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Commercialisti, medici, broker. I «cristiani buoni» del clan Grande Aracri

Due primari del Policlinico Gemelli nei guai per i rapporti con la cosca. Tra «comparaggi» e denaro la cosca fa breccia tra i colletti bianchi. Il chirurgo immobiliarista e l’esperto in crac di soc…

Pubblicato il: 22/11/2020 – 16:14
Commercialisti, medici, broker. I «cristiani buoni» del clan Grande Aracri

di Pablo Petrasso
CATANZARO
L’intercettazione è diventata un classico per chi cerca di rintracciare i pericoli della mafia imprenditrice. Le parole scandite da Nicolino Grande Aracri nella tavernetta in cui il capo della Provincia mafiosa di Cutro impartisce le proprie direttive sono un testamento. Così come Luni Mancuso, dalla parte opposta della Calabria, avverte che «la ‘ndrangheta non esiste più» perché «adesso fa parte della massoneria», Nicolino “Mano di gomma”, nelle campagne di Cutro, spiega a Giovanni Battista Lombardo, immobiliarista al servizio della cosca, cosa gli serve per portare avanti i propri affari. «A me mi servono i cristiani buoni, mi servono …, mi servono avvocati, ingegneri, architetti…». C’è bisogno di un prestanome e Lombardo – l’intercettazione risale al febbraio 2013 – non si tira indietro: «Se ci serve la faccio fare a mia moglie». La sua parabola criminale inizia qui e finisce con una condanna in primo grado a 12 anni di carcere per associazione mafiosa.
Bruciato un «cristiano buono» se ne fa un altro. E l’elenco di professionisti finiti nel mirino dell’antimafia per i propri legami con il clan di Cutro si arricchisce, di indagine in indagine. Negli intrecci tra direttori di banca avvicinati per controllare il credito (cioè il potere) nel territorio di elezione della ‘ndrina e commercialisti, ingranaggi necessari a far circolare il denaro e gestire aperture e fallimenti delle attività, la Dda di Catanzaro fa due digressioni, entrambe al Policlinico Gemelli.
Nei brogliacci delle inchieste “Thomas” e “Farmabusiness” finiscono due colleghi, primari della struttura sanitaria. Con ruoli e coinvolgimenti molto diversi, sembrano rispondere all’identikit offerto dal boss nella tavernetta: facce spendibili per imprese basate su capitali sporchi.
Il primo “incontro” per gli inquirenti è quello con Alfonso Sestito. Il gip che ne dispone l’arresto lo definisce «un insospettabile che occupa un ruolo di primo piano nella società civile. Si tratta di un primario cardiologo del Policlinico Gemelli di Roma, il quale, per disposizione del vertice del locale di Cutro, Nicola Grande Aracri, ha programmato e gestito per conto della cosca cospicui investimenti immobiliari». Due pentiti – Salvatore Muto e Giuseppe Liperoti – parlano delle connessioni tra il professionista e la cosca. Il secondo, soprattutto: «Ne sento parlare fin dal 2011… Nel 2013, una volta tornato a Cutro, ho avuto modo di constatare la vicinanza che il dottor Sestito aveva con quelli della mia famiglia, in senso ‘ndranghetistico, in particolare con Giovanni Abramo, marito di Isabella Grande Aracri, figlia di Nicola. Sono certo del fatto che fra Sestito e Abramo vi sia un rapporto di reciproco comparaggio nel senso che Isabella Grande Aracri e Giovanni Abramo hanno battezzato o cresimato una figlia di Sestito; lo stesso Sestito, nell’agosto 2013 o 2014 ha ricambiato battezzando il figlio più piccolo di Giovanni Abramo. Ricordo di aver partecipato al banchetto svoltosi presso un ristorante di Crotone». Legami, comparaggi, soldi: è il filo su cui si snodano i rapporti pericolosi tra i colletti bianchi e gli ‘ndranghetisti.
Per tornare al Policlinico si deve ripartire da un altro “comparaggio”. Questa volta è un commercialista, Paolo De Sole, il «cristiano dei nostri», uno di noi. La definizione è di Pancrazio Opipari, uomo vicino al clan Grande Aracri, e serve per smorzare le tensioni che montano attorno al business delle farmacie e chiarire che il professionista è uomo di fiducia del nipote del boss, Salvatore Grande Aracri. Le pagine dell’inchiesta “Farmabusiness” spiegano che il rapporto è più profondo. I magistrati della Dda di Catanzaro evidenziano, infatti, che «i rapporti tra De Sole e Salvatore Grande Aracri si consolidavano al punto che Grande Aracri affidava i ruoli di padrino e madrina a Paolo De Sole e all’avvocato Alessandra Mazzari (come detto legata da un rapporto affettivo a De Sole; la legale non è coinvolta nell’inchiesta, ndr)». Un altro battesimo (era stato così anche per Sestito) serve per rafforzare legami: vicinanza familiare e denaro sono il collante delle relazioni. Il gip sottolinea «l’importanza di tale ruolo (il padrino, ndr) se si considera come il cosiddetto “San Giovanni” – ovvero il rapporto di “comparaggio” – può essere assunto come indice rivelatore dell’appartenenza a un’associazione ‘ndranghetistica.
De Sole, in effetti, non arriva al “Farmabusiness” per caso ma sulla scorta di un’altra esperienza simile (e ugualmente fallimentare) maturata nel Lazio. Per i pm di Roma si tratta di un crac da 20 milioni di euro scoperchiato dalle indagini dopo la bancarotta del Consorzio Dieffe Farma, società che raccoglieva decine di farmacie sparse nella Capitale nata con l’obiettivo di risparmiare sugli ordinativi di farmaci. Ricorda, in effetti, il tentativo messo in piedi in Calabria con la sponda del clan Grande Aracri. Anche la conclusione, con annessa bufera giudiziaria, non è troppo diversa: nel 2014 il consorzio fallisce dopo aver accumulato una voragine di debiti. Gli indagati nell’inchiesta – chiusa nel 2018 – sono 15 e di mezzo c’è anche la politica: tra i reati ipotizzati ci sono il finanziamento illecito a un partito e la corruzione elettorale. De Sole, infatti, non aveva soltanto ambizioni imprenditoriali: puntava a un posto in consiglio regionale. Anche in quel caso, finì malissimo: soltanto 451 voti nella lista “Federazione dei cristiano popolari” e l’accusa di aver offerto 4mila euro a un gruppo di nomadi per farsi votare. Dal disastro imprenditoriale romano a quello calabrese: nel secondo, il De Sole politico e commercialista trascina con sé un altro De Sole, Pasquale, nato a Crotone e conosciuto nella Capitale come stimato medico. È il padre del «compare» di Salvatore Grande Aracri ed è indagato per «riciclaggio aggravato dalla finalità di favorire la cosca Grande Aracri». De Sole è un medico impegnato da anni in missioni umanitarie: ha passato mesi in Mozambico e in Congo a curare gli ultimi della Terra. E non ha un ruolo di primo piano negli affari orchestrati dal figlio. La pensa così il gip, che non ravvisa a suo carico gli estremi per l’applicazione della misura cautelare chiesta dalla Procura (l’arresto): «Si è limitato – incautamente – a prestare il proprio nome per l’iniziativa imprenditoriale che gli aveva proposto il figlio, senza alcuna prova della consapevolezza di essere una pedina sulla scacchiera della famiglia Grande Aracri». Non è, dunque, per il giudice, un colletto bianco da iscrivere alla schiera dei «cristiani buoni». Le cui file, purtroppo, si ingrossano inchiesta dopo inchiesta. (p.petrasso@corrierecal.it)

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