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«Mafie all'assalto dei fondi anti Covid. Così la ‘ndrangheta lucra sulle disgrazie»

Intervista al procuratore di Catanzaro Gratteri per raccontare il nuovo libro scritto assieme a Nicaso. «I soldi dei sussidi alle cosche? Non soltanto in Italia, l’Europa è una prateria. Ci sono st…

Pubblicato il: 17/11/2020 – 7:15
«Mafie all'assalto dei fondi anti Covid. Così la ‘ndrangheta lucra sulle disgrazie»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO È più che mai attuale il nuovo libro “Ossigeno illegale” scritto a quattro mani dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dallo scrittore e studioso Antonio Nicaso. Un libro scritto, come hanno raccontato gli autori di recente «di getto e di rabbia». Rabbia contro una ‘ndrangheta senza scrupoli che lucra sull’emergenza, la carenza di lavoro, la salute, su tutte le fragilità contro le quali i governanti, spesso, si fanno trovare impreparati. In questa intervista con il procuratore Gratteri proviamo a raccontare, in pillole, il cuore pulsante del volume.
Questo libro viene pubblicato mentre la pandemia, e tutte le sue conseguenze, sono ancora in corso. Quali sono stati i vostri elementi di indagine?
«È un libro che tiene conto di ciò che è emerso durante la prima fase del lockdown, ma soprattutto di una tendenza che ha sempre portato le mafie a trarre vantaggi dalle crisi economiche e dalle calamità naturale. Hanno sempre lucrato sulle disgrazie. Ci è sembrato un film già visto. Racconta l’assalto a contributi erogati per fronteggiare pandemie e terremoti».

Alcuni settori hanno sofferto l’immobilità commerciale dell’emergenza, altri potrebbero essere investiti da una domanda “di riflesso” alla ripartenza dell’economia. Quali sono quelli più esposti all’offensiva dei capitali mafiosi?
«Tra le attività più esposte ci sono quelle imprese che fanno fatica a sopravvivere: alberghi, ristoranti, piccole aziende. Già si nota un certo attivismo delle mafie in Italia e nel resto del mondo per dare fiato (una sorta di ossigeno avvelenato) a un’economia messa in ginocchio dal Covid. In Italia, secondo alcuni dati, negli ultimi cinque mesi, più di 40mila imprese hanno cambiato proprietà. Bisogna monitorare i passaggi totali e parziali di proprietà aziendali e immobiliari. È opportuno intensificare i rapporti con camere del commercio, notai, uffici del catasto».
Il problema esiste anche all’estero?
«Certamente, come spieghiamo nel libro, ci sembrano assurdi certi allarmismi sul rischio che i soldi dei sussidi possano finire nelle mani delle mafie solo in Italia, quando per esempio l’Europa da tempo è una sorta di prateria, dove le mafie investono i proventi della droga, occultandone la provenienza».
La ‘ndrangheta si adatta rapidamente ai cambiamenti della società. Anche sulle opportunità offerte dall’emergenza Covid è sembrata “imporre il ritmo” ai livelli decisionali politici. Cosa può fare la classe dirigente del Paese per difenderlo dai tentativi di infiltrazione nell’economia?
«Deve passare l’idea dell’urgenza del fare. I tentennamenti politici servono solo ad avvantaggiare chi, non dovendo fare i conti con la burocrazia, arriva prima sul territorio. Non bisogna minimamente offrire vantaggi alle mafie. È importante sostenere l’economia, i bisogni di chi soffre, senza discutere su chi debba tenere in mano il rubinetto della spesa. Ovviamente, bisogna tenere gli occhi aperti per evitare che i sussidi finiscano nelle mani sbagliate, come è successo in alcuni casi, per esempio, con il reddito di cittadinanza».
Crede che la criminalità organizzata abbia avuto o possa avere un ruolo nelle proteste, alcune delle quali in parte violente, nate a seguito dei provvedimenti restrittivi che il governo ha preso per fronteggiare la seconda ondata della pandemia?
«Può essere, anche se ho difficoltà a vedere la ‘ndrangheta che conosciamo intenta ad organizzare, comunque è una ipotesi che va indagata e verificata. Il sospetto che la protesta sia stata concertata e studiata a tavolino esiste. I mafiosi hanno tutto l’interesse a sfruttare il momento, non soltanto per dare vita a quella generosità interessata (welfare mafioso) che li ha sempre caratterizzati, ma anche per fomentare tensioni sociali traendone benefici».
C’è la possibilità che il welfare mafioso abbia già offerto sostegno e aiuto a quel segmento di popolazione che lavora in nero e, dunque, è escluso dai ristori offerti dal governo?
«Ci sono stati vari tentativi di welfare mafioso, in varie regioni, e tutti riconducibili a mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti e a loro familiari. In assenza o nei ritardi delle istituzioni, il welfare mafioso è uno strumento efficace per ottenere o consolidare consenso sociale, senza il quale è difficile governare il territorio».
Il settore sanitario è il più esposto alla pandemia e per esso è stato programmato un consistente piano di investimenti che può far gola alle consorterie mafiose. Quali modelli si potrebbero adottare per il monitoraggio degli appalti e delle attività economiche?
«Bisogna tenere gli occhi aperti, avere persone responsabili al posto giusto e riscoprire l’importanza del bene comune. La sanità in Calabria soffre di ritardi e di mancata programmazione. L’augurio è che i soldi vengano utilizzati per migliorare la situazione. La Calabria è diventata zona rossa per carenze strutturali, non per numero di contagi. Bisognerebbe riflettere. Ricordo il contenuto di una conversazione in cui si parlava di gettare in mare alcuni rifiuti tossici. Difronte alle osservazione dell’interlocutore sui rischi dell’operazione, l’altro, con tono tranquillizzante, osservava: tanto noi il bagno lo andiamo a fare da qualche altra parte. Non facciamo lo stesso errore. Se si sperperano i fondi destinati alla Sanità, il danno lo facciamo a noi stessi».
Procuratore Gratteri, lei ha lanciato da tempo l’allarme. È stato ascoltato?
«Tutt’altro. Bisogna arrivare sull’orlo del precipizio, per accorgersi del rischio a cui si va incontro. Per combatterle bisogna conoscere e comprendere l’essenza delle mafie, ma soprattutto la loro capacità di adattamento e di relazione, ma bisogna capire anche che il «bene comune» debba essere continuamente preservato, coltivato ed esercitato nell’interesse dell’intera comunità e protetto da distorsioni, manipolazioni e usi mistificatori e strumentali, come ha messo in evidenza anche il presidente della Repubblica, Mattarella».
Perché nessuno ha vigilato sui fondi per l’emergenza Covid? Ci sono altri interessi oltre a quelli delle mafie?
«C’è una cabina di regia che è stata istituita per vigilare sui fondi per l’emergenza Covid. Le forze di polizia stanno facendo un ottimo lavoro. Ovviamente, in casi del genere si creano interessenze tra mafie e cricche. Corruzione e criminalità organizzata spesso sono due facce della stessa medaglia». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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