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Effetti del coronavirus sulla Calabria: Pil sotto dell’8,9%

Dai dati del Rapporto Svimez presentato oggi in diretta streaming emerge il crollo in un anno della ricchezza prodotta, la perdita di posti di lavoro e la nuova emigrazione. Sulla risposta all’eme…

Pubblicato il: 24/11/2020 – 16:02
Effetti del coronavirus sulla Calabria: Pil sotto dell’8,9%

di Roberto De Santo
CATANZARO L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus e la conseguente crisi economica in Italia non ha creato un effetto “livella” nel Paese. Anzi ha generato un fattore di accelerazione dei processi di ingiustizia sociale tra territori. Incrementando i divari tra Nord e Sud e colpendo le aree più fragili. Ad iniziare dall’occupazione della fasce più deboli: giovani, donne e segmenti del precariato e del lavoro irregolare. È quel che emerge dalla lettura dell’ultimo rapporto della Svimez “L’Italia diseguale di fronte all’emergenza pandemica: il contributo del Sud alla ricostruzione”  che viene presentato oggi pomeriggio in diretta streaming dall’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno alla presenza del premier Giuseppe Conte.

La crisi infatti si è scaricata quasi interamente sulle fasce più deboli dei lavorati e soprattutto al Sud e in Calabria in particolare dove le forme di precariato e di fragilità occupazionale sono diffuse. Se infatti le misure adottate dal Governo per cercare di contenere l’ondata di licenziamenti ha fatto in qualche modo da barriera al crollo decisivo dell’occupazione stabile, lo stesso effetto non si è registrato per quelle forme di lavoro meno tutelate. Generando così «un effetto selettivo» della crisi. A pagarne lo scotto i giovani. Questo, motivano gli analisti della Svimez, per effetto di una doppia penalizzazione: il mancato rinnovo dei contratti a termine nella fase del lockdown e la chiusura alle nuove assunzioni programmate per il 2020. Così il Mezzogiorno – caratterizzato da una maggiore precarizzazione del lavoro e della fragilità economica – ha pagato duramente il prezzo. Stando ai dati elaborati dalla Svimez, dei circa 800mila giovani disoccupati in cerca di prima occupazione e che troveranno la porte sbarrate per via della crisi economica, 500mila risiedono al Sud. Un fenomeno che si colloca – rileva la Svimez – nell’ambito di una tendenza di un lungo periodo sfavorevole che ha penalizzato proprio i giovani.
L’IMPATTO DEL LOCKDOWN DI PRIMAVERA Secondo quanto stimato dalla Svimez, gli impatti del lockdown di primavera ha interessato maggiormente le regioni del Nord in termini di valore aggiunto: 49,1% quasi 6 punti percentuali in più rispetto al Centro e al Sud. Ma analizzando lo stop in termini di unità locali, il rapporto si ribalta con un Mezzogiorno che ha registrato il fermo del 60% circa contro il 56,7% e il 57,2% del Cenrro e del Nord. Andando al dato della Calabria si è registrato lo stop di oltre il 60 per cento delle attività (per un peso del fatturato 51,6% e del 53,2% degli occupati). Complessivamente, stimano gli analisti della Svimez, il mese di lockdown sia costato quasi 48 miliardi di euro di cui circa 10 al Sud. La Calabria ha “pagato” dazio per 791 milioni di euro bruciati sull’altare del fermo imposto dalla norme di contenimento della pandemia.

PIL IN CADUTA LIBERA Dal rapporto presentato dalla Svimez, a causa della crisi economica generata dall’emergenza sanitaria il Prodotto interno lordo mediamente in Italia registrerà una contrazione del 9,6%. Un aggiornamento in termini peggiorativi rispetto alle precedenti previsioni stilate sempre dalla Svimez, dovute all’acuirsi della pandemia e alle conseguenti misure messe in atto che hanno comportato un nuovo blocco di alcune filiere produttive legate a servizi. Una gelata sul rimbalzo registrato nel terzo trimestre dell’anno che ha portato gli analisti a rivedere le stime anche in termini territoriali. Il Sud pagherà infatti di più il costo di questa seconda ondata per via della maggiore diffusione del virus sul proprio territorio e per la fragilità strutturale del mercato del lavoro e del sistema produttivo. Le previsioni per la Calabria segnano un crollo del Pil nell’anno di circa 9 punti percentuali (-8,9%).
LA RIPARTENZA RALLENTATA Se il dato sulle ricadute negativi in termini di ricchezza prodotta vedono in testa le regioni del Nord, sono alcune di queste che si dimostreranno più vitali nella fase della ripartenza. Le stime della Svimez, segnalano che Emilia Romagna, Lombardia e Veneto registreranno le migliori performance. Viceversa per gran parte delle regioni del Sud il prossimo anno sarà caratterizzato da una lenta ripresa. La Calabria in questo senso dovrebbe chiudere il 2021 con un dato del Pil di appena lo 0,6% contro una media del Centro-nord del 4,5%. Segno dell’acuirsi appunto delle divergenze territoriali ma soprattutto dell’incapacità del sistema produttivo calabrese a reagire rapidamente alle crisi economiche.
LA NUOVA EMIGRAZIONE Nel rapporto della Svimez emerge come sia in atto anche una crisi demografica nel Paese ma maggiormente acuito nelle regioni del Sud. Tra il 2019 e il 2065, stando a quanto riportato, la popolazione italiana dovrebbe ridursi di 6,9 milioni di abitanti di cui 5,1 residenti nel Mezzogiorno. Nel corso del 2019 tutte le regioni italiane hanno segnato un saldo naturale negativo. Ma quello che balza agli occhi è il numero delle persone che hanno lasciato il Paese trasferendosi all’estero. Un fenomeno che interessa il Sud con un aggravante sono molti quelli che hanno spostato la propria residenza nelle regioni del Centro-nord. Nel 2018 si sono cancellati dal Sud oltre 138mila cittadini che vivevano nel Mezzogiorno di cui 20mila sono andati fuori dall’Italia ed il resto nelle altre aree del Paese. Gran parte erano laureati: un terzo del totale. Dalla Calabria sono andati via in un anno 14 mila e 800 calabresi. La regione inoltre detiene il record per tasso di migrazione: 4,5 per mille abitanti. Appunto il dato più alto in Italia seguito dalla Basilicata (3,8 per mille) e dal Molise (3,5 per mille). Dimostrando ancora una volta che la Calabria resta una regione da cui andare via.

