di Michele Presta
COSENZA Da eroi a cavalieri senza armatura. Sta tutta qui la parabola degli operatori sanitari impegnati in prima linea, fin dall’inizio, nella lotta contro il coronavirus. Certo è che nessuno di loro si aspettava di arrivare ad armi impari dopo mesi di lotta e di studio in questa seconda ondata pandemica. All’Annunziata di Cosenza la sequela delle ambulanze in ingresso nell’area del pronto soccorso è un’immagine a cui tutti sembrano essere assuefatti. In pochi giorni sono raddoppiati i pazienti che sostano in condizioni ai limiti dell’umano (qui le testimonianze) in attesa di ricevere cure e visite. E’ per questo che gli operatori sanitari hanno deciso di incrociare qualche ora le braccia e tentare di ottenere un incontro con il commissario dell’Ao, Giuseppina Panizzoli, per palesare non solo il dissenso circa le strategie di management sanitario ma anche di tipo organizzativo. La carenza di personale medico e paramedico in tutti i reparti dell’ospedale civile di Cosenza è una sacca di inefficienza che la struttura si trascina da anni in cui pur di rientrare dal debito sanitario si sono preferiti i tagli agli investimenti. «Nel pronto soccorso di Cosenza la carenza di personale medico e paramedico c’è da prima che scoppiasse l’emergenza Covid – spiega la dottoressa Federica Messineo -. Da soli non ce la facciamo più a fronteggiare l’emergenza». La voce squillante del camice bianco spicca tra i tanti che hanno preso d’assalto lo spiazzale dove ha sede l’azienda ospedaliera. In quell’angolo di città così lontano dalle sirene delle ambulanze che arrivano in pronto soccorso si decidono le sorti di chi sta in corsia e di riflesso di chi in modo disperato arriva e necessita soccorso. «L’ospedale ha reparti vuoti – aggiunge – non riusciamo a capire perché non vengano utilizzati per far attendere i pazienti malati da Covid e che hanno bisogno di un ricovero. Per la dottoressa Panizzoli siamo gli unici a far fronte al problema e questo è inconcepibile».
L’ELEVATO RISCHIO INFEZIONE L’impreparazione con cui si sta affrontando l’emergenza in questo mese non è paragonabile con quella in cui si è affrontato lo stesso problema il mese di marzo. Il fattore sorpresa era evitabile e il crescente numero di positivi a fronte delle migliaia di tamponi in più che vengono eseguiti non può essere un alibi. Mancano le condizioni di base. «Non sono state prese le dovute precauzioni – aggiunge la dottoressa Messineo – non è stato predisposto nulla che fosse all’altezza della situazione. Il rischio di infezione anche tra noi operatori è altissimo perché c’è una promiscuità all’interno del pronto soccorso che è inimmaginabile. Non ci sono i percorsi covid, l’emergenza è come un’onda di tsunami. C’è bisogno di utilizzare gli spazzi che abbiamo a disposizione e renderli operativi con del personale medico. E se non sono sufficienti trovarne di altri». Sono parole che incontrano il parere favorevole di chi non solo lavora in ambiente sanitario ma anche di chi assiste in maniera inesorabile, rispettando le poche e semplici regole per evitare il contagio e di conseguenza alleggerire il lavoro dei medici anche perché il peggioramento progressivo della situazione altro non porterà che arrivare al fatidico giorno in cui i medici saranno chiamati a scegliere chi salvare o meno. «Se succederà non sarà per i contagi. Noi non abbiamo i numeri della Lombardia, senza armi la guerra non si può combattere».
IL PRONTO SOCCORSO AL COLLASSO Barelle, pazienti, medici, personale spostato come soprammobili. Il caos che si vive nelle strutture ospedaliere è rappresentato anche da Luigi Nardi, sindacalista del Sul. «Se il pronto soccorso è allo stremo è perché i reparti di malattie infettive, pneumologia e obi geriatrico sono piene. I malati Covid, hanno bisogno di assistenza particolare il personale sanitario dedicato all’emergenza urgenza non può essere dedicato a questo tipo di cure, non si tratta di malati che possono stazionare nel reparto in attesa che si liberi un posto». Il confronto con il managment sanitario rimane ai minimi storici. «La Panizzoli ci dice di essere impegnata nell’emergenza ma noi conosciamo meglio di lei gli effetti e le problematiche. C’è bisogno di impegnare i reparti che in questo momento sono vuoti e cooptare personale in attesa di nuove assunzioni nei reparti dove si lavora di meno, non possiamo cooptare personale dal reparto di oncologia». (m.presta@corrierecal.it)
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