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Estorsioni a Badolato, comminate quattro condanne

Le indagini della Squadra mobile di Catanzaro, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia, hanno permesso di accertare che il capocosca, il 74enne Vincenzo Gallelli ha imposto, per oltre vent’…

Pubblicato il: 13/11/2020 – 18:08
Estorsioni a Badolato, comminate quattro condanne

CATANZARO Il Tribunale collegiale di Catanzaro (presidente Carmela Tedesco) ha determinato quattro condanne e quattro assoluzioni nei confronti degli imputati coinvolti nel processo “Pietranera” istruito dalla Dda di Catanzaro contro la cosca Gallelli di Badolato.
Sono stati condannati Vincenzo Gallelli a 11 anni di reclusione; Antonio Gallelli, 9 anni; Francesco Larocca, 7 anni; Giuseppe Caporale, 8 anni. Pene severe per le quali, però, è stata esclusa l’aggravante mafiosa.
Assolti Andrea Santillo, Antonio Santillo, Giacomo Nisticò e Antonio Luciano Papaleo.
L’INCHIESTA Le attività investigative, condotte dalla Squadra mobile di Catanzaro e coordinate dalla Procura distrettuale antimafia hanno permesso di accertare che il capocosca, il 74enne Vincenzo Gallelli ha imposto, per oltre vent’anni, la “guardiania” sulle proprietà dei baroni Ettore e Lucia Gallelli, rappresentati dall’avvocato Michele Gigliotti, fissando le modalità di sfruttamento dei terreni e costringendo, di anno in anno, gli imprenditori a concederli a pascolo ed erbaggio a propri familiari, nipoti e pronipoti, impedendone così il libero sfruttamento commerciale da parte dei proprietari.
I RUOLI Secondo l’accusa gli imprenditori, vittime delle pretese estorsive, dalla metà degli anni ’90 al 2008 sarebbero stati costretti ad accettare la presenza nelle loro aziende, con il ruolo “custode”, di Vincenzo Gallelli, che in virtù del suo peso criminale, garantiva loro la “tranquillità ambientale”, costringendoli a donargli in cambio numerosi terreni, nonché ad affidare la gestione e lo sfruttamento di altri fondi agricoli a sé o ai suoi familiari più prossimi, come il pronipote trentasettenne Antonio Gallelli con divieto, di fatto, di esercitare, sui terreni attività non concordate con il capo cosca. Quest’ultimo per realizzare il proprio piano criminale ha utilizzato il nipote Antonio Santillo (cl.89), i pronipoti Antonio Gallelli (cl.80) e Giuseppe Caporale (cl.81), paventando per il tramite di Franco Larocca (cl.66), del genero Giacomo Nisticò (cl.67), il verificarsi di gravissimi atti di sangue qualora le direttive del capo cosca non fossero state seguite. Nel collegio difensivo gli avvocati Vincenzo Cicino, Salvatore Staiano, Domenico Pietragalla. (ale. tru.)

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