CATANZARO Era stato condannato a 30 anni in primo grado e poi assolto, per non avere commesso il fatto in Appello da un collegio presieduto dal giudice Marco Petrini, attualmente ai domiciliari per corruzione in atti giudiziari. Ora Francesco Fortuna, esponente di spicco della famiglia di ‘ndrangheta dei Bonavota accusato di essere l’omicida di Domenico Di Leo – dovrà affrontare un nuovo processo d’Appello. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso presentato dalla Procura generale di Catanzaro e ha disposto l’annullamento con rinvio ad una nuova sezione della Corte d’Appello. Domenico Di Leo fu ucciso nel 2004 a Sant’Onofrio, all’età di 47 anni, a colpi di fucile e kalashnikov. Il delitto, secondo le indagini, sarebbe maturato al culmine di contrasti sulle modalità di gestione dell’area industriale di Maierato, centro limitrofo a Sant’Onofrio, entrambi confinanti con Vibo Valentia. Determinante per le indagini l’apporto del Ris di Messina. Ad accusare Francesco Fortuna, anche il nuovo pentito vibonese Andrea Mantella che ha confessato di aver fatto parte del commando (con il ruolo di autista) che eliminò la vittima. Fortuna, difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Sergio Rotundo era stato incastrato dall’esame del Dna su un guanto di lattice rinvenuto nell’autovettura utilizzata dai killer ed alla cui guida quella notte c’era Andrea Mantella. A commissionare l’omicidio il boss Domenico Bonavota che dopo due anni di latitanza è stato catturato lo scorso 6 agosto.
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