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«Positivi al Covid e "abbandonati". A Lamezia ci dicono che non è urgente fare il test»

Il racconto di un cittadino nel cui nucleo familiare un componente è risultato contagiato: «Non abbiamo avuto controlli dopo le nostre segnalazioni. Il periodo di quarantena obbligatoria è finito e…

Pubblicato il: 12/11/2020 – 17:56
«Positivi al Covid e "abbandonati". A Lamezia ci dicono che non è urgente fare il test»

di Francesco Donnici
LAMEZIA TERME
Alla narrazione della Calabria dai mille commissari sta cominciando a mancare il punto di vista di chi paga il prezzo dei disservizi della sanità pubblica durante questa pandemia.
Il racconto fatto da Luigi (nome di fantasia) cittadino di Nicastro, frazione di Lamezia, al Corriere della Calabria, contiene solo una delle tante voci di persone che si sentono abbandonate in questo periodo tra «disservizi e incompetenze di chi dovrebbe gestire questo sistema e questa emergenza».
Il nucleo familiare è composto dallo stesso Luigi, dalla moglie, dai loro due bambini e dai genitori.
Lo scorso 23 ottobre comincia ad avvertire dei sintomi che fanno pensare ad un possibile contagio da Covid-19: forte mal di testa, dolore alle ossa, naso chiuso e perdita dell’olfatto e del gusto. Sintomatologia simile, ma molto più lieve per i figli. Viene effettuata la prima segnalazione, che rimane però senza risposta.
Qualche giorno dopo anche la moglie, che a differenza sua in questo periodo non ha potuto lavorare in smartworking, inizia ad avvertire i medesimi disturbi. Dato il tipo di lavoro che la costringe a venire a contatto con altre persone (come in effetti è avvenuto nel periodo trascorso invano dalla prima segnalazione), il 2 novembre scorso viene effettuato il tampone che dà esito positivo. Da allora inizia l’Odissea di Luigi e famiglia, tra centralini e rimbalzi di chiamata che li portano oggi ad aver quasi esaurito i giorni della quarantena imposta con l’ordinanza del sindaco senza aver potuto effettuare il test. «Comprendiamo che le strutture sanitarie pubbliche oggi stiano vivendo delle difficoltà oggettive – racconta – ma a tratti mi sembra quasi sia incompetenza o menefreghismo e le persone non meritano questo trattamento». Luigi parla di incompatibilità di gestione accennando alle modalità attraverso le quali il dipartimento lametino dell’Asp si è attrezzato per affrontare l’emergenza Covid-19.
«CI SENTIAMO ABBANDONATI» Direttore del dipartimento prevenzione dell’Asp catanzarese è Giuseppe Caparello, chiamato a monitorare la situazione anche sul territorio lametino che nell’ultimo periodo lamenta una pessima gestione tra tracciamenti totalmente saltati e mancanza di comunicazione tra il comparto sanitario, le istituzioni, quindi la cittadinanza. «Non sappiamo se sia incapacità a gestirla o ci siano dei problemi nel dipartimento, ma ci sentiamo abbandonati». Ed infatti i casi a Lamezia sono in costante aumento e spesso i numeri si contraddicono tra loro.
«Oggi – continua il racconto – io e i miei figli potremmo uscire di casa». L’accertamento della positività della moglie risale infatti allo scorso 2 novembre, nel frattempo nessun tampone, l’ordinanza di quarantena del sindaco Mascaro ed il decorso dei dieci giorni esauriti i quali, in base alla normativa, si può tornare ad avere contatti. «I miei genitori, che vivono con noi, hanno fatto un tampone privato che è risultato positivo e prima di tornare a uscire, appena possibile, lo faremo anche io e i miei figli. Non va bene però essere costretti ad andare al privato quando questo servizio essenziale, data la nostra situazione, dovrebbe essere garantito dal pubblico. Il privato dà i risultati in due ore e, premesse tutte le problematiche che le aziende sanitarie calabresi stanno affrontando in questo periodo, non capisco come ciò non possa essere possibile anche nella sanità pubblica. Inoltre – continua – il risultato del privato non dà comunque la piena certezza e viene richiesto l’ulteriore tampone dell’Asp. Ma nei fatti è impossibile».
«SIAMO “ZONA ROSSA”, NON C’È URGENZA» Luigi racconta delle diverse chiamate senza risposta fatte in questo periodo. E delle poche risposte avute, che lasciano ancor più l’amaro in bocca. «Ci sono stati forniti una serie di numeri telefonici ai quali non ha risposto nessuno. O sono occupati – dice – o il telefono squilla a vuoto, senza avere risposta. Qualche anima pia ogni tanto riesce a rispondere, ci dice di aspettare e temporeggiare un po’. Ma poi nulla».
Disagi che si traducono anche in termini di difficoltà – se non impossibilità – di tracciare i contatti delle persone positive sul territorio. Se si considera il caso di Luigi e della sua famiglia, abbiamo un nucleo di più persone delle quali soltanto una è stata accertata come positiva dall’azienda sanitaria pubblica, tendando solo per lei la ricostruzione dell’eventuale linea del contagio. Questo non può avvenire per le altre persone che nell’intertempo, prima dell’ordinanza di quarantena, hanno inevitabilmente avuto altri contatti: «I nostri figli sono andati a scuola e ci sarebbero dovuti tornare se non avessero comunicato la chiusura. Avevamo anche protestato affinché le scuole non riaprissero in questo periodo, proprio per evitare pericoli del genere. Uno dei miei figli fa anche attività sportiva».
La dichiarazione della Calabria tra le “zone rosse” d’italia e l’ordinanza con la quale si comunica la chiusura delle scuole anche a Lamezia, paiono però aver avuto un effetto contrario sugli operatori del dipartimento lametino dell’Asp: «In una delle ultime comunicazioni ci è stato detto che non c’è urgenza e bisogno di fare il tampone, nonostante la nostra situazione, perché tanto la Calabria è “rossa” e le scuole sono chiuse». Un paradosso: «Ripeto, noi oggi siamo liberi di uscire e non avendo potuto accertare la nostra negatività al virus, ci dovremmo assumere la responsabilità di poter infettare altre persone. Vedo in tutto questo una grande mancanza di rispetto verso la nostra comunità. Possibile che abbiamo persone non capaci a risolvere un problema? Possibile che i soldi alle strutture pubbliche sono arrivati e non riusciamo a spenderli? Possibile che interi nuclei familiari debbano rimanere barricarci in casa in attesa di un tampone fino a data da destinarsi solo perché uno solo è risultato positivo?» (redazione@corrierecal.it)

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