ECONOMIA ILLEGALE E CRISI Tra le riflessioni presenti nel rapporto della Svimez c’è anche il rischio che la criminalità organizzata possa approfittare della crisi in atto per inquinare l’economia locale. «Un aspetto al quale prestare particolare attenzione nei prossimi mesi – scrivono gli estensori del report – è l’esposizione della miriade di aziende manifatturiere, commerciali e di servizi il cui fabbisogno di liquidità si scontra con il rallentamento generale della dinamica dei finanziamenti, con le rigidità del sistema bancario, con i ritardi dei sostegni statali e dell’implementazione delle procedure connesse alle garanzie pubbliche nonché con gli effetti del rallentamento o dell’interruzione dell’attività produttiva». Difficoltà sulle quali potrebbero fare breccia per penetrare sul sistema produttivo i clan. Citano a questo proposito l’esperienza passata di alcune locali di ‘ndrangheta per entrare nelle economie legali delle regioni del Centro-Nord. Elaborando poi i dati della Direzione nazionale antimafia, la Svimez ha puntato l’attenzione sui fenomeni corruttivi della pubblica amministrazione messi in atto per inquinare l’economia legale. E la Calabria da questa analisi esce con le ossa rotte, è la seconda regione in Italia per numero di reati contro la pubblica amministrazione aggravati dal metodo mafioso: tra il 2013 e il 2020 oltre il 29 per cento degli episodi si sono concentrati in Calabria. Da qui l’allarme per la capacità delle cosche di penetrare l’amministrazione pubblica inquinando e devastando l’economia sana.

DIVARI DI CITTADINANZA Anche il tema della sperequazione territoriale emerge nella sua interezza. Passando in rassegna i dati sulla distribuzione della spesa pubblica e l’accesso ai servizi in Italia, la Svimez segnala che nel Sud i livelli di spesa pubblica pro-capite sono più bassi che nel resto del Paese. Analizzando solo quanto attiene la Calabria emerge che nel 2018 (ultimo dato in materia) a fronte di una spesa media pro capite nazionale pari a 17.198 euro, in regione lo stato nelle sue varie articolazioni ha effettuato una spesa media pari a 14.036 euro. Con una disparità con le regioni del Centro-nord elevata: in cui lo Stato ha speso mediamente 18.818 euro pro capite. Un divario che ha riguardato anche la spesa sanitaria e dunque anche la gestione della pandemia. In questo senso, spiegano gli analisti, il dato emerge nella sua chiarezza valutando i Lea (Livelli essenziali di assistenza). Ebbene l distanza tra le regioni in questo ambito sono marcati si va dai 222 punti del Veneto e i 221 dell’Emilia Romagna agli appena 161 della Calabria (ultima anche in questa graduatoria). «Se l’obiettivo delle politiche sanitarie – si legge nel rapporto – è quello di garantire ai cittadini un equo accesso alle cure su tutto il territorio nazionale non resta che interrogarsi sull’appropriatezza dei servizi e sull’efficienza dei sistemi sanitari regionali». Un dato che incide in maniera pesantissimo anche sul livello della prevenzione. Visto ad esempio che la Calabria risulta ultima nello screening ad esempio di alcune forme tumorali più diffuse tra la popolazione. Un aspetto che fa comprendere le difficoltà attuali nella gestione della pandemia nella regione.
LE SOLUZIONI Per la Svimez resta comunque il Mezzogiorno e gli investimenti da compiere dall’Italia l’obiettivo principale per rimettere in moto l’intera economia italiana. Secondo gli analisti la capacità di moltiplicare gli effetti benefici per tutto il Paese diventa più elevata se si investe nelle regioni del Sud. Una scelta che dovrebbe portare a puntare sulle risorse messe in campo dall’Europa con il Recovery fund non solo e soltanto per sanare le divergenze territoriali ma per rilanciare il sistema Paese dopo la fine dell’emergenza pandemica. Stando ai numeri offerti dalla simulazione elaborata dalla Svimez, si otterrebbe una maggiore crescita del Pil nazionale pari allo 0,4% e una maggiore produttività del sistema Italia (+0,14%).
La strada, indicata dalla Svimez, passa anche dalle Zes e dal pieno sviluppo delle potenzialità delle Zone economiche speciali di cui quella più avanzata resta Gioia Tauro. Anche su questo, così come l’agroalimentare, bioeconomia circolare e green deal, le conclusioni degli analisti della Svimez puntano per rilanciare l’economia italiana uscita pesantemente danneggiata dalla diffusione dell’epidemia da Coronavirus. (r.desanto@corrierecal.it)

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