Il primario cosentino che curò il "paziente 1": «Malati più giovani nella seconda ondata»

PAVIA Per tutti, il primario cosentino Raffaele Bruno è il medico che curato il “paziente 1” della pandemia. Lui, nell’intervista pubblicata questa mattina dal Corriere della Sera, precisa: «Dubito che fosse il numero 1, è stato soltanto il primo a essere diagnosticato». Poi racconta, a tratti con amarezza, la nuova ondata e le difficoltà vissute in corsia. Che sono materiali ma anche psicologiche: stanchezza, attacchi dall’esterno e il tramonto della solidarietà che ha permesso che un’intera nazione si stringesse attorno ai propri medici. «Ci sentiamo più soli e avvertiamo crescere l’ostilità attorno a noi – dice Bruno, che guida il reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Pavia –. La solidarietà dei mesi di marzo e aprile è svanita proprio adesso, proprio quando avremmo più bisogno di tranquillità».
Il medico spiega che l’unico orizzonte di speranza è rappresentato dal vaccino. «La primavera è lontana, ma la bella notizia è che c’è un vaccino. Speriamo sia fondata. Non si era mai visto produrne uno in tempi così brevi».
Quello che il primario chiarisce è che del Covid non si sa ancora abbastanza. E che la tipologia dei ricoveri è cambiata molto rispetto alla prima fase. «In realtà – spiega – non abbiamo ancora capito perché in pazienti simili per età e condizioni di salute l’evoluzione della malattia possa essere più o meno grave. Di sicuro però l’età dei nostri ricoverati è adesso molto più eterogenea che all’inizio. Vedo date di nascita comprese tra il 1952 e il 1986».