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Le minacce alle funzionarie dell'Asp per avviare Farmitalia. «Andiamo a prendere un caffè…»

La visita di Opipari e Aprile agli uffici dopo lo stop alla pratica per l’idoneità dei locali riservati al Consorzio. Così, per il gip, si materializza il metodo mafioso. Che “sistema” le pratiche …

Pubblicato il: 19/11/2020 – 18:08
Le minacce alle funzionarie dell'Asp per avviare Farmitalia. «Andiamo a prendere un caffè…»

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
I locali del consorzio Farmaitalia non erano idonei. Due sopralluoghi avevano dato esito negativo. Il 14 gennaio 2015, si presentano all’Asp di Catanzaro Pancrazio Opipari e Patrizio Tommaso Aprile. Hanno una missione semplice: quella di prendere sottobraccio una delle due dottoresse responsabili del rilascio dei certificati di idoneità. Certificati necessari all’inizio dell’attività di Farmaitalia. Così, su mandato di Domenico Scozzafava, Salvatore Grande Aracri (classe ’79) e Lorenzo Iiritano, i due uomini prendono sottobraccio la dottoressa e la invitano “gentilmente” a prendere un caffè. Una gestualità che i magistrati della Dda non esitano a definire “evocativa”, un non detto che non ha bisogno parole: un eventuale diniego alla richiesta dei due poteva rappresentare un pericolo per la funzionaria. Il fatto lo racconta al telefono lo stesso Opipari, tratteggiando i fatti salienti dell’incontro: «La cosa bella… che se l’è presa sotto braccio e gli ha detto andiamo che adesso le offro un bel caffè… (ride)… gli ha detto Tomasello…». Come scrive il gip: «Sempre più spesso la minaccia è fatta di sfumature». In questo caso, però, «vi è qualcosa di molto di più di una sfumatura», sottolinea il giudice.
IL METODO MAFIOSO Innanzitutto c’è da evidenziare quelli che erano i ruoli. «Tommaso Opipari, non ha alcun titolo per rappresentare il Consorzio, ma è solo un magazziniere e – come emerge chiaramente anche dalle intercettazioni — la sua bassa cultura è percepibile al primo contatto; per non parlare, poi, di Aprile che proprio con il Consorzio nulla aveva a che fare. Questi due soggetti, per quanto si apprende dalla viva voce di Opipari, si recano, prima del sopralluogo, a parlare con le funzionarie della Asp, le quali — particolare non trascurabile — avevano negato già due volte il nulla osta di idoneità igienico — sanitaria dei locali». Tra l’altro i due non avevano nessuna conoscenza pregressa con la dottoressa che avrà la sventura di essere presa sottobraccio, tanto che precedentemente erano state fatte delle ricerche per capire chi fosse «proprio con lo scopo di individuarla ed avvicinarla». «…quindi il tempo delle telefonate e abbiamo capito chi era questa…», dice Opipari al telefono. «Pertanto, il modo di approcciarsi, confidenziale e del tutto inopportuno, dell’Opipari e dell’Aprile, – scrive il gip – non può che avere il preciso significato di mettere la vittima in quella classica situazione di imbarazzo e turbamento che è tipica di chi sente costretto a subire una presenza o una situazione. Se poi si aggiunge, concludendo, che si tratta di un caldo invito a “prendere un caffè con noi”, si comprende bene quali fossero le finalità dei due che peroravano la causa del Consorzio».
Secondo il gip non vi è dubbio che i due agissero per scopi associativi e con metodo mafioso. Nonostante questo, e nonostante, appunto, i ruoli che i due rivestivano all’interno dell’organizzazione, non vi sarebbero, per il gip, elementi riguardo ai mandanti, ovvero riguardo a coloro che più interessi avevano nell’ottenere i certificati di idoneità: Scozzafava (uomo jolly dell’intera operazione il quale viene intercettato più volte mentre parla del problema dei sopralluoghi), Salvatore Grande Aracri (nipote di Nicolino Grande Aracri) e Lorenzo Iiritano.
LA BELLA NOTIZIA Eppure è Lorenzo Iiritano che riceve la telefonata di un soddisfatto Opipari che lo rassicura: «Tutto a posto… ti ho chiamato pure per questo… – è passata… si… – hanno messo la firma…». In particolare Iiritiano, prima chiede se fosse stata fatta qualcosa che era prevista per quella mattina, e alle risposte troppo esplicite di Opipari lo dissuade dal continuare a parlare.
Così come Opipari dà la bella notizia a Scozzafava – «Adesso ti dico una cosa… adesso puoi fare il muso tosto. Che ci siamo mossi noi…» – il quale in serata si reca a Cutro a casa di Domenico Grande Aracri.
Una cosa è certa: è bastato prendere sotto braccio, nel modo giusto, una dottoressa e offrirle un caffè e due chiacchiere per ottenere, al terzo tentativo, un certificato di idoneità. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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