LAMEZIA TERME L’epidemia da Covid-19 si è abbattuta, in questi mesi, quasi come uno tsunami sul Servizio Sanitario Nazionale, rivoluzionando l’assetto standard del nostro sistema di cure e, soprattutto, mettendo drammaticamente in risalto quelli che sono (e già erano) tutti i difetti preesistenti e che da anni attanagliano i servizi sanitari di molte regioni italiane.
A travolgere il sistema sanitario nazionale è stato, essenzialmente, l’incremento esponenziale di ricoveri inaspettati, affrontati con pochi mezzi a disposizione e questa seconda ondata di contagi non ha fatto altro che aggravare ulteriormente il quadro tra ottobre e novembre. A scriverlo nero su bianco è l’ultimo studio di Anaao-Assomed, maggiore sindacato dei medici ospedalieri, analisi che mostra come l’emergenza posti letto abbia colpito maggiormente i reparti ospedalieri internistici e dunque Pneumologia, Medicina interna e Malattie infettive. Il confronto tra le regioni, poi, è impietoso. Il Piemonte è saturo al 191%, Valle d’Aosta al 229%, Lombardia al 129%, Liguria al 118%, Lazio al 91%, Campania all’87%. Solo Molise e FVG sono sotto la soglia di occupazione del 40% (34%).
LA CALABRIA E, in questo quadro preoccupante, c’è anche la Calabria. Qui, secondo lo studio di Anaao-Assomed, nel 2018 il PLI/AB era 34,7, il più basso d’Italia e praticamente la metà di quello Trentino (79,1) e un terzo di quello friulano (99,4), rapporto gravemente al di sotto della media nazionale di 59,6, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica e sulla aspettativa di vita media. La regione calabrese ha incrementato solo del 21,9% i posti letto internistici rispetto al 2018, portando il rapporto posti letto internistici/100.000 abitanti a 42,2, fanalino di coda italiano e severamente al di sotto della media nazionale di 103,5. Attualmente le strutture sanitarie calabresi si trovano in seria difficoltà, in quanto i posti letto internistici sono saturati al 44% con malati Covid, al di sopra della soglia di sicurezza del 40% indicata dal Ministero della Salute. Non si fa fatica a capire perché questa Regione sia zona rossa nonostante abbia il rapporto ricoveri ordinari COVID/100.000 abitanti più basso d’Italia assieme al Molise (18,6, a differenza del 116,9 del Piemonte): basta un lieve aumento dei ricoveri per mettere in ginocchio il servizio sanitario, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica.
SERVIZI NON ALL’ALTEZZA In conclusione, dunque, se si rapportassero i ricoverati Covid al 16/11/20 con i posti letto internistici al 2018, in Calabria avremmo un tasso di saturazione del 53,7%. Da questo studio emergono differenze sostanziali di efficienza del servizio sanitario tra le diverse regioni italiane. Una parte delle regioni aveva già, nel 2018, una carente disponibilità di posti letto internistici rapportato alla popolazione. Alcune regioni del Sud avevano carenze molto gravi sin da allora. La pandemia, dunque, non ha fatto altro che acuire ancora di più le differenze tra regioni virtuose e regioni con un servizio sanitario non all’altezza.
L’ALLARME DEI MEDICI Gli ospedali sono ormai prossimi al collasso a causa della carenza di personale sanitario e del gran numero di pazienti Covid che continuano ad arrivare nei nostri reparti”. Lo afferma il presidente della Federazione dei medici internisti (Fadoi), Dario Manfellotto, commentando l’analisi dell’Anaao-Assomed sull’occupazione dei posti letto in ospedale in questo momento della pandemia da Covid 19.«In Medicina interna – assicura Manfellotto – ai pazienti vengono garantite tutte le cure, anche quelle sub-intensive, compresa l’ossigenoterapia e le varie forme di ventilazione non invasiva, cercando di evitare di arrivare alla intubazione o alla morte. Inoltre gli internisti continuano ad assistere i pazienti che sono affetti da altre patologie importanti, come insufficienza renale, bronchite cronica, scompenso cardiaco, sepsi, polmonite, ma per questi malati le possibilità di accesso agli ospedali si stanno riducendo». «Ed è chiaro – conclude – che una probabile conseguenza sarà la crescente difficoltà a ricoverare e garantire gli standard qualitativi di cura per i malati cronici riacutizzati non Covid».
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