CATANZARO La vicenda Cotticelli è solo la punta dell’iceberg. Il disastro sanitario calabrese è un tumore molto più esteso con radici profonde. Un grido d’allarme che molti hanno provato a lanciare, ma che, a distanza di anni, è rimasto inascoltato.
Ci prova il quotidiano Domani, con un’inchiesta che parte anche dall’esposto presentato ieri dai sindacati presso la procura di Catanzaro, a Nicola Gratteri. Viene denunciato – checché se ne dica – che nonostante la redazione del famigerato piano Covid regionale fosse avvenuta lo scorso 18 giungo, questo è rimasto lettera morta. Eppure Cotticelli aveva redatto il documento, dove i dati, soprattutto con riguardo alla prima ondata, parevano rassicuranti. «Abbiamo – si legge – potenziato i posti in terapia intensiva di oltre il 65%, abbiamo riqualificato vecchi spazi, ne abbiamo messi su di nuovi». Ma i sindacati hanno notizie diverse, quelle proposte dalla realtà di questi ultimi giorni. E allora invitano il procuratore Gratteri a «verificare i dati, perché qui sono necessari 280 posti, mentre la dotazione reale è di 146, ma 113 sono realmente disponibili». Qualcosa pare andato storto.
GLI ALLARMI DEI MEDICI I medici hanno provato e continuano a lanciare allarmi che paiono rimanere inascoltati. Tra questi Antonio Verduci, direttore medico del più grande ospedale di Reggio Calabria, che ha raccontato la situazione drammatica in cui versa la struttura. Così anche i vari appelli che sono partiti dal pronto soccorso dell’Annunziata di Cosenza, dove circa 50 persone rimangono ammassate in attesa di sistemazione, mentre la politica chiede ed ottiene l’intervento dell’esercito con la prossima installazione di quattro ospedali da campo. Nonostante questo, oggi il nemico numero uno più che il coronavirus sembrano essere i commissari venuti da fuori a «colonizzare la Calabria» e sembra paradossale il dibattito che si sta sviluppando intorno al nome di Gino Strada.
IL CONTROLLO DELLA SANITÀ PUBBLICA Un giro d’affari da circa 3,5 miliardi l’anno e un bacino elettorale che negli anni si è tradotto in strumento clientelare prediletto da molti. Non solo politica, ma anche massoneria e ‘ndrangheta. Tra i vari, Domani ricorda la figura di Mimmo Crea, proprietario di cliniche e politico che ha girato partiti e schieramenti. «Era consigliere regionale e voleva a tutti i costi diventare assessore alla Sanità. Ecco la sua graduatoria del valore, in termini economici e di potere, degli assessorati. “La Sanità è prima, l’Agricoltura e forestazione seconda, le Attività produttive terza; in ordine di budget settemila miliardi…con la Sanità. Sono stato chiaro? Oppure parlo arabo?”. Era il 2005 e l’onorevole, poi arrestato e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, non parlava arabo». Altro nome, ma per motivazione completamente opposte è quello di Doris Lo Moro, magistrato e impegnata in politica col Pci e le sue diramazioni successive, ha fatto l’assessore regionale alla Sanità con la giunta di Agazio Loiero. «Mise mano ai bilanci di ospedali, frugò nei cassetti e rischiò di collassare quando scoprì la storia dei 400mila falsi assistiti. Medici di base avevano iscritto nei loro registri ammalati inesistenti, oppure chiedevano i rimborsi per quelli veri, ma lo facevano due volte. Un giochino da 30 milioni di euro l’anno. Tutto finì in una bolla di sapone e l’assessore decise di cambiare mestiere».
I BILANCI INESISTENTI DELL’ASP DI REGGIO Secondo il medico e scrittore Santo Gioffrè sentito dalla testata: «Ora i calabresi protestano e su molte cose hanno ragione, ma devono chiedersi chi ha sfasciato la sanità, chi ha sprecato, chi ha rubato e fatto ingrassare la mafia». Lui in Calabria è ricordato perché, all’indomani del suo insediamento, aveva bocciato il bilancio approvato due anni prima. «Non c’era chiarezza sulle entrate e sulle uscite. Bloccai il pagamento di 6 milioni a una clinica privata. Fu difficile, ma scoprii che il credito vantato era già stato pagato. Contro avevo i privati, le banche e grosse società finanziarie che acquistavano crediti, ma chiesi ugualmente di restituirmi i soldi. Mancava tutto, finanche le minute delle spese, avevo capito che per non consentire la ricostruzione dei crediti, si facevano sparire le carte». Altro commissario, antecedente a Cotticelli, è stato Massimo Scura, ingegnere 75enne originario calabrese ma vissuto sempre tra Piemonte e Molise. Dopo esser stato richiamato nel 2015 dal Pd entra in rotta con l’allora governatore Mario Oliverio. Dirà in seguito che «esiste un’altra ‘ndrangheta più subdola, che si è insinuata nel tessuto della sanità pubblica paralizzandone i centri nevralgici». Tre anni dopo si dimette.
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