CATANZARO Ospite negli studi ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7 il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri che interviene sulle vicende che stanno interessando la sanità calabrese in questo periodo. Secondo Gratteri occorre anzitutto modificare la portata dei poteri di un eventuale commissario per permettergli di muoversi liberamente su un territorio: «C’è altrimenti un difetto di origine nei commissariamenti. O si danno i poteri o succede come nei Comuni sciolti per mafia, che se ne congela l’attività e le persone finiscono per rimpiangere i sindaci precedenti. Non mi permetto di dire se Speranza deve dimettersi o no».
Poi dice la sua su un’eventuale nomina di Gino Strada. «Non va bene per la Calabria. So le cose straordinarie che ha fatto in Africa, ma il problema in Calabria non sono gli ospedali da campo, ma le ruberie e l’acquisto dei materiali medici. C’è bisogno di un manager, non di un medico. E non c’è bisogno nemmeno di ospedali da campo come se fossimo in Afghanistan: in Calabria ci sono 18 ospedali chiusi, meglio riaprire quelli. Come commissario, andrebbe bene un calabrese emigrato per fame, che ha fatto i concorsi al nord perché non ha voluto fare i concorsi deviati dalle mafie al sud, un professore universitario. Avrei un nome ma ovvio che non lo dico».
«AULA BUNKER PRONTA A METÀ DICEMBRE» Aggiunge poi che «l’aula bunker sarà pronta tra il 10 e il 15 dicembre, è uno dei progetti a cui ho pensato quando sono sceso a Catanzaro per realizzare un nuovo modo di gestire la giustizia. Con questa struttura risparmiamo 255 milioni di euro all’anno. Tutti i giorni vado in cantiere, parlo con gli ingegneri. Inoltre entro il 2021 ci sarà la nuova procura, in un monastero del 400 restaurato, risparmiando oltre 1 milione e 700mila euro». Il procuratore capo di Catanzaro parla anche del suo lavoro e dei rapporti col governo: «Non ho mai pensato di mollare, amo troppo questo lavoro. Ho ricevuto tante offerte di incarichi in questi anni, ma ho sempre rifiutato perché mi sentirei un vigliacco a lasciare». Dice di sentirsi assistito dallo Stato e di dialogare col governo «quando ho bisogno di uomini o mezzi». Non sulle idee, «perché spesso sono estremista».
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