Il presidente facente funzione della Regione Calabria, Nino Spirlì “colpisce” ancora. Avvolto nella sua mantellina nera, quasi fosse un “taled”, firma un ricorso al Tar del Lazio perché revochi la decisione del Governo che include la Calabria nella “zona rossa” per contrastare la pandemia da “Covid 19”. Il Tribunale amministrativo ha rigettato, com’era prevedibile, la richiesta!
Nel rimpallo delle responsabilità il presidente Spirlì chiama in causa anche il Governo perché ha commissariato la Sanità pubblica in Calabria per altri tre anni dopo i dieci già trascorsi, durante i quali la nostra regione non ha fatto neppure un passo in avanti in materia di salute pubblica. A sedere sulla poltrona di comando della sanità si sono alternati nell’ordine un ingegnere e due generali dei carabinieri. L’ultimo, travolto dallo scandalo seguito alla sua intervista a Titolo V, ha levato le tende prima del tempo cedendo il passo a neo commissario Zuccatelli. Ad essi era stato demandato il compito di rafforzare strutturalmente il servizio sanitario calabrese soprattutto in ambito ospedaliero; di fronteggiare adeguatamente le emorragie pandemiche (Covid 19 incluso) e di garantire l’incremento di attività in regime di ricovero in terapia intensiva oltre che nelle aree di assistenza ad alta intensità e cure. Tra i compiti assegnati al “Commissario” erano attribuite anche «attività di gestione tecnico-amministrative; funzioni di programmazione sanitaria e socio-sanitaria».
Spirlì prende tutto come il verbo e preannuncia di dare battaglia per la difesa del diritto dei calabresi alla salute. E fa bene! Così come dice il vero quando, citando una “protesta epistolare” della presidente Santelli, ricorda che la Calabria strumentalmente va avanti per una strada che inevitabilmente porterà ad una nuova e pesante emigrazione sanitaria se dovessero continuare ad essere bloccate le radioterapie a causa del badget sanitario che costringe i calabresi a doversi recare fuori regione per le terapie salvavita.
Spirlì, però, non dice chi ha trasmesso al ministero della Salute i dati della pandemia da Covid 19 sulla Calabria che hanno determinato l’ingresso in zona rossa, ignorando che fosse una competenza del Commissario, a proposito del quale va sottolineata la singolarità del contenuto di una intervista televisiva fatta da “Titolo Quinto” su Rai 3. Il commissario Cotticelli, generale dei carabinieri in pensione, tenta di accreditare la tesi che le notizie afferenti al Piano Covid fossero di esclusiva pertinenza del Presidente della Giunta Regionale. Incalzato dalle domande, però, ha dovuto ammettere, dopo aver letto il dispositivo del Governo, che il piano lo avrebbe dovuto approntare proprio lui. “La prossima settimana – ha aggiunto – sarà presentato. E conclude con un laconico «capisco che domani sarò sollevato dall’incarico». Prima di congedarsi dal giornalista Cotticelli chiede ad un impiegato quanti fossero i posti letto attivati negli ospedali. La risposta: «Che ne so, io faccio un altro mestiere, io sono l’usciere!». Un’intervista pesantissima che come dicevamo ha portato alle dimissioni dello stesso Cotticelli e alla sua immediata sostituzione.
Ma ritorniamo a Nino Spirlì. Non crede il presidente facente funzione che sarebbe il caso di adire la Corte dei Conti per il recupero del denaro speso per pagare gli emolumenti a Cotticelli e per il danno da lui provocato alla Calabria per non aver provveduto a redigere il “Piano Covid”? Rimane inoltre a Spirlì di chiarire il motivo che, nonostante martedì sia prevista una seduta del Consiglio Regionale per la presa d’atto del “congedo” dell’Assemblea, (Lo Statuto prevede che in caso di morte del Presidente – Jole Santelli è deceduta il 15 ottobre – i consiglieri decadono e dovranno essere indette nuove elezioni) li ha spinti ad assegnare, in tutta fretta, incarichi retribuiti agli amici e anche agli amici degli amici. Anche Spirlì ha nominato nell’ufficio di gabinetto di cui è responsabile un assessore del comune di Cardinale, manco a dirlo militante della Lega e, qualche giorno prima, aveva assunto nella sua “struttura” altre sette persone, tutte ovviamente in odore di Lega. Come dire: il lupo perde il pelo ma non il vizio!
Anche il Presidente del Consiglio regionale Tallini si dice che abbia fatto incetta di nomine, così come alcuni consiglieri regionali, che non si sono fatti sfuggire l’occasione per mettere dentro le strutture diversi “amici” e assicurarsi “benevolenza”. Non mancano, come sempre, gli “amici degli amici” che in Calabria sono sempre disponibili ad appoggiare, quando c’è bisogno, chi ha avuto la “sensibilità” di “ricordarsi” di loro.
Tutto questo è accaduto mentre sul Corso di Reggio Calabria cittadini, commercianti, commessi di negozi, proprietari di bar, operai, lavoratori precari manifestavano contro la “zona rossa” assegnata alla Calabria e che costringerà tanti esercenti a chiudere per un periodo imprevedibile.
Pazienza i calabresi dimostrano da tempo di averne tanta rimanendo inermi difronte allo scempio di come si gestisce la politica. Ciò che è accaduto nel Consiglio Regionale nei giorni scorsi è l’esempio tangibile di come s’intende un programma elettorale e della considerazione che si ha degli elettori; ma anche di cosa sono capaci i nostri rappresentanti; di come intendono accaparrarsi il sostegno elettorale. La ricerca del consenso è legittima, ma con altri sistemi. Si fa con politiche serie che contemplano processi di sviluppo per il territorio e per la popolazione, non certamente con la clientela becera fatta sulla pelle della collettività con l’unico obiettivo di garantirsi un ritorno personale. Calabresi svegliamoci!
*giornalista
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