarese Dario Franceschini. Mi hanno detto di stare tranquillo, il clamore mediatico sparisce e il buon lavoro resta».
Poi dice ancora che «non si trattava di un’intervista ma di una conversazione privata». E Fem.in lo smentisce unì’altra volta. Il video è stato girato da una di loro nel corso di un incontro avvenuto nella sede Asp di Cosenza, quando Zuccatelli era commissario dell’Azienda sanitaria provinciale, per chiedere la riapertura dei poliambulatori proprio dopo il lockdown e sarebbe stato realizzato con il consenso dello stesso commissario. «Tant’è che le riprese – scrivono le attiviste – sono evidentemente ravvicinate e ben centrate sul volto di Zuccatelli. Il tavolo non era affatto un’interlocuzione privata».
Le vicende di questi giorni ci insegnano che in Calabria le entità inquietanti sono molte. Oltre alla massoneria e la ‘ndrangheta è apparsa una Spectre che se la prende con i commissari. Ed è vero: in questa regione c’è di tutto, si intravede davanti alle telecamere anche un partito di (nuovi) cialtroni che vorrebbe prendere il posto dei vecchi (sempre cialtroni). Non manca nulla: solo un pizzico di vergogna. (p.petrasso@corrierecal.it)
